Salvini insiste sul ritorno al Viminale, nel governo Meloni si apre la discussione sul rimpasto
"Un mio ritorno al Viminale nel 2025? Siamo tutti nelle mani del buon Dio". Queste le parole di Matteo Salvini ai giornalisti che lo interrogavano sul suo futuro, mentre al Senato si svolgeva la votazione per la manovra. Una risposta decisamente lontana da un ‘no'. Il leader della Lega ha iniziato a parlare del ritorno all'incarico di ministro dell'Interno da quando è stato assolto nel processo Open Arms. Cosa che anche oggi ha menzionato: "L'assoluzione toglie la scusa alla sinistra che dice che Salvini non può occuparsi di immigrazione e sicurezza".
Non è la prima volta che emerge la possibilità di un rimpasto di governo, cioè di un cambiamento di vari ministri, sotto la guida di Giorgia Meloni. Le dimissioni di Sangiuliano da ministro della Cultura; quelle di Raffaele Fitto da ministro per gli Affari europei, per ricoprire l'incarico di commissario Ue; i passi indietro di alcuni sottosegretari, da Montaruli all'Università a Sgarbi alla Cultura, fino a Bignami ai Trasporti; e le vicende giudiziarie che riguardano la ministra Santanchè. Tutti questi elementi hanno fatto pensare in passato che la premier potesse scegliere di cambiare alcuni membri della sua squadra di governo. Per il momento, però, l'ipotesi non si è mai avvicinata davvero.
Ma il caso di Salvini riguarda direttamente uno dei vicepremier e leader della maggioranza. Non a caso, negli ultimi giorni più di un esponente della Lega è tornato sulla questione.
"Se le future opportunità politiche porteranno a una riconfigurazione delle cariche ministeriali nulla impedirebbe di prendere in considerazione il ritorno dell'attuale ministro dei Trasporti al Viminale", ha detto pochi giorni fa ad Affari italiani Roberto Vannacci. Seguito ieri dal senatore Claudio Borghi, su Twitter, decisamente più esplicito: "Io sono sempre stato favorevole (inascoltato) ai rimpasti di governo. Aiutano a migliorare la squadra e ai cittadini in fondo la cosa piace, un po' come le sostituzioni del calcio. Purtroppo i governanti odiano cambiare i ministri, forse pensano sia un po' come ammettere errori".
Oggi, Salvini ancora una volta non si è tirato indietro: "Il ministro dell'Interno l'ho fatto e penso discretamente. Ho tante cose da portare avanti nel ministero dove sono, ma sicuramente occuparsi della sicurezza degli italiani è qualcosa di bello ed importante. Matteo Piantedosi ha tutta la mia stima e poi ragioneremo sia con Giorgia Meloni che con lui. Uno cha fa il ministro dell'Interno gli rimane dentro per tutta la vita, ovviamente".
Da parte loro, gli esponenti di Fratelli d'Italia che sono stati interpellati sul tema sono stati decisamente freddi. Giorgia Meloni in primis, ma non solo. "Non è all'ordine del giorno, non se n'è mai parlato", ha commentato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari. "Se Matteo Salvini chiedesse di tornare al Viminale? Si può parlare di tutto, veramente non c'è preclusione su nulla. Un rimpasto si fa quando l'attività del governo ne troverebbe giovamento. Ad oggi non mi sembra che ci sia questa esigenza", ha concluso.
Lo stesso Bignami, ex sottosegretario di Salvini e oggi capogruppo di FdI alla Camera (al posto di Tommaso Foti, diventato ministro per sostituire Fitto), ha detto alla Stampa che un rimpasto ora non serve: "Significherebbe bloccare una macchina che sta lavorando bene", ha detto, oltre al fatto che i rimpasti "danno sempre una sensazione di fragilità ai cittadini. Sarebbe un errore incrinare l'immagine di questa stabilità, che è anche un elemento centrale per il governo a livello internazionale".