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Dieci anni fa l’omicidio dei fidanzati Costanza e Ragone: la difesa di Ruotolo vuole riaprire il caso

Dieci anni fa si è verificato l’omicidio dei fidanzati Teresa Costanza e Trifone Ragone, entrambi 30enni, uccisi a colpi di pistola a Pordenone. Condannato per il delitto un amico della coppia, Giosuè Ruotolo, che si è sempre dichiarato innocente. La difesa dell’uomo punta alla revisione del processo.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Dieci anni fa morivano a Pordenone i fidanzati Teresa Costanza e Trifone Ragone, uccisi a colpi di pistola il 17 marzo 2015 alle 19.47. Ancora oggi sul luogo del delitto vi sono fiori e peluches con lettere che testimoniano il dolore della comunità e quello di due famiglie. La ferita, nonostante vi sia un condannato, resta ancora aperta. A sconvolgere Pordenone era stata la natura del movente dietro all'omicidio. Secondo quanto ricostruito in sede di indagine, infatti, a uccidere i due fidanzati sarebbe stato un amico della coppia, invidioso perché Trifone era diventato caporalmaggiore dell'esercito.

Giosuè Ruotolo, 30 anni, aveva fatto anche parte del picchetto d'onore che aveva portato a spalla la bara di Trifone dopo la sua morte. I due erano stati commilitoni e Ruotolo aspirava ad entrare nella Guardia di Finanza. Il giovane è stato condannato nei tre gradi di giudizio e sta scontando l'ergastolo.

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Ruotolo, amico della coppia, è stato incastrato in seguito a una serie di gravi elementi indiziari raccolti dal nucleo investigativo provinciale di Pordenone, guidato all'epoca dal colonnello Pier Luigi Grosseto. Cinquanta carabinieri sono stati impegnati sul caso per almeno sei mesi e sono state decine le piste prese in considerazione: gli investigatori hanno infatti cercato il movente nell'ambito mafioso, in quello del traffico di anabolizzanti e tra possibili amanti mai corrisposti. Soltanto un'ipotesi è rimasta in piedi e ha condotto, seppur a fatica, a Ruotolo oggi condannato all'ergastolo.

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La sua macchina era infatti stata notata davanti alla palestra dove Trifone e la fidanzata si allenavano in una fascia oraria compatibile con quella dell'omicidio. Quella sera, la vettura fu ripresa dalla telecamera 14 bis che immortalò prima l'auto e 22 secondi dopo il suo passaggio il runner Maurizio Marcuzzo, testimone chiave del processo.

L'arma del delitto fu ripescata dal laghetto del parco San Valentino grazie all'intuito di un carabiniere che era riuscito a cogliere in un fotogramma delle riprese delle telecamere la freccia lampeggiante dell'auto del 30enne riflessa in una pozzanghera.

Secondo gli investigatori, le notizie centellinate ai media avrebbero poi fatto il resto: in fase di indagine, infatti, chi indagava si è reso conto che da computer e cellulari Ruotolo avrebbe cancellato alcune cose. Questo dettaglio, aggiunto a una serie di inizi, all'alibi non riscontrato e alla traccia di alcun i messaggi inviati a Teresa da un profilo Facebook anonimo, ha portato all'iscrizione al registro degli indagati di Ruotolo.

Secondo la difesa del 30enne, però, si è vicini a elementi che potranno generare una revisione del processo. L'avvocato che segue Ruotolo, Danilo Iacobacci, si dice fiducioso per una revisione del processo dopo la bocciatura dei ricorsi presentati alla Corte europea dei diritti dell’uomo e alla Cassazione.

Resta inascoltata, infatti, anche la testimonianza di Lorenzo Kari, un uomo che ha raccontato di aver ricevuto l'offerta di 100mila euro per uccidere i due fidanzati. La testimonianza è stata introdotta dalla difesa di Ruotolo ma è sempre stata ritenuta non attendibile. Il 54enne di origini sinti era stato indagato per quanto raccontato per calunnia e false dichiarazioni.

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