Tutte le volte che Daniela Santanché ha chiesto le dimissioni di ministri e politici, neanche indagati
Daniela Santanché affronterà un processo per il caso Visibilia, dove è accusato di falso nelle comunicazioni societarie del gruppo che ha gestito fino al 2021. Dopo la notizia del rinvio a giudizio, le opposizioni in blocco hanno chiesto le dimissioni immediate della ministra del Turismo.
Tuttavia l'ipotesi per ora sembrerebbe lontana. Per la ministra si tratterebbe di un "processo da imprenditrice" senza alcuna rilevanza politica e anche per questo si dice "tranquilla" che non verrà condannata.
Dal suo partito, Fratelli d'Italia, la linea assunta sembra essere quella del silenzio, mentre Lega e Forza Italia hanno ribadito la fiducia alla ministra, ricordando che sarà la magistratura a decidere.
"Garantisti fino alla fine", hanno rimarcato gli azzurri e l'approccio sembra essere condiviso anche dalla ministra, che "attenderà le valutazioni". Eppure sono molteplici le volte in cui la stessa Santanché ha invocato le dimissioni di ministri e politici per le più svariate ragioni.
Non troppo tempo fa, durante il governo Draghi, l'esponente di Fratelli d'Italia invitava così la ministra dell'Interno – all'epoca Luciana Lamorgese – a dimettersi: "Dopo quello che è successo al #raveparty nel viterbese con una manifestazione illegale di quella portata durata 6 giorni, un Ministro dell’Interno dovrebbe interrogare la propria coscienza e rassegnare le dimissioni".
O ancora sono numerose le occasioni in cui Santanché ha rivolto la stessa richiesta all'ex ministro della Salute Roberto Speranza, perché l'Italia non poteva "sostenere tutti i suoi guai".
Ma ancora prima del governo Draghi, era stata la volta dell'esecutivo guidato da Giuseppe Conte, contro il quale la ministra tuonava: "Conte dimettiti!".
Nel mirino anche l'ex ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina contro cui Santanché si era scagliata per l'acquisto dei "famosi banchi a rotelle" per l'emergenza Covid. "400mila banchi comprati con i soldi di tutti rimasti inutilizzati. Perché non hanno usato quei soldi per i termoscanner nelle scuole o per potenziare i mezzi pubblici?? Vadano a casa, incapaci! Dimissioni!", scriveva sull'ex Twitter.
Non solo. Nel 2020, Santanché rivolgeva all'allora presidente della Commissione parlamentare antimafia, il 5Stelle Nicola Morra, la sua indignazione per non essersi dimesso.
Ma la lista è lunga e include anche: l'ex presidente dell'Inps Pasquale Tridico, a cui Santanché chiedeva dimissioni immediate; il sottosegretario di Stato al ministero degli Affari esteri dei governi Conte e Draghi, Manlio Di Stefano; l'ex guardasigilli degli esecutivi Conte, Alfonso Bonafede e l'allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
E più si va indietro nel tempo, più la schiera di politici finiti bersaglio della richiesta di dimissioni della ministra si allarga. Nel 2020 Santanché chiedeva le dimissioni dell'ex sindaca di Rho, la dem Paola Pessina, dell'ex vicepresidente del consiglio regionale lombardo Carlo Borghetti (Pd). Un anno prima, nel 2019, era l'ex ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti a dover "tornare a casa".
E poi ancora, nel 2017 l'ex ministra Maria Elena Boschi, tre anni prima i consiglieri comunali di Roma – "cosa aspettano a dimettersi?", chiedeva Santanché – e nel 2013 l'allora ministro degli Esteri Giulio Terzi.
Insomma quel trattamento garantista evocato dalla maggioranza per il caso di Santanché, non è evidentemente lo stesso che la ministra ha riservato ai suoi colleghi in passato (molti di loro nemmeno indagati) e di cui ora pare essersi scordata.