Che cosa sta succedendo in Siria: oltre mille civili alawiti uccisi in pochi giorni

Sono passati tre mesi dalla caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria. Il vecchio dittatore è scappato in Russia, chiedendo rifugio a Vladimir Putin, ma nel Paese ci sono ancora fazioni che lo sostengono. E negli ultimi giorni gli scontri tra questi e le forze di sicurezza del presidente ad interim Ahmad al-Sharaa hanno fatto riesplodere le violenze in alcune zone della Siria. Violenze che avrebbero portato a terribili rappresaglie sui civili, a uccisioni sommarie perpetrate dagli uomini del nuovo leader. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, che è basato a Londra, i morti avrebbero superato il migliaio.
Che cosa sta succedendo in Siria
Da alcuni giorni le violenze non si fermano. Violenze che si concentrano nella zona costiera del Paese, nella provincia di Latakia: un territorio abitato dagli alawiti, che sono una minoranza religiosa sciita, di cui fa parte anche la famiglia Assad. Tutto è cominciato quando dei miliziani alawiti, fedeli ad Assad, hanno attaccato le forze di sicurezza di al-Sharaa, sunnita, a Jable: gli scontri si sono presto allargati, sono arrivati i rinforzi, e solo venerdì sarebbero stati uccisi centinaia di civili.
Gli attivisti per i diritti umani parlano proprio di esecuzioni di massa, casa per casa, che non hanno risparmiato nemmeno i bambini e che hanno lasciato la comunità alawita in uno stato di shock e orrore. Un bagno di sangue, il più grave dallo scorso dicembre. Sui social circolano immagini di cadaveri per strada, ammucchiati l'uno sull'altro.
La reazione dell'Occidente
I media occidentali non sono ancora riusciti a verificare in modo indipendente queste informazioni, ma è chiaro che le immagini che arrivano dalle zone costiere del Paese stanno destando non poche preoccupazioni. E mettono in allerta la comunità internazionale. L’Occidente, che pure ha accolto con favore la dipartita di Assad e riconoscendo l’autorità di al-Sharaa ha subito condannato qualsiasi tipo di violenza, chiedendo di perseguire gli autori e di assicurare la protezione dei civili.
La Siria rimane un Paese profondamente instabile. Le Nazioni Unite chiedono a tutte le parti di sottrarsi da qualsiasi azione che potrebbe mettere a rischio il processo di transizione politica, finora ritenuto tutto sommato – e qui cito – “credibile e inclusivo”. Ma il quadro è complesso, e gli interessi in campo sono tanti: la Lega Araba si è schierata dalla parte di al-Sharaa mentre ad esempio l’Iran (che ha sempre sostenuto Assad) ha descritto gli attacchi alla comunità sciita come sistematici, accusando il governo di siriano di non avere il controllo della situazione.
Cosa ha detto al-Sharaa
Il presidente siriano ad interim, da parte sua, ha pronunciato un discorso pubblico, lanciando un appello all’unità nazionale e annunciando un comitato indipendente che avrà il compito di verificare quanto accaduto. Allo stesso tempo però ha anche “minimizzato”, dicendo che gli scontri erano prevedibili, dal momento che molti sostenitori di Assad sono ancora nel Paese e si sono rifugiati nei villaggi costieri. Per poi minacciarli di arrendersi, “prima che sia troppo tardi”. Al-Sharaa ha anche assicurato che i responsabili dei massacri verso i civili dovranno rendere conto di quello che hanno fatto, ma non ha risposto alle accuse secondo cui i responsabili sarebbero proprio i suoi uomini.
In un'intervista rilasciata a Reuters, si è limitato a dire: "La Siria è uno stato di diritto. La legge farà il suo corso. Abbiamo combattuto per difendere gli oppressi, e non accetteremo che del sangue venga versato ingiustamente senza che questo venga punito, anche se i responsabili fossero vicini a noi"
La situazione attuale
Il portavoce del ministero siriano della Difesa, Hassan Abdul Ghani, ha annunciato che le operazioni nella zona costiera contro le forze fedeli ad Assad sia ormai conclusa, e che queste ultime siano state "neutralizzate". Dai primi bilanci, i morti da giovedì scorso sarebbero 1.500, di cui oltre mille civili.