Liliana Resinovich, Bruzzone su nuove lesioni: “Qualcuno potrebbe averla aggredita e poi inscenato suicidio”
A distanza di quasi tre anni dal ritrovamento del corpo di Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa dalla sua casa di Trieste il 14 dicembre 2021 e trovata morta il 5 gennaio 2022 nel boschetto ai margini dell'ex ospedale psichiatrico, si parla di una svolta nel caso.
Infatti, da un'anticipazione della nuova perizia medico-legale, i cui risultati sono attesi entro il 15 dicembre, sul cadavere della donna sarebbero stati riscontrati "segni e lesioni prodotte da terze persone". La prima perizia aveva invece escluso l'azione di terzi. Fanpage.it ha parlato delle recenti novità con la criminologa Roberta Bruzzone.
"Non credo che questo sposti granché la situazione perché, di fatto, l'unica cosa certa che sappiamo è che la causa di morte resta quella individuata dal primo medico legale, cioè una causa asfittica, da soffocazione. E questo con la lesività individuata c'entra molto poco. Il problema è comprendere anche a quale epoca risalirebbero queste lesioni", spiega l'esperta.
"Mi pare di capire, ma è una mia intuizione, che verrà confermata anche l'epoca della morte, che sarebbero molto prossima al ritrovamento della salma. – aggiunge – Perché in questa vicenda il primo problema da risolvere è se il corpo è stato congelato o meno, un elemento che non mi pare possa essere dimostrato. Ragion per cui l'epoca della morte va ricondotta ai giorni subito precedenti il ritrovamento".
Un altro interrogativo è quello sul luogo dove potrebbe essere stata la donna per i circa 20 giorni trascorsi tra la scomparsa e il ritrovamento del corpo. Come osserva Bruzzone, "non può essere rimasta da sola perché nessuno l'ha mai vista in giro. Era in buono stato nutrizionale, quindi ha sicuramente mangiato, e si è potuta lavare perché addosso aveva indumenti abbastanza puliti. Non può essere rimasta in giro a vagare, qualcuno deve averla ospitata e sostenuta".
Lo scenario ipotetico che potrebbe prospettarsi è quindi quello di un primo allontanamento volontario e che sia stata insieme a un soggetto ignoto per 18/20 giorni. "È possibile che a questo punto sia successo qualcosa tra lei e questa persona e potrebbe averla aggredita con i colpi al volto (che però non sono assolutamente compatibili con la causa del decesso). – commenta ancora la criminologa – Lei potrebbe aver avuto un malore e l'altra persona, convinta che fosse morta, abbia inscenato un suicidio".
"Un'ipotesi che io feci già all'inizio, perché quella dell'omicidio dovuto ad altre cause, francamente, non la ritengo possibile. – aggiunge – L'unica alternativa al suicidio potrebbe essere questa. La causa asfittica è infatti poco traumatica, nel senso che è come se lei fosse stata posta in una situazione di soffocazione mentre aveva il respiro già diminuito, ed essendo in condizione di minorata difesa, non abbia potuto strapparsi via i sacchetti".
Il corpo di Liliana fu infatti trovato in due grandi sacchi neri. La testa era invece chiusa in due sacchetti bianchi, di quelli utilizzati per gli alimenti. L'ipotesi del suicidio sostenuta tra investigatori e inquirenti non ha mai convinto fino in fondo. Nemmeno il gip del Tribunale di Trieste, Luigi Dainotti, che invece di archiviare il caso, come chiedeva la Procura, ha indicato oltre venti punti da approfondire.
"È l'unica alternativa che mi viene in mente con gli elementi che sono a disposizione. Però non sarà banale che la Procura vada in questa direzione. – spiega ancora Bruzzone – Dimostrare che lei sia stata con qualcuno è difficile. E questo qualcuno potrebbe non essere il marito perché all'epoca della scomparsa era un sorvegliato speciale, non tanto dalla polizia, ma dai giornalisti che lo seguivano ovunque. Tutto può essere, però mi pare improbabile che possa essere lui ‘l'uomo del mistero'".
"È possibile che lei, davanti al bivio di dover decidere tra il marito Sebastiano e Claudio (l'uomo con cui Liliana avrebbe avuto una relazione extraconiugale, ndr), non se la sia sentita e si sia allontanata. Su qualcuno però ha dovuto contare per forza di cose, in quei giorni Liliana non era da sola. Rimane il grosso problema di collocare questa donna in quei 20 giorni in un luogo specifico e con una persona specifica. Il che è un passaggio tutt'altro che scontato, dalle indagini non sono mai emersi elementi a riguardo", prosegue.
"Ora se la Procura rimane sulla pista del suicidio, il luogo dove Liliana è stata in quei quasi 20 giorni può rimanere misterioso; laddove invece si privilegiasse la possibilità che Liliana possa essere stata aggredita in un'epoca immediatamente precedente il decesso, a quel punto potrebbe virare su un'indagine più mirata su questo aspetto".
Tutto dipenderà da cosa verrà scritto sulla perizia e su quanto certa può essere ritenuta l'ipotesi dell'aggressione. "Se è interpretabile solamente in questa direzione, è un discorso; se è anche astrattamente riconducibile ad altre possibilità, la vedo complicata", specifica Bruzzone.
"Questa vicenda ha dei margini di incertezza elevati e insanabili, io penso che la verità su questa vicenda la conosca solo Liliana e se l'è portata con sé. E se davvero esiste questa terza persona, a oggi non ha nessun vantaggio a farsi avanti, escludo che a tre anni dai fatti lo faccia volontariamente", ha osservato ancora la criminologa facendo un punto sul caso.
"È chiaro che è stata molto abile a mantenere assoluta riservatezza, nella vita di Liliana non c'è traccia di questa persona, né nei suoi contatti, non ci sono assolutamente elementi che possano tracciare l'esistenza di un soggetto con cui lei potesse avere una confidenza tale da rivolgersi in un momento così particolare della sua vita".
"Non è che ci fosse molta gente intorno a Liliana, lei non si confidava con nessuno. – aggiunge – La storia con Sterpin non l'aveva mai rivelata a nessuno, nemmeno le persone a lei più vicine, gli amici, la cugina o il fratello. Ed è anche possibile che abbia nascosto altro".