Perché dovremmo ascoltare Il Mago Del Gelato: “Non rientriamo nei canoni tv, ma non ci chiudiamo a questo mondo”

Chi è Nicola Felpieri è il primo disco dei Mago Del Gelato, la band milanese composta da Giovanni Doneda, Ferruccio Perrone, Pietro Gregori e Alessandro Paolone. Il nome della band, un omaggio a una gelateria in Via Padova, è solo la copertina di un collettivo che abbraccia l'afrobeat e le colonne sonore cinematografiche anni '70, flirtando anche con il prog-rock. Dopo aver fatto parte di formazioni diverse in passato, 3 anni fa, l'unione dei quattro membri, di cui Paolone è l'ultimo a essersi unito, ha dato inizio a un esperimento che per adesso conta anche un Ep pubblicato nel 2023, dal titolo Quella Maledetta Notte. Qui l'intervista alla band.
Come vi siete conosciuti e cosa significa lo studio La Sabbia in via Padova a Milano per voi?
Ferruccio Perrone: Tutto è nato 3 anni fa, avevamo l'esigenza di suonare una musica che potesse coinvolgere il pubblico e far ballare la gente. Avevamo anche un passione comune per l'afrobeat di Fela Kuti e Tony Allen. Abbiamo cominciato questo progetto anche perché ci eravamo già incontrati in precedenza a Milano, suonando in altre formazioni. Poi siamo arrivati a La Sabbia e abbiamo deciso di inserire tutte le influenze musicali che abbiamo: c'è chi viene dall'elettronica, dal reggae, chi dal soul e dal jazz. La nostra musica è frutto di una commistione di questi elementi.
C'è altro che vi lega, anche dal punto di vista personale?
Giovanni Doneda: Oltre a essere connessi dal punto di vista musicale, dalla creazione alla composizione dei nostri brani, ci conosciamo da tantissimi anni. Io e Ferruccio ci conosciamo dalle medie, avevamo una band assieme: ma anche con Pietro ci siamo conosciuti quando avevamo quindici anni. L'ultimo arrivato è il nostro batterista, Alessandro, che abbiamo incontrato pochi mesi prima dell'inizio di questa avventura.
Quanto è difficile essere allineati in un contesto come la band, non solo musicalmente parlando?
Alessandro Paolone: Pur mantenendo una specifica individualità, viene poi ricercato un interesse comune, una spinta personale che può diventare contagiosa per tutti. Creiamo un bagaglio culturale comune e arricchendoci, riusciamo a mantenere anche il progetto in equilibrio.
Non ci si scontra alcune volte per delle divergenze?
Per adesso non abbiamo avuto tante discussioni, solo qualche screzio. Poi è normale che non si può essere tutti convinti su qualche scelta specifica, ma per adesso riusciamo ad avere una gestione senza particolari problemi o schemi. In questo caso è importante il lavoro fatto dal nostro produttore Marquis.
Se voleste descrivere la vostra musica, incasellarla in più generi, come la definireste?
Pietro Gregori: Oltre all'afrobeat, c'è molto delle nostre passioni, dei nostri ascolti: per esempio le colonne sonore. Abbiamo preso ispirazione da come Piero Miliani, Piero Piccioni, passando anche per il rock giapponese, ma anche il prog rock. Insomma una miscela di tutti questi elementi.
Ritornando alla dimensione cinematografica e con un cortometraggio che presenta l'album, chi ha ispirato maggiormente la figura di Nicola Felpieri?
Ferruccio Perrone: Abbiamo cercato di rifuggire da questo domanda, perché è più una risposta personale che corale, ma soprattutto per lasciare aperti più campi di interpretazione. C'è un personaggio che potrebbe mettere d'accordo un po' tutti e fa parte della televisione italiana moderna: l'ispettore Coliandro.
Quindi dobbiamo consigliare ai Manetti Bros una colonna sonora dei Mago del Gelato per la prossima stagione?
Ferruccio Perrone: Sì (ride n.d.r)
Come ha pesato invece sul sound del progetto al Sudest Studio in Puglia?
Ferruccio Perrone: Volevamo allontanarci dalla frenesia di Milano e avere un'esperienza differente, tra le vigne in Puglia. Vogliamo ringraziare anche Stefano (Manca) per lo studio e per una strumentazione davvero particolare.
In questo momento, secondo voi, c'è una scena di band o compositori che abbracciano il vostro percorso musicale?
Alessandro Paolone: Ci sentiamo parte di un movimento di musicisti che prendono spunti sia dalla territorialità, sia da esperienze di scrittura diverse, anche con linguaggi nuovi. C'è una ripresa di questo movimento, ma soprattutto di richiesta di musica live, soprattutto dopo la pandemia.
Secondo voi, la televisione, anche in questo momento, può essere il contenitore giusto anche per musicisti che si avvicinano a un genere come il vostro? Per esempio, in un talent?
Ferruccio Perrone: In questo momento diamo molta importanza all'aspetto strumentale della nostra musica, che non è vicinissimo a quello che accade in tv. Sicuramente non ci chiudiamo a questo mondo, per esempio siamo stati ospiti in Rai lo scorso anno. Non è un mondo che ci spaventa, ma forse per adesso non rientriamo nei canoni più generali per accedere agli ascolti televisivi.