Norma anti-Renzi nella legge di Bilancio cambia ancora: no a compensi da Paesi extra Ue per membri governo
Cambia ancora la cosiddetta norma anti-Renzi, contenuta nell'emendamento dei relatori alla manovra 2025. Il divieto di percepire compensi extra Ue vale anche per "i titolari di cariche di governo", così come era previsto nella formulazione originaria presentata da FdI.
È quanto prevede una ulteriore nuova formulazione dell'emendamento, in cui tornano appunto i membri del governo, che erano stati esclusi dalla precedente versione. Secondo la nuova riformulazione del testo, giunto in commissione Bilancio della Camera, per i membri dell'esecutivo non sarà nemmeno possibile superare questo divieto con la "preventiva autorizzazione" degli organi di appartenenza secondo le procedure stabilite dai rispettivi ordinamenti, nel caso di compensi non superiori 100mila euro all'anno. Tale deroga sarà invece possibile per i presidenti di Regione, e per i parlamentari italiani (eletti al Parlamento nazionale e anche a Bruxelles). Questi ultimi dunque, a differenza dei componenti del governo, potranno però chiedere una preventiva autorizzazione agli organi di appartenenza, a patto che il compenso percepito non sia superiore a 100mila euro.
La modifica della norma anti-Renzi: cosa cambia nel testo
Con l'ultima versione del testo, i membri del governo tornano, insieme a presidenti di Regione e Province e parlamentari italiani – con l'unica eccezione di coloro che sono stati eletti all'estero – nell'elenco di cariche che non possono accettare, durante il mandato, incarichi che comportino un compenso da paesi extra-Ue. Questi soggetti "non possono accettare, durante il proprio mandato, contributi, prestazioni, controprestazioni o altre utilità erogati, direttamente o indirettamente, da parte di soggetti pubblici o privati", che non hanno sede legale e operativa nell'Unione europea o nei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo.
Le ultime modifiche prevedono un'ulteriore specifica. I membri dell'esecutivo sono infatti esclusi dalla possibilità, prevista invece per i parlamentari, di poter ottenere un'autorizzazione che li esenti dal divieto (fino ad un tetto massimo di 100mila euro l'anno di compenso). In caso di violazione, il compenso percepito dovrà essere versato, entro trenta giorni dall'erogazione, all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.
Le polemiche
La norma è stata ribattezzata anti-Renzi perché la stretta colpirebbe l'ex premier, che come è noto ha percepito un lauto compenso dall'Arabia Saudita, grazie alla sua attività di conferenziere. "Giorgia Meloni ha personalmente voluto una legge ad personam contro di me in sede di Legge di Bilancio. Provo imbarazzo per chi usa il potere della maggioranza per fare leggi contro gli avversari: è un atteggiamento da Repubblica delle Banane. E come se non bastasse si dice che per determinate categorie di persone si può tassare il lavoro al 100%: siamo all'esproprio proletario. Ci voleva un governo di destra per avere finalmente un po' di Unione Sovietica in Italia", si legge nella consueta e-news di Matteo Renzi.
"La mia reazione – prosegue – è molto semplice: sorrido. Non mi arrabbio, non urlo, non inveisco. Penso che in questi anni siano stati moltissimi quelli che hanno provato a buttarmi fuori dalla politica. Alcuni PM, in primis. I grillini. I diffusori di fake news. Chi mi ha diffamato sui giornali e sulla rete. Sono in tanti. Eppure io sono ancora qua, col sorriso. Vogliono cambiare le leggi pur di farmi fuori? Ci provino. Non ci riusciranno".
Oggi il senatore era tornato sul punto a L'Aria che Tira, su La7: "Facciano pure. La migliore vendetta è essere felici, come diceva Alda Merini. Se io guadagnerò meno vorrà dire che pagherò meno tasse. Io continuerò a fare tutte le mie cose nel rispetto delle regole di questo Paese. Le vendettine personali le lascio a Giorgia Meloni", ha concluso.