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FdI vuole evitare le condanne ai politici con la riforma della Corte dei Conti: cosa dice il testo

I politici indagati per danno erariale potranno essere condannati solo se si dimostra il dolo. In tutti gli altri casi si presumerà la loro “buona fede”, evitandogli sanzioni. È un passaggio della riforma della Corte dei Conti, proposto da Fratelli d’Italia e approvato dalle commissioni che stanno lavorando sul testo alla Camera.
A cura di Luca Pons
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Diventerà molto più difficile condannare un politico per danno erariale, cioè per un uso sbagliato dei soldi pubblici che ha causato un danno allo Stato o a un altro ente. La riforma della Corte dei Conti, che si occupa di questo tipo di questioni, è in lavorazione in Parlamento da oltre un anno – presentata a dicembre 2023 dall'allora capogruppo di FdI e oggi ministro Tommaso Foti – ma adesso è arrivata un'accelerata ai lavori delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia. Negli ultimi giorni sono stati approvati diversi emendamenti e uno di questi, di Fratelli d'Italia, impedirebbe la condanna per molti esponenti politici coinvolti in casi di danno erariale.

La riforma va a cambiare la legge del 1990 che regola la Corte dei Conti. Il testo dell'emendamento di FdI, firmato da Augusta Montaruli e Luca Sbardella, prevede che per "i titolari degli organi politici" (che possono essere sindaci, presidenti, assessori, consiglieri e non solo) si presuma sempre la "buona fede", almeno "fino a prova contraria". Questo riguarderebbe tutti gli "atti adottati nell'esercizio delle proprie competenze" che sono stati "proposti, vistati o sottoscritti dai responsabili degli uffici tecnici o amministrativi". Ci saranno solo due eccezioni: i casi di dolo e quelli in cui era arrivato un parere contrario a quell'atto specifico.

Cosa cambia con la riforma della Corte dei Conti voluta da FdI

Innanzitutto, la "buona fede" è un meccanismo che esiste già quando si parla di danno erariale. Significa, sostanzialmente, che la persona indagata non poteva sapere che stava facendo sprecare soldi allo Stato (o alla Regione, o al Comune) usandoli in quel modo, e quindi non può essere chiamata a risarcirlo. Oggi sono ritenuti in "buona fede" tutti quei politici che hanno approvato o autorizzato qualcosa che rientrava nella competenza degli uffici tecnici o amministrativi. Insomma, se il politico si è limitato a dare il via libera formale a un atto su cui avevano lavorato solo i tecnici, la responsabilità ricade su questi ultimi.

Ma la riforma proposta da Fratelli d'Italia cambierebbe decisamente le regole. In "buona fede" sarebbero tutti i politici che hanno approvato atti non solo "di competenza" degli uffici tecnici, ma che son stati "proposti, vistati o sottoscritti" dai tecnici. "Vistati" è un termine tecnico molto ampio, perché gli uffici tecnici "vistano" quasi tutti gli atti contabili dei politici. In questa categoria ad esempio rientrerebbero i rimborsi spese presentati da un assessore regionale, o le delibere firmate da un sindaco o un presidente di Regione. La quasi totalità degli atti che possono causare un danno erariale, in sostanza.

Come detto, ci sarebbero solo due eccezioni in cui il politico può essere condannato. Se viene dimostrato che c'è stato dolo, ovvero la volontà esplicita di commettere un danno. Oppure se su quell'atto c'erano dei "pareri formali" che suggerivano di non adottarlo, che si trattasse di pareri "interni o esterni". In tutti gli altri casi, il politico non rischierebbe condanne.

Nel testo anche un tetto alle sanzioni per i condannati

L'emendamento di FdI si va a sommare a un'altra modifica, approvata solo il giorno dalle stesse commissioni che stanno lavorando sul testo. In questo caso l'intervento riguarda le sanzioni per chi viene effettivamente condannato, e pone un tetto massimo. Non si potrà andare oltre il 30% del danno arrecato, oppure il doppio della propria retribuzione (se è un dipendente pubblico), indennità o corrispettivo.

Un limite importante: chi ha causato mille euro di danno, ad esempio, potrà essere chiamato a risarcirne al massimo trecento. Ma soprattutto, non è chiaro cosa succederà ai molti dirigenti e amministratori pubblici che svolgono il loro incarico senza paga: dato che il doppio della loro indennità è zero, sembra che per loro essere condannati sarà di fatto impossibile.

A che punto è la riforma e quando sarà approvata

La riforma, dopo quasi un anno e mezzo, è vicina al via libera delle commissioni, che dovrebbe arrivare la settimana prossima. Il testo poi potrebbe arrivare all'Aula di Montecitorio  nella prima settimana di aprile. Dato che si tratta di una norma che va a favore delle persone indagate, se entrasse in vigore si applicherebbe anche ai processi già in corso e ai politici già indagati per eventuali danni erariali.

L'obiettivo dichiarato della riforma è limitare i poteri sanzionatori della Corte dei Conti, trasformandola in un organo che abbia più che altro funzioni preventive. Più volte, il centrodestra ha lamentato la "paura della firma" che spingerebbe molti politici locali a non firmare atti amministrativi per paura di essere, in futuro, indagati o condannati per qualche ricaduta che non avevano previsto. In questa direzione andava la cancellazione del reato di abuso d'ufficio, e su questa linea si muove anche la riforma della Corte dei Conti.

I magistrati protestano: "La Corte è garante imparziale"

La riforma è stata contestata dai magistrati. La presidente dell'Anm contabile, Paola Briguori, ieri ha chiamato in causa i presidenti di Camera e Senato chiedendo che le toghe vengano ascoltate: "Serve una riforma ponderata per non cancellare il ruolo della magistratura contabile quale garante imparziale della corretta gestione delle risorse pubbliche", ha detto.

I poteri della Corte, peraltro, in questo momento sono già limitati dallo scudo erariale temporaneo, rinnovato più volte dal governo. Questo fa sì che possano essere contestati solo i casi di dolo, e non quelli di colpa grave. Lo scudo non può essere reso permanente così com'è, perché sarebbe incostituzionale, e scadrà il 30 aprile. È possibile che, a questo punto, arrivi un (ultimo?) rinnovo, in attesa che la riforma della Corte dei Conti sia completata e i politici siano messi al sicuro dalla maggior parte delle condanne.

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