Italia divisa sul piano riarmo europeo: Meloni vuole convocare vertice con Tajani e Salvini per riunire centrodestra

AGGIORNAMENTO:
Giorgia Meloni si prepara a presentare la posizione italiana in vista del Consiglio europeo, un passaggio chiave in un momento di forti tensioni internazionali. Il piano di riarmo da 800 miliardi voluto da Ursula von der Leyen ha infatti spaccato non solo l'Europa, ma anche la politica italiana, con divisioni evidenti sia all’interno della maggioranza che tra le opposizioni. Il governo deve insomma ora trovare un equilibrio tra il sostegno alla sicurezza collettiva e la resistenza all'aumento del debito per la spesa militare. Il vertice del Consiglio europeo, previsto per giovedì e venerdì, si presenta insomma ora come un momento cruciale per l'Italia: la premier Meloni è chiamata infatti a gestire le differenze tra i vari partiti della sua coalizione, che si dividono sulla questione della difesa comune e starebbe pensando di convocare oggi, 17 marzo, i suoi vice Tajani e Salvini a Palazzo Chigi, per definire una linea comune e unire il centrodestra.
Il nodo centrale riguarda il testo della risoluzione di maggioranza che dovrà essere sottoposto a votazione e che dovrà sancire l'(eventuale) coesione su temi fondamentali, come la guerra in Ucraina, la posizione dell'Italia nei confronti dell'Ue e degli Stati Uniti, le spese per la difesa e l'invio delle truppe francesi e britanniche verso Est, in caso di una futura tregua tra Mosca e Kiev.
Le fratture in Italia: maggioranza e opposizione divise
La posizione italiana sulla difesa si presenta tutt'altro che compatta: Fratelli d'Italia e Forza Italia sostengono il piano, mentre la Lega si smarca, con il leader Matteo Salvini che definisce il progetto europeo un inutile indebitamento per le armi: "È il paradosso europeo: non si poteva investire un euro in più per sanità e scuola, mentre ora si possono spendere 800 miliardi per la difesa comune? Se oggi avessimo un esercito europeo, Francia e Germania ci avrebbero già mandato in guerra".
Nel centrosinistra, il Partito Democratico è estremamente diviso: una parte degli eurodeputati ha votato infatti a favore, mentre un'altra si è astenuta, riflettendo l'incertezza della leadership di Elly Schlein. Il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, invece, propone di destinare i fondi europei a investimenti in sanità, istruzione e ambiente, anziché al rafforzamento militare. "Il governo esprima ferma contrarietà al piano di riarmo europeo Rearm Europe, che va sostituito integralmente con un piano di rilancio e sostegno agli investimenti che promuovano la competitività e le priorità politiche dell'Unione europea quali: spesa sanitaria, sostegno alle filiere produttive e industriali, incentivi all'occupazione, istruzione, investimenti green e beni pubblici europei, per rendere l'economia dell'Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile", hanno dichiarato.
A votare contro anche la delegazione di Alleanza verdi sinistra, insieme ai Verdi: "Il nostro è un NO, nel merito e nel metodo, al piano di riarmo da 800 miliardi voluto dalla presidente von der Leyen e dalla Commissione europea", hanno dichiarato in una nota i deputati della delegazione italiana al Parlamento europeo, Cristina Guarda, Ignazio Marino, Leoluca Orlando e Benedetta Scuderi.
António Costa: "Investire nell'industria della difesa creerà occupazione"
Il presidente del Consiglio europeo, António Costa, ha sottolineato in un'intervista rilasciata a Die Welt e Repubblica l'importanza di rafforzare le capacità difensive dell'Unione Europea, ma ha anche messo in evidenza le difficoltà nel riuscire a sviluppare un'autonomia strategica completa. Costa ha infatti affermato che, nonostante gli sforzi per potenziare la difesa europea, l'Unione Europea deve ancora fare affidamento su armamenti provenienti da paesi extraeuropei, come gli Stati Uniti e la Corea del Sud, per far fronte alle necessità immediate. Il presidente del Consiglio europeo ha anche ribadito la necessità di una politica di difesa comune che vada oltre le risorse economiche, ma che includa anche un rafforzamento delle capacità politiche e diplomatiche dell'Unione. Ha parlato di "soluzioni globali", che possono "significare molte cose", per poi sottolineare che gli armamenti "a breve termine, dovremo comperarli dove sono disponibili le armi di cui abbiamo bisogno. Ad esempio in Europa, America, Corea del Sud o Giappone. A lungo termine, però, i nostri investimenti dovrebbero essere più decisamente indirizzati verso le industrie degli armamenti dei nostri Paesi. Sarebbe una buona cosa per la nostra sicurezza e la nostra società. Infatti, tutti questi capitali potrebbero anche creare posti di lavoro e stimolare le innovazioni. Ci tengo a sottolinearlo: dobbiamo assumerci maggiori responsabilità per la nostra difesa".
E sulla posizione dell'Ungheria, contraria alle armi in Ucraina, Costa ha specificato che "è comunque davvero notevole il fatto che in una comunità di ventisette Paesi, con molti e diversi orientamenti politici, visioni del mondo e culture, di norma raggiungiamo l’unanimità. In qualche caso non ci si riesce. E penso che nel nostro vertice più recente abbiamo trovato un buon modo per affrontare la questione e per tenere in considerazione le opinioni di tutti. L’Ungheria non ha bloccato le decisioni — e noi rispettiamo la posizione isolata di quel Paese. Le conclusioni sulla difesa sono state adottate all’unanimità; quella sull’Ucraina è stata approvata da ventisei Paesi".
Una piazza per l'Europa: la mobilitazione della società civile
Mentre i leader politici cercano una sintesi tra posizioni contrastanti, Roma ha ospitato una grande manifestazione a favore dell'Europa. Sabato scorso, nella Capitale,migliaia di persone si sono infatti radunate in una Piazza del Popolo "sold out", per partecipare alla manifestazione "Europa: Pace e solidarietà". L'evento, organizzato da un ampio schieramento di movimenti pro-europei, ha visto la partecipazione di numerosi esponenti della politica di opposizione e attivisti. Sotto il palco, circa cinquantamila persone, tra cui esponenti delle opposizioni come Elly Schlein, Carlo Calenda, Riccardo Magi, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, con Maria Elena Boschi per Italia Viva. Matteo Renzi era assente per il lancio del suo libro. La piazza era animata da bandiere dell'Unione Europea, della pace, dell'Ucraina, della Georgia e due bandiere palestinesi; una testa di cartapesta di Donald Trump che mangiava banconote è stata poi presenza costante.
Elly Schlein, reduce dalla discussione sul voto a Strasburgo, è stata accolta con applausi e selfie, ma anche con una critica: "Viva la Picierno! Cerca di votare, non di astenerti!". La leader del Pd ha portato la bandiera blu stellata dell'Unione, ma ha enfatizzato l'importanza della pace e del dialogo diplomatico, salutando la Tavola della Pace con una grande bandiera arcobaleno: "Oggi non è il tempo delle polemiche", ha detto Schlein ai giornalisti.
Carlo Calenda, leader di Azione, ha dichiarato: "La pace va garantita da un'Europa forte, anche militarmente, capace di respingere le aggressioni di Trump e Putin". Riccardo Magi, di Più Europa, ha chiesto una "Europa politica" che inizi con una politica estera e di difesa comune. Nicola Fratoianni ha partecipato solo quando ha appreso che la manifestazione non sosteneva il riarmo: "Sono sempre stato per la pace, contro l'escalation militare", ha detto, criticando la proposta di von der Leyen e i 800 miliardi di spesa.
La manifestazione è stata aperta e poi chiusa dal giornalista Michele Serra, con la Nona di Beethoven e l'Inno alla Gioia dell'Unione Europea.
Bagnai: "No all'esercito europeo, no all'invio di soldati italiani in Ucraina, no al taglio della sanità per comprare armi".
"No all'esercito europeo, no all'invio di soldati italiani in Ucraina, no al taglio della sanità per comprare armi. Se dobbiamo fare altro debito, facciamolo per difendere famiglie e imprese dal caro bollette e tagliare le tasse, costruire ospedali e difendere i confini dai clandestini. Non certo per acquistare 800 miliardi di euro di armi, o spendere altri 40 miliardi di euro in Ucraina. In un momento in cui finalmente la fine del conflitto sembra possibile, grazie all’impegno del presidente Trump, Italia ed Europa devono costruire ponti, non trincee", a dirlo il deputato della Lega, vicepresidente della commissione Finanze e responsabile del dipartimento Economia del Partito, Alberto Bagnai.