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Processo Open Arms, oggi la sentenza per Matteo Salvini: cosa rischia il leader della Lega

Oggi, venerdì 20 dicembre, è attesa la sentenza di primo grado del processo Open Arms: Matteo Salvini è imputato con l’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. La Procura ha chiesto sei anni di carcere. Il leader della Lega sarà presente in Aula a Palermo: ha detto che una condanna sarebbe un “precedente pericoloso”, e che anche se condannato non si dimetterà. Ecco cosa può succedere.
A cura di Luca Pons
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Dopo cinque anni dall'inizio delle indagini, e oltre un anno di processo, oggi arriverà la sentenza di primo grado per Matteo Salvini nel caso Open Arms. Il segretario leghista e vicepremier, all'epoca dei fatti ministro dell'Interno, è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio. Il motivo è che, nell'agosto 2019, avrebbe impedito lo sbarco di 147 persone migranti che si trovavano a bordo dell'imbarcazione di Open Arms.

La Procura di Palermo ha chiesto una condanna a sei anni di carcere, mentre le Ong, gli enti e i singoli che si sono costituiti come parti civili hanno chiesto complessivamente un milione di euro di risarcimenti. Salvini, che sarà presente in Aula, ha detto più volte che se venisse condannato si tratterà di un precedente pericoloso. In ogni caso, comunque, non si dimetterà dal suo incarico di governo.

Perché Salvini rischia 6 anni di carcere: il caso Open Arms dall'inizio

La vicenda risalente al 2019, durante l'estate che vide la caduta del primo governo Conte guidato da Lega e M5s, è nota. Era il periodo in cui la politica dei ‘porti chiusi' promossa da Salvini come titolare del Viminale era in pieno effetto. Il 1°agosto la nave della Ong spagnola Open Arms aiutò un barchino al largo della Libia, e poco dopo un altro, accogliendo a bordo circa cento persone. Il giorno successivo, dopo la richiesta di un porto di sbarco all'Italia, il governo vietò l'ingresso nelle acque territoriali.

Il divieto durò per giorni, e gli si aggiunse anche quello di Malta. Nel frattempo la nave restò in attesa, e si trovò anche a dover compiere un'altra operazione di soccorso. Salvini sosteneva che la nave avrebbe dovuto andare in Spagna: un viaggio che però avrebbe chiesto molto più tempo rispetto allo sbarco in Italia.

Il 14 agosto, due settimane dopo il primo soccorso, il Tar del Lazio sospese il divieto di ingresso in acque italiane. La Open Arms si mosse, ma non aveva ancora un porto sicuro di sbarco assegnato. Solamente il 20 agosto intervenne la Procura di Agrigento: dopo un'ispezione a bordo dispose il sequestro della nave e l'evacuazione immediata dei migranti che si trovavano a bordo. Gli inquirenti iniziarono le indagini con l'ipotesi di sequestro di persona e anche di rifiuto di atti d'ufficio. A luglio dell'anno successivo, il Senato mandò a processo Salvini.

La difesa di Salvini nel processo Open Arms: la linea dei "porti sicuri"

Il procedimento è iniziato a ottobre 2023, e si è protratto negli ultimi mesi. La difesa pubblica di Salvini, appoggiata anche dai leghisti scesi in piazza in più di un'occasione, è che impedire lo sbarco sia stato una scelta per difendere i confini del Paese, e che il processo sia stato fondamentalmente il frutto di un complotto che coinvolge la magistratura per danneggiare il leader leghista, il governo e il Paese. In Aula, invece, la sua legale Giulia Buongiorno ha sostenuto invece che in buona sostanza la nave Ong avesse molte alternative invece di "bighellonare" in mare", e che anzi l'Italia avrebbe offerto più volte alla Open Arms l'occasione di sbarcare, ricevendo sempre un rifiuto.

Oggi arriverà la sentenza. Nelle ultime settimane la comunicazione di Salvini si è concentrata moltissimo su questo appuntamento. Una condanna, ha ribadito più volte, non sarebbe "preoccupante" per lui, ma "un enorme problema per l’Italia, per lo Stato di diritto, per il contrasto all'immigrazione clandestina, a livello internazionale sarebbe un precedente pericoloso". In ogni caso, qualunque sia l'esito il leader leghista non si dimetterà dalla carica di ministro dei Trasporti e vicepresidente del Consiglio.

Cosa può succedere: assoluzione, condanna e prescrizione

Già annunciato il ricorso, da parte del leghista se arriverà la condanna, e da parte della Procura se invece ci sarà un'assoluzione. Per quanto riguarda un'eventuale condanna, la pena complessiva chiesta dai pm non è la massima possibile. Il Codice penale infatti prevede fino a quindici anni di carcere per il sequestro di persona, e fino a due per il rifiuto d'atti d'ufficio.

Un'assoluzione potrebbe essere di diversi tipi. C'è l'ipotesi di assolvere un imputato quando "quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova". Quella più ampia è invece l'assoluzione perché "il fatto non sussiste", cioè tutto l'impianto dell'accusa non si regge in piedi: l'ha richiesta la difesa di Salvini. Un'altra possibilità è quella di assoluzione per "non aver commesso il fatto", e questo vorrebbe dire che il reato è avvenuto ma è stato commesso da qualcun altro. Infine, c'è l'assoluzione perché "il fatto non costituisce reato". Questa è l'ipotesi contro cui la Procura di Palermo si è più battuta.

Infine, è possibile che scatti la prescrizione per il segretario della Lega? Sì, ma solo per il reato di rifiuto d'atti d'ufficio. Sono passati quasi cinque anni e mezzo dall'epoca dei fatti, e il reato ‘scade' dopo poco più di sei anni, stando ai termini di legge. Per il sequestro di persona, invece, i tempi sono più lunghi (otto anni, che aumentano se ci sono aggravanti).

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