“Vorrei guardare un film, fare una doccia, indossare abiti puliti”. La lettera da Gaza del medico di MSF

"Perché siamo stati condannati a vivere come nell’Età della Pietra?". Se lo chiede, in una lettera inviata a Fanpage.it, Mohammed Abu Mughaisib, coordinatore medico di Medici Senza Frontiere a Gaza. Il dottore ha servito la popolazione palestinese durante tutti gli oltre 17 mesi di guerra condotti da Israele. Davanti ai suoi occhi sono passati centinaia di corpi straziati dalle bombe e migliaia di civili stremati dalla fame e dalle malattie.
I team di Medici Senza Frontiere (MSF), attiva a Gaza con circa mille operatori umanitari, stanno assistendo numerosi feriti in tutta la Striscia dopo gli attacchi multipli israeliani. Il 40% sono bambini, molti dei quali hanno dovuto subire amputazioni e hanno riportato gravi ustioni. Negli ultimi giorni, dopo la rottura della tregua, nelle 4 strutture supportate da MSF sono stati ricevuti anche 75 cadaveri.
Questa è la lettera del dottor Mohammed Abu Mughaisib.
Prima di morire, vorrei vedere almeno un’ultima volta una strada illuminata come un tempo. Camminare dopo il tramonto, senza che l'oscurità soffochi la mia anima. Perché siamo stati condannati a vivere come nell’Età della Pietra?
Al calare del sole, sediamo tra le macerie delle nostre case o in tende improvvisate, viviamo una vita da selvaggi, intorno a noi non c’è che buio, costretti a sentire il ronzio assordante dei droni, che volano bassi sopra di noi. Li immaginiamo pronti a colpirci in qualsiasi momento, a costringerci a fuggire ancora una volta… Ma stavolta non sapremmo nemmeno dove. Fuggire e basta.
Vorrei una casa con la luce accesa, in cui sentire il suono della lavatrice e del frullatore. Mi manca il termosifone, poterci scaldare il pane sopra o anche solo nel microonde… Non farebbe più alcuna differenza.
Vorrei sedermi in salotto con la mia famiglia, accendere la TV, sgranocchiare un pacchetto di frutta secca e guardare un film insieme.
Vorrei accendere lo scaldabagno e fare una doccia senza tremare dal freddo.
Vorrei aprire il rubinetto come fosse un gesto qualunque, senza dover contare le gocce, senza dividere l’acqua tra minuti e ore della giornata.
Vorrei sentire di nuovo il rumore dell’aspirapolvere, e prometto che questa volta non mi darà fastidio. La guarderò muoversi per casa con il suo suono fastidioso, come se stesse suonando una melodia dolcissima.
Vorrei indossare i miei vecchi vestiti, qualcosa di stirato. E questa volta non mi importerà se si stropicceranno un po' lungo il tragitto.
Vorrei camminare per strade che non siano piene di macerie, polvere e liquami. Vorrei strade che siano strade.
Vorrei poter andare al lavoro, prendere l’ascensore senza preoccuparmi se manca la corrente. E se proprio dovesse mancare, farei volentieri le scale, benedette le scale, e con loro anche i piani, gli edifici, le finestre di vetro.
Vorrei entrare nel mio ufficio, accendere il condizionatore, mettere il pc in carica e lavorare senza pensare alla corrente, a internet o al gas che dovrò usare per farmi un caffè.
Vorrei poter passare al supermercato tornando a casa, comprare ciò che serve senza pensare a quanto siano alti i prezzi. Vorrei fare la spesa come facevo prima, come chiunque, senza sentirmi come in borsa, con i prezzi che oscillano e cambiano a ritmo di notizia sul valico di frontiera.
Infine, vorrei poter pubblicare questo messaggio nell’esatto momento in cui lo scrivo, senza dover aspettare l’alba per andare in ufficio e sperare di trovare un po’ di connessione.
Vorrei scrivere ancora tante cose… ma la batteria del telefono è al 10% e devo farla durare a lungo, per illuminarmi la notte.