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Giovanni Toscano, scommessa LaTarma: “Prima dell’album mi sentivo vuoto, oggi posso definirmi cantautore”

Giovanni Toscano ha pubblicato lo scorso 21 marzo il suo secondo album Un posto migliore. Il progetto, edito LaTarma Records, vede le collaborazioni di Assurditè ed Emma Nolde. Qui l’intervista.
A cura di Vincenzo Nasto
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Giovanni Toscano, via Comunicato Stampa
Giovanni Toscano, via Comunicato Stampa

Giovanni Toscano ha pubblicato lo scorso 21 marzo il suo nuovo album Un giorno migliore, un lavoro che vede la collaborazione di Emma Nolde e Assurdite. Si tratta di un ritorno a due anni di distanza da Arrogantissimo e che in questo momento racconta una ricerca, un ritorno all'essenzialità, che non rifugga più la noia. Dopo Firenze, dopo la dimensione attoriale che lo vede protagonista di film come Notti Magiche di Paolo Virzì nel 2018, ma anche di Romantiche, il film di Pilar Fogliati con la sceneggiatura di Veronesi e il suo esordio letterario con Il Guinzaglio nel 2021, Toscano trova una sua nuova dimensione a Roma, anche attraverso la lavorazione di Un giorno migliore. La genesi e la lavorazione dell'album viene raccontata in un vodcast, disponibile su Spotify: qui l'intervista a Toscano.

Come nasce un posto migliore?

In seguito a un no professionale che non ricordo bene. Ho incominciato a chiedermi chi fossi al di là del mio lavoro e dei miei piani futuri, ma soprattutto chi sarei stato se gli stessi non fossero andati in porto. Da lì nasce la ricerca di un posto migliore.

Dall'ascolto è chiara la ricerca di un ritorno all'essenzialità, non solo pratica, ma anche nelle sensazioni umane. Il disco va in questa direzione?

Totalmente, infatti il tentativo di questo disco è conciliare la società in cui viviamo, che non rinnego, con quella parte che tutti abbiamo ancora dentro: il ragazzino che riesce ancora a emozionarsi e stare bene al di fuori degli input della società.

E in questa ricerca che funzione ha la noia?

La noia è un motore principale, anche se non è che la tollero e per questo ho iniziato a scrivere, a suonare e fare altre 800mila cose. Mi rendo conto però che è proprio il motore, quindi non possiamo farne a meno. Non si può sempre evitarla, distrarci.

E invece Piccolo Tornado?

Nasce da un viaggio che ho fatto: un mio amico era su un'isola del Mediterraneo e mi ha chiesto di raggiungerlo. In meno di 24 ore ero lì, e su quest'isola non c'era nulla: ospedali, bar o altro. Anzi, la maggior parte delle persone sull'isola è nuda, è un'isola nudista. Mi ha cambiato la prospettiva perché è una visione così pura, libera da pregiudizi. Poi quando sono tornato nella mia città ho avuto subito nostalgia di tutto questo.

Dal punto di vista musicale invece, come vivi il senso di vergogna che si alterna con la necessità d'esposizione con il pubblico?

Ho un po' di ansia, che cerco di dissimulare ma un po' rode. Ma il senso di vergogna lo combatto proprio con la creatività, anzi scrivere tutto, come nel mio primo romanzo, mi alleggerisce.

Nel disco c'è un una descrizione del dualismo tra vivere e sopravvivere: com'è cambiato questo rapporto negli ultimi anni?

Credo che ci sia stato un distacco molto forte tra primo e secondo disco. Anche perché il primo è un diario di bordo, mentre in questo, anche se mantengo questo elemento, cerco di raccontarmi e raccontare aspetti più aperti. Fuggire dal concetto di sopravvivere è un po' il tema dell'album, perché per me non è abbastanza. Ho avuto la fortuna di avere un'infanzia veramente molto bella, protetta, spensierata, avventurosa. Ho vissuto la campagna, la natura, i rapporti con gli amici.

Poi?

Quando è iniziata la mia vita da adulto, vivendo da solo, mi sono reso conto di quanto poco ci immergiamo in qualcosa di nuovo. Mi auguro che quest'album riesca a comunicare la mia voglia di voler vivere, anche alla ricerca di un equilibrio tra le due cose.

C'è stato un momento in cui hai avuto l'impressione di "sopravvivere" nel mondo della musica?

Ce ne sono stati tanti, anche in ambiti diversi. Per esempio, alcune scelte delle etichette che non mi tornavano, anche perché mi mandavano in confusione e lì ancora non sapevo se era giusto o sbagliato. Adesso ho la fortuna di essere in un'etichetta di persone estremamente attente, ricettive e pronte al confronto lavorativo.

E nel rapporto con il pubblico?

Sicuramente, mi è successo con dei live in cui magari sei in posti in cui la gente va solo a bere e fa più casino di te che stai cantando. Ti senti uno schifo. O anche quando è uscito qualche singolo in passato e partiva subito la pressione sociale dei numeri che avrebbe fatto in streaming.

Nel vodcast in cui racconti la genesi del disco, sottolinei quanto sia difficile presentarti alle altre persone, raccontare ciò che sei esulando dal contesto lavorativo. Sei arrivato adesso a una risposta?

Ho discusso due mesi fa con un mio amico: avevo appena finito l'album e mi sentivo vuoto. Alla fine, adesso, con quest'album, penso di potermi sentire un cantautore.

Qual è l'aspetto che ti stimola maggiormente nella scrittura di libri, musica o nel recitare?

Sicuramente la storia e il luogo. In un romanzo c'è un luogo e storie, che ti permettono di viaggiare in quel posto, ci vivi per mesi e ti rendi conto che ti piace stare lì. È stato così anche per la lavorazione di Un posto migliore.

Un desiderio per il futuro nel breve/medio termine?

Fino a un po' di tempo fa, mi sentivo perso, non riuscivo a sentirmi a casa: una cosa che dico anche nella titletrack dell'album. E poi a Roma, dopo mesi, mentre giravo in motorino ho capito di aver imparato le strade della città, di avere nuovi amici, di star lavorando a qualcosa che mi piaceva. Mi sono reso conto che i desideri si realizzano senza neanche accorgertene. Ecco vorrei mantenere queste relazioni

Credi ci sia un ritorno della scena indie nel mainstream italiano?

Beh, c'è un po' di confusione. Si sente sempre la voglia di un ritorno alla musica indie, all'essenzialità e poi ci si perde sempre in cento stronzate. Non so bene in che punto siamo e ci sono tante cose che non mi piacciono. Dall'altra parte ci sono anche molte cose che mi piacciono, forse un po' di più nel passato. Ma anche tanti contemporanei che trovo formidabili, tipo Emma Nolde e Assurditè.

Come pensi alla tua dimensione live?

Continuerò con chitarra e voce: per adesso siamo in pochi e mi piace perché mi permette di creare delle bolle che coinvolgono le persone. Poi è naturale che con live più grandi, una band mi piacerebbe molto.

Com'è stato lavorare con Emma Nolde e Assurditè e com'è collaborare con un'artista?

All'inizio ho fatto fatica, anche perché quasi si tratta di creatività, sono un po' figlio unico. Con il tempo ho capito che non è una minaccia e infatti in quest'album, i pezzi riflettono molto il rapporto che ho con loro due. Da una parte, Riunione di Condominio è un pezzo scanzonato di gioventù. Ci siamo conosciuti a un festival, abbiamo bevuto e chiacchierato, diventando subito amici. Mentre con Emma ci siamo incontrati a casa sua tra le colline: avevamo in comune il dialetto e la voglia di vivere la nostra quotidianità lontani dalla città. Per questo è natuo un pezzo più intimo e fragile.

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