Lucio Corsi: “Ho fatto Sanremo per arrivare a più persone possibile. All’Eurovision non cambieremo molto”

Lucio Corsi si sta preparando all'Eurovision come si è preparato a Sanremo 2025, dove è arrivato secondo con Volevo essere un duro, risultando la sorpresa di questa edizione. LO spiega a Fanpage, in un'intervista, il cantautore maremmano che rappresenterà l'Italia a Basilea, al posto di Olly, vincitore del Festival con Balorda Nostlagia, che però ha preferito non partecipare, lasciando spazio proprio a lui che ha pubblicato il nuovo album in cui sono incluse sia la canzone di Sanremo che Tu sei il mattino. L'album è un lavoro che rispecchia appieno il Corsi che conosciamo, un album in cui il Rock & Roll si alterna al talking blues, al cantautorato italiano, da Venditti (il pianoforte della stupenda Nel cuore della notte) oppure i personaggi che ricordano Ivan Graziani. Volevo essere un duro è un album pieno di parole, che servono a raccontare avventure sbilenche, favolistiche, di Francis Delacroix, di un ragazzo che scopre l'amore, di un altro che vive la situazione complicata (titolo della canzone) di amare la moglie del suo amico, fino alle storie del bullo Rocko e il re del rave. Immergersi nelle canzoni di Corsi è come leggere un libro di avventure, attraversare gli oceani di notte su un vascello, conoscere personaggi che non hanno paura della vita, ma anche riflettere sul tempo che passa, e guardare il passato senza nostalgia, ma farne strumento per costruirsi il futuro.
Come è stato trovarsi trovarsi nell'occhio del ciclone?
L'occhio del ciclone è un una posizione interessante, si presuppone che un ciclone sia un ciclope, perché ha un occhio solo. A Sanremo mi sono divertito, questa è la cosa che più mi ha sorpreso perché tutti mi dicevano che sarebbe stato un frullatore, ed ero curioso e anche un po' intimorito da questa cosa, però circondandomi di persone che mi fanno sentire a casa, con cui lavoro da una vita e con cui porto avanti un'amicizia anche da una vita, come Tommaso, e gli strumenti che ho sottomano da quando ero ragazzino: la chitarra, il pianoforte, l'armonica, quelli che mi hanno sempre tirato fuori dai guai, mi sono sentito a casa. In più eravamo lì a suonare, a fare quello che facciamo da sempre, da quando eravamo ragazzini, perciò siamo riusciti a stare ancorati a quello e con questo approccio siamo riusciti a divertirci in quei giorni strani.
Che sensazione ti ha dato dopo 10 anni di carriera, di album, canzoni, concerti, essere trattato come un esordiente?
Mi fanno sentire più giovane perciò è una bellissima sensazione. Vorrei essere sempre trattato da esordiente.
Ti ritrovi in mano un album su cui, prima di Sanremo, c'erano meno aspettative, è cambiato qualcosa, non per te, ma nell'aspettativa pubblica?
Avere tra le mani, in lavorazione, quel disco è stato anche uno dei motivi per cui ho fatto la scelta di provare di andare a Sanremo, mandando una canzone del disco. Ci tenevo che questo disco arrivasse a più orecchie possibili, è un disco in cui ho cercato di parlare delle persone in maniera più diretta; prima lo facevo attraverso le onde, il mare, il vento, la notte, la luna, gli animali della Maremma. Tramite questi elementi, queste entità, cercavo di parlare delle persone, oppure di storie che si staccavano dalla realtà. Invece in questo disco mi sono impegnato a ricercare il cambiamento, che è quello a cui bisogna sempre tendere, secondo me, sennò si ristagna nelle proprie cose già fatte, proprio a livello testuale, di prospettiva con cui raccontavo le storie delle persone, parlando in modo diretto della gente. È un disco che parla anche del passato, però reinventato.
Come mai?
Perché così facendo, guardandomi indietro, mi sorprendo. Il futuro è sempre sorprendente perché nel bene e nel male è una cosa nuova, il passato già lo conosci, invece reinventandolo, girandoti indietro, ti sorprendi e questo ti fa anche fare delle scelte diverse per il futuro, per il domani, perciò è una cosa interessante.
In molte di queste storie ritrovo un tuo modo di scrivere, parti da storie che hanno a che fare con un io, a volte biografico, animali, da storie non ordinarie, anche punti di vista non ordinari. Quindi ti tratto da esordiente, appunto, e ti chiedo come hai costruito la tua idea di scrittura.
Intanto penso che le canzoni che amo sono quelle che non raccontano il mondo per com'è a tutti gli effetti, preferisco quelle che cercano di portarti da un'altra parte, in un altro tempo, in altri panni, che ti ingannano, ti fanno credere di essere qualcun altro. Quelle sono le canzoni che amo di più, quelle che non hanno un tempo preciso, non sono collocabili nell'attualità, penso che quelle siano davvero le canzoni magiche e la musica è magica di per sé perché non la vedi, è già un fantasma. Poi sono affezionato a un tipo di canzone che è narrativa, ovvero quelle canzoni dove si parlava di personaggi, anche quelli provenienti da piccole realtà che però avevano all'interno delle proprie storie dei lati epici e giganti.
Ivan Graziani, per esempio…
Esatto, Ivan Graziani, ma anche Paolo Conte e Lucio Dalla su tutti. È una cosa che si è persa un po' al giorno d'oggi, il raccontare le vicende di qualche personaggio, e invece è una cosa che amo, con la quale sono cresciuto e mi diverte fare, mi fa inventare delle figure, dei nuovi amici.
Citavi Dalla, io ci ho pensato ascoltando Nel cuore della notte, che ha un piano vendittiano
Grande Antonello…
Però ci pensavo per come è costruita Come profondo il mare, a strati, con ogni strofa che racconta una cosa. E le tue canzoni hanno una circolarità, tornano i girasoli, torna Francis Delacroix e alla fine di questa canzone si sbrogliano alcune cose…
È una storia a lieto fine. Hai detto bene tu col riferimento a Come è profondo il mare, è proprio un tipo di struttura di canzone molto comune nel folk, pensa a Dylan e a come il ritornello è la ripetizione del titolo della canzone, dopo ogni strofa, e continuano uguali per tanti minuti, è una forma di canzone che ti consente un grande spazio per il testo. A quella canzone sono molto legato perché, intanto, l'ho scritta diverso diverso tempo fa ed è la prima canzone in cui ho cercato, come dicevo prima, di parlare delle persone in maniera più diretta. Non per questo rinunciando al sogno, alla fantasia, però inquadrarle non da un drone, ma da una telecamera appoggiata su un treppiedi, su un marciapiede. È stato il primo approccio e anche la prima canzone con cui cercavo di imparare a fare quel tipo di lavoro sul testo, ecco. Poi sono legato perché parla di amore, ma soprattutto di amicizia, secondo me, di incertezza. Dentro ci sono un po' di mie vicende, di storie di amici, di momenti vissuti in provincia, da dove vengo, nella provincia di Grosseto, le sere a non far nulla, le notti passate in giro così, anche stando zitti, sono ricordi che mi porto dietro e che sono sempre anche meno nella vita di oggi, perché crescendo si perdono determinati momenti. Insomma, mi piace avere quella fotografia lì.
In fondo, in Sigarette canti: "Io son geloso del mio tempo perso"…
Sì, sono molto geloso del mio tempo perso.
E invece un personaggio come Francis Delacroix come nasce?
Francis nasce a Volpiano negli anni 90, è un mio caro amico, fraterno, come Tommaso Ottomano, l'abbiamo conosciuto perché ci piacciono le sue foto e lo invitammo a una presentazione del disco di "Cosa Faremo da grandi" nel 2020 e da quel giorno è diventato un amico, uno di famiglia. È un personaggio probabilmente anche un amico immaginario condiviso negli occhi miei e in quelli di Tommaso, potrebbe essere il primo caso di un amico immaginario condiviso in più sguardi. È un personaggio fantastico, in tutti i sensi, la canzone mi dispiaceva registrarla perché nel corso del tempo Francis accumula nuove vicende e nuove storie e perciò andrebbe allungata man mano.
Puoi fare come nel rap, Francis Delacroix 1, Francis Delacroix 2, Francis Delacroix 3 e così via…
È una buona idea, penso che lo farò. La cosa interessante, poi, è che la formula di quella canzone è quella del Talking Blues che è una delle formule più immediate e classiche del folk. Non ha bisogno di niente, ha bisogno solo di una chitarra e di un tot di parole messe una dietro l'altra in un certo modo, ecco, ritmico. La lingua italiana ci consente anche questi giochi ritmici, con le consonanti, possiamo dire un concetto in mille modi diversi, perciò quando l'ho scritta mi sono sbizzarrito, è stato uno spasso.
Come ti stai preparando l'Eurovision?
All'Eurovision mi sto preparando allo stesso modo di Sanremo, la linea è la stessa, cioè nel corso di due mesi non credo di riuscire a cambiare così tanto. Portiamo avanti quell'intento lì, con quello spirito, con quella direzione, anche a livello di performance, non non faremo tanti fuochi d'artificio, siamo incentrati sulla canzone, sugli strumenti, sulla performance suonata. Andremo diretti e scarni, al massimo porterò l'armonica.
Gabry Ponte ha espresso il desiderio di incontrarti.
Questo lo faremo presto, penso che all'Eurovision ci vedremo, mi fa piacere, lo voglio conoscere.
Hai ascoltato Espresso Macchiato di Tommy Cash?
No, non l'ho sentita ancora, devo informarmi bene.
Si è scatenato un po' di caos sull'artificio retorico che usi in Altalena Boy, quando usi la parola "Zingaro", anzi, lo fai usare "alla gente", come rispondi?
Ma infatti per me la cosa è molto semplice, rispondo proprio in quel modo, nel senso che la canzone dice "C'è chi dice" prima di quel verso lì, del ritornello, è una voce presa da una piazza e le canzoni possono fare questa cosa qua.