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Complotti, Trump, Ius Scholae: cosa non torna nella conferenza di fine anno di Giorgia Meloni

Giorgia Meloni ha tenuto la consueta conferenza stampa di fine anno, rispondendo a 40 domande che le sono state poste dalla stampa italiana ed estera. Ma su diversi temi argomenti è stata imprecisa o ha detto falsità, per esempio sul Piano Mattei, sulla legge sulla cittadinanza o su Donald Trump.
A cura di Redazione
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di Annalisa Cangemi, Giulia Casula e Luca Pons

La conferenza stampa di fine anno della presidente del Consiglio Giorgia Meloni (che quest'anno si è svolta in realtà nei primi giorni di gennaio) è durata quasi tre ore. I temi toccati sono stati moltissimi, dalla liberazione di Cecilia Sala alle numerose domande su Elon Musk – inclusa quella di Fanpage.it sui presunti accordi con Space X -, fino alla situazione del governo con un possibile rimpasto, e non solo. Ma più di una volta la premier ha fatto affermazioni che non tornavano.

È successo quando ha parlato del piano Mattei, così come della riforma della cittadinanza. È avvenuto anche in apertura, quando ha sventolato il numero di domande rivoltole dai giornalisti lo scorso anno per sminuire il fatto che nel 2024 abbia partecipato a pochissime conferenze stampa. E, ancora, toccato temi delicati come i presunti ‘complotti' ai danni del centrodestra e lo scontro con la magistratura sui migranti/e i numeri dell'occupazione in Italia. Abbiamo raccolto alcune delle uscite di Meloni, spiegando perché non hanno senso.

Meloni dice che tutte le iniziative del Piano Mattei sono già avviate, ma in realtà il progetto va a rilento

La prima cosa che non torna ha a che fare con il Piano Mattei, il progetto di sviluppo per l’Africa su cui Meloni ha puntato parecchio nel corso del suo governo e di cui anche oggi si è detta "fiera" per "la concretezza che sta dimostrando".

In particolare, la premier è tornata a ricordare che "in tutti i nove primi Paesi del Piano Mattei i progetti sono tutti già avviati" e ha annunciato l’intenzione di allargarsi ad altri cinque Paesi: Angola, Ghana, Mauritania, Tanzania e Senegal.

In realtà, a dispetto di quanto sostiene Meloni, il piano non sembra aver ingranato. Come abbiamo già raccontato, dalla lettura della relazione annuale che il governo ha presentato al Parlamento lo scorso novembre sullo stato di attuazione del piano Mattei è emerso che la gran parte delle iniziative elencate nei nove Paesi pilota o fanno parte di progetti "vecchi", avviati gli scorsi anni e con fondi riciclati dal passato, o si trovano ancora in una fase preliminare e faticano a partire.

Pure sul lato delle risorse, nonostante gli strumenti finanziari pensati da Chigi per attrarre Stati e aziende verso i programmi di cooperazione con l’Africa, il riscontro – sia tra i pubblici che tra i privati – è stato piuttosto basso e lo collaborazioni internazionali finora poche.

Non è vero, come dice Meloni, che quasi tutti gli Stati non consentono la doppia cittadinanza

Giorgia Meloni ne è sicura e oggi ha voluto ribadirlo: "la legge italiana sulla cittadinanza è ottima". Per questo motivo, una riforma del sistema che regola la concessione della cittadinanza in Italia – che risale al 1992 – non è in programma.

Sul tema si erano riaccesi i riflettori verso la fine dell’estate, quando gli azzurri avevano aperto all’ipotesi di cambiare le regole e riconoscere la cittadinanza a chi ha concluso un ciclo di studi. Le dichiarazioni di Antonio Tajani e dei suoi avevano fatto storcere il naso agli alleati, Lega e Fratelli d’Italia, contrari a una riforma.

Contrarietà su cui è tornata anche oggi la premier spiegando che “c'è una ragione per cui lo ius soli e lo ius scholae non sono fenomeni diffusi in tanti Paesi. La cittadinanza di un minore di solito è collegata a quella della famiglia, perché nella stragrande maggioranza dei Paesi non c'è la possibilità di avere la doppia cittadinanza”. In realtà, quello che dice Meloni non è vero e per una serie di ragioni.

In primo luogo non è vero che in tanti Paesi ius soli e ius scholae non sono diffusi. Diverse formulazioni dello ius scholae – il principio che lega la cittadinanza al conseguimento di un ciclo di studi – sono presenti nelle legislazioni di Stati quali Slovenia, Lussemburgo, Portogallo, Grecia.

Così pure lo ius soli, che prevede il riconoscimento della cittadinanza solo per il fatto di essere nati in quel Paese (indipendentemente da quella dei genitori) e che ritroviamo negli Stati Uniti, in Argentina e in altri Paesi del Sud America. Varianti di questo principio, come lo ius soli temperato, sono poi diffuse in diversi Stati dell’Ue, come Francia e Belgio.

Anche l’affermazione di Meloni secondo cui nella stragrande dei Paesi "non è possibile avere la doppia cittadinanza" è falsa. Questa possibilità non solo è concessa, ma lo è in un lungo elenco di Stati (Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito, solo per citarne alcuni oltre a quelli già menzionati).

Meloni evita il confronto con i giornalisti: nel 2024 ha tenuto solo 3 conferenze stampa

Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa ha respinto più volte l’accusa di essersi sottratta alle domande dei giornalisti, durante il 2024. Al contrario ha rivendicato di aver risposto in tutto a 350 domande, pur non avendo organizzato dei veri e propri momenti di confronto con i giornalisti, come la conferenza stampa di oggi, durata tre ore, con 40 domande programmate. "Sento dire spesso che io non risponderei abbastanza alle domande" della stampa, "ho chiesto di fare a spanne un calcolo delle domande alle quali ho risposto" nel 2024 e sono state "350 domande, più di una al giorno”, ha precisato. "Ho fatto scelta di non partecipare alle conferenze stampa" dopo i Consigli dei ministri perché "Giorgia Meloni al governo non è da sola", ha puntualizzato la presidente del Consiglio, spiegando quindi di aver voluto lasciare spazio ai suoi ministri nell'illustrare i provvedimenti varati.

Ma è illogico e scorretto paragonare i punti stampa, che hanno tempi molto contenuti, oppure le interviste in tv concesse a giornalisti notoriamente non ostili al governo e alle sue posizioni – come per esempio Bruno Vespa a Porta a Porta o Nicola Porro a Quarta Repubblica – a momenti più articolati come le conferenze stampa, in cui la premier ha modo di argomentare le risposte. È evidente che durante le conferenze stampa i giornalisti hanno modo di incalzarla maggiormente, chiedendole chiarimenti su eventuali dichiarazioni imprecise o elusive. È ed è altrettanto evidente che nel corso dello scorso anno Meloni ha tenuto solo tre conferenze stampa.

Dopo la conferenza stampa di inizio anno, che si è svolta il 4 gennaio 2024 con notevole ritardo, per via di un problema di otoliti, Meloni ha aspettato sei mesi per confrontarsi di nuovo con i giornalisti: lo ha fatto lo scorso 15 giugno, quando ha tenuto una conferenza stampa in Puglia, al termine del vertice dei Paesi del G7; e poi ancora lo scorso 16 settembre Meloni ha risposto insieme al primo ministro britannico Keir Starmer ad alcune domande della stampa al termine della visita del premier inglese a Roma. Lo scorso ottobre poi ha anche saltato la conferenza stampa di presentazione della manovra, subito dopo l'approvazione in Cdm della legge di Bilancio, prevista per il 21 ottobre: l'appuntamento era stato ufficialmente rimandato per via dell'assenza del vicepremier Antonio Tajani impegnato in una riunione del G7, e poi è stato cancellato del tutto dall'agenda.

La premier dice che "non ha mai parlato di complotto", ma ne ha inventati molti

"Non ho mai parlato di complotto in più di due anni che faccio il presidente del Consiglio dei ministri". È una frase che Meloni ha ripetuto più di una volta. Partendo dal caso della sorella Arianna, responsabile della segreteria di FdI, su cui nei mesi si sono concentrate diverse inchieste giornalistiche, secondo la premier tutte senza fondamento: "Quando per mesi ti trovi ‘Arianna Meloni ha fatto questo, ha fatto quest'altro', e poi non l'ha fatto, spero che sia una strategia. Perché altrimenti è cialtroneria".

Va detto che poi è emersa, ed è stata presa per buona da gran parte della maggioranza, l'ipotesi di un'inchiesta giudiziaria ai danni della sorella della leader di FdI. Inchiesta che, in realtà, non è si è mai concretizzata.

Ma al di là di questo, la presidente del Consiglio ha sottolineato di non aver "mai parlato di complotto", in generale. Ha ammesso che secondo lei c'è "l'idea (…) a livello politico, di gettare fango addosso a qualcuno", e che ci sono "gruppi di potere che magari in passato avevano rapporti con il potere politico, e adesso possono essere innervositi dal fatto di non essere adeguatamente tenuti in considerazione". Termini vaghi, senza dettagli.

Ma di complotti era pieno il suo libro intervista uscito a settembre del 2023, a partire dalle "grandi concentrazioni economiche" intenzionate a favorire l'immigrazione per "snaturare l’identità delle nazioni e rivedere al ribasso i diritti dei lavoratori". Concentrazioni che avrebbero il volto di George Soros, che "persegue apertamente un’agenda politica" (citato anche oggi da Meloni, come esempio negativo contrapposto a Elon Musk). Ma tra i complotti anche quello del "rischio di una sostituzione etnica", menzionato per difendere il ministro Lollobrigida. E quello della "teoria gender", oltre al "deep state" collegato alla sinistra.

La verità è che però, anche solo nell'ultimo anno, più e più volte la premier ha fatto riferimenti che hanno fatto pensare a dei complotti. A ottobre dello scorso anno faceva notare con preoccupazione che i deputati del Pd avevano "anticipato" la decisione dei giudici sui centri migranti in Albania. Come a suggerire un legame tra opposizione e magistratura, quando in realtà per prevede la decisione dei giudici bastava conoscere le leggi.

Una settimana prima, Meloni parlava del caso dossieraggi affermando con leggerezza che secondo lei si trattava di un "mercato delle informazioni" clandestino, che colpiva "quasi tutti esponenti di centrodestra", probabilmente per "interessi" altrui ancora da identificare. Ma non solo: "In questa nazione ci sono probabilmente i gruppi di pressione, che non accettano di avere al governo qualcuno che pressioni non se ne fa fare, che non si può ricattare e allora magari tentano di toglierselo da torno con altri argomenti", aveva concluso.

A proposito di ricatti, proprio nella conferenza stampa svolta un anno fa erano arrivate queste parole: "Non sono ricattabile, sono una persona che sceglie liberamente. Non dico che gli altri si facciano condizionare, dico che io non lo faccio, non ho altro da dire". Meloni non ha mai spiegato chi avrebbe dovuto ricattarla. Né se, secondo lei, ci fosse dietro un complotto.

Meloni: "Escludo che Trump annetta territori con la forza". Ma è lo stesso presidente Usa a dirlo

Donald Trump, nella sua prima conferenza stampa da presidente ufficialmente eletto, ha dichiarato che non solo gli Stati Uniti dovrebbero riprendere il controllo del Canale di Panama, spingendosi a parlare di "trattative" in corso "con loro", pur senza entrare nei dettagli. Ma ha anche detto di immaginarsi un'annessione della Groenlandia. Verso entrambe comunque non esclude l’uso della forza: “Non posso dare assicurazioni su nessuna delle due questione", ha detto il tycoon rispondendo a un giornalista gli ha chiesto se avrebbe escluso "l'uso della forza militare o la coercizione economica" verso Panama e Groenlandia. "Posso dire questo: ne abbiamo bisogno per la sicurezza economica. Il Canale di Panama è stato costruito per i nostri militari. Non ho intenzione di impegnarmi su questo adesso, potrebbe darsi che dovrò fare qualcosa", ha specificato. Possibile che Meloni non abbia ascoltato con attenzione le sue parole?

Rispondendo a una domanda durante la conferenza stampa di fine anno, Meloni ha infatti minimizzato e giustificato le parole di Trump, dicendo che le sue parole "rientrano nel dibattito a distanza tra grandi potenze, è un modo energico per dire che gli Usa non rimarranno a guardare di fronte alla previsione che altri grandi player globali muovono in zone di interesse strategico per gli Usa e, aggiungo, per l’Occidente. Io la leggo così, poi mi confronterò con i miei omologhi europei nelle prossime ore".

"Mi sento di escludere – ha aggiunto – che gli Usa nei prossimi anni si metteranno a tentare di annettere con la forza dei territori che interessano: a differenza di alcune letture che leggo, sento, e ascolto su Trump, lo abbiamo già visto presidente negli Usa ed è una persona che quando fa una cosa ragionevolmente la fa per una ragione".

"Le dichiarazioni di Trump sono più un messaggio ad alcuni altri grandi player globali, piuttosto che rivendicazioni ostili verso quei paesi", ha ribadito Meloni, ricordando che il Canale di Panama fu costruito a inizio Novecento dagli Stati Uniti ed è fondamentale per il mercato mondiale e per gli Stati Uniti stessi, mentre "la Groenlandia è un territorio strategico a ridosso del Polo Nord, ricco di materie prime”, e negli ultimi anni si è manifestato un "crescente protagonismo cinese su entrambi i territori".

Meloni dimentica il problema della disoccupazione giovanile

Meloni oggi ha rivendicato ancora una volta i suoi risultati sull’occupazione. "Penso che ci siano dati incoraggianti – ha detto – la disoccupazione è al 5,7%, ai minimi da quando vengono registrate le serie, l'occupazione è ai massimi dal dopoguerra”. I "dati incoraggianti" di cui parla Meloni, che pure ha ammesso che sul fronte del lavoro non si fa mai abbastanza, sono quelli diffusi da poco dall’Istat. La premier ha voluto sottolineare anche "la qualità di questo lavoro che è prevalentemente lavoro stabile, noi parliamo di 883.000 nuove assunzioni in questi due anni, ma se considerassimo solo quelle a tempo indeterminato arriveremmo al milione di posti di lavoro. Penso che Silvio Berlusconi possa essere fiero di noi", ha detto con orgoglio.

Il punto però è che l’stat ha certificato anche altro. I dati pubblicati qualche giorno fa dicono infatti che è vero che a novembre 2024, rispetto al mese precedente, il tasso di disoccupazione è sceso al 5,7%, rispetto al 5,8% del mese precedente, ma risulta in crescita di 1,4 punti la disoccupazione giovanile, nella fascia cioè tra i 19 e i 35 anni che sale al 19,2%. E se il il numero di inattivi è sostanzialmente stabile tra le donne, cresce dello 0,2% (+23mila unità) per gli uomini e gli under 35.

Inoltre se si analizza il confronto con lo stesso mese del 2023, è vero che il numero degli occupati è cresciuto dell’1,4%, con un incremento di 328mila unità, ma per i giovani sotto i 35 anni si registra invece un calo: crescono su base annua gli occupati tra uomini, donne e chi ha almeno 35 anni di età, mentre per i 15-34enni si registra una diminuzione.

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