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Ora anche il governo ammette che il piano Mattei va a rilento: e la manovra taglia i fondi per la cooperazione

Il Governo ha presentato in parlamento la prima relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano Mattei, il programma di cooperazione con l’Africa fortemente voluto da Giorgia Meloni. Dal testo però emerge come nei suoi primi mesi di vita, il piano faccia ancora fatica a ingranare e ad attrarre gli investitori esteri.
A cura di Marco Billeci
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Il 12 Novembre,  il Governo ha inviato alle Camere la prima relazione annuale sul Piano Mattei, che è poi passata all'esame delle Commissioni parlamentari competenti. Il testo di 35 pagine fa il punto sullo stato di attuazione del grande progetto di sviluppo per l'Africa, su cui Giorgia Meloni ha puntato tutte le carte, per costruire quello che ha definito "un nuovo modello di cooperazione non predatorio". L'obiettivo è quello di dare impulso alle infrastrutture, i servizi, le competenze del continente africano. E in questo modo limitare in prospettiva anche la necessità di emigrare delle popolazioni dell'area.

Di fronte a un programma così ambizioso, però, sia la dimensione reale che le risorse del Piano Mattei appaiono in questa fase iniziale ancora piuttosto limitate. La relazione del Governo elenca ad oggi 22 progetti. Si tratta perlopiù delle iniziative previste nei nove Paesi pilota, già comprese nel piano, al momento della sua presentazione, durante il vertice Italia-Africa alla Farnesina il 29 gennaio 2024. Una buona parte di questi progetti erano in realtà già stati approvati o istruiti nei mesi o addirittura negli anni precedenti al lancio del piano voluto da Meloni e sono stati semplicemente trasferiti dentro alla nuova cornice.

All'interno del calderone sono compresi sia progetti a guida pubblica sia di compagnie private. Tra questi ultimi, la coltivazione di cereali e legumi in Algeria da parte di Bonifiche Ferraresi e quella del ricino per biocarburanti di Eni in Kenya.  Anche in questo caso, parliamo di investimenti già programmati da tempo dalle aziende, a cui il Governo ha messo poi il cappello del Piano Mattei. Va poi notato come la stragrande maggioranza delle iniziative esposte nella relazione si trova attualmente in una fase preliminare e diventerà operativa – se i tempi saranno rispettati – solo nel 2025 o più avanti. Molte di queste devono ancora essere avviate. Per ora, il grande programma di Meloni si è concretizzato in una scuola per l'ospitalità inaugurata in Egitto il 24 ottobre, in un centro di eccellenza per la formazione sulle energie rinnovabili e la transizione energetica in Marocco, in corsi per la qualificazione e sviluppo professionale in favore dei docenti di lingua italiana in Algeria, Tunisia ed Egitto.

Le risorse del piano

La parte più interessante della relazione del Governo sul Piano Mattei è quella che analizza i soldi messi sul piatto. L'esecutivo infatti negli scorsi mesi ha creato una serie di strumenti finanziari, che dovrebbero servire ad attrarre capitali di altri soggetti pubblici o privati, interessati a investire nei programmi di cooperazione per l'Africa. Al momento, però, né gli Stati europei ed extraeuropei né i grandi investitori italiani o internazionali hanno battuto un colpo.

Il nuovo Fondo Speciale Multilaterale per il finanziamento nei settori prioritari di intervento del piano ha ad oggi un solo donatore straniero, gli Emirati Arabi, che hanno contribuito con 22,9 milioni di euro. Per il resto, l'attuale cassaforte di 285,8 milioni di euro è garantita con 120 milioni dall'Italia e da 142 milioni di cofinanziamento della Banca Africana di Sviluppo. Anche l'altro fondo costruito ex novo – questo bilaterale tra Italia e Africa – ha una dotazione limitata a 283,6 milioni, alimentata in parti uguali dalle casse pubbliche del nostro Paese e dalla stessa Banca Africana di Sviluppo.

C'è poi la piattaforma, ideata da Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), per catalizzare i capitali di fondi d'investimento privati verso l'Africa. Al momento, però, gli unici soldi appostati nel fondo – oltre a quelli di cofinanziamento della solita Banca Africana di Sviluppo – sono 200 milioni di risorse proprie di Cdp. Va detto peraltro che Cdp aveva programmi di aiuto verso il continente africano di dimensione simile, già negli anni precedenti al varo del Piano Mattei. E che si tratta comunque di fondi in sostanza semi pubblici,  dato che la Cassa Depositi e Prestiti è controllata dal ministero dell'Economia. Stesso discorso per Simest, la società di Cdp dedicata a sostenere lo sviluppo delle imprese italiane, che prevede di offrire 200 milioni di finanziamenti alle imprese della Penisola, intenzionate a impegnarsi nei Paesi africani.

La premier insiste molto anche sulla necessità di agganciare il Piano Mattei ai programmi dell'Unione europea e del G7 per lo sviluppo delle infrastrutture, nelle aree più fragili del pianeta. Per ora tuttavia questa ambizione si è sostanziata solo nell'ingresso dell'Italia, tra i Paesi che contribuiranno alla costruzione del cosiddetto "Corridoio di Lobito”, una ferrovia di 800 km per collegare l'Angola e la regione mineraria del rame in Zambia. Si può far rientrare in questo capitolo anche il lancio – previsto nel 2025 – di un Hub dedicato all'Intelligenza Artificiale, per promuovere lo sviluppo del settore e la creazione di startup dedicate all'AI nel continente africano. Questo progetto sarà cofinanziato dal governo italiano e dalle Nazioni Unite. Dalla relazione non risultano altre collaborazioni internazionali,  inserite nella cornice del piano.

Il taglio ai fondi per la cooperazione

Tirando le somme, al momento, in attesa di futuri investitori, la quasi totalità dei soldi previsti per l'attuazione del Piano Mattei sono in capo al bilancio dello Stato italiano. Parliamo di 5,5 miliardi che dovrebbero essere dispiegati su base pluriennale: tre miliardi dal fondo per il clima e 2,5 miliardi dalle risorse per la cooperazione e lo sviluppo. E infatti è da questi canali che si prevede di finanziare la maggior parte dei progetti, attualmente inclusi nel piano. Anche su questo fronte tuttavia non c'è da stare del tutto tranquilli.

Stando ai calcoli messi nero su bianco nel dossier della Camera sulla legge di bilancio, infatti, gli stanziamenti complessivi per l’aiuto allo sviluppo del ministero degli Esteri per il 2025 saranno ridotti a poco più di un miliardo di euro, rispetto, al miliardo e duecento milioni del 2024. La sola voce della cooperazione allo sviluppo sconta un taglio di 32,2 milioni di euro, a causa della spending review imposta dalla manovra alle amministrazioni pubbliche. Considerando anche le decurtazioni già previste, si passa dai 942 milioni dedicati alla cooperazione allo sviluppo nel 2024 a meno di 830 milioni nel 2025. E altri 34,2 milioni di tagli sono previsti per ciascun anno, nel 2026 e nel 2027.

Il fondo per il clima invece è stato salvato dalla scure della revisione della spesa è quindi per il 2025 dovrebbe prevedere un'investimento da 840 milioni di euro, come voluto dal governo Draghi, quando nel 2022 ha creato questo strumento. Va ricordato però come, per il 2024, lo stanziamento di 840 milioni era stato rimpolpato dal governo Meloni con ulteriori 200 milioni, portando la cifra complessiva sopra il miliardo. Questo rifinanziamento invece al momento non è previsto per il 2025.

Certo, il Piano Mattei è un programma di lungo periodo e sarebbe sbagliato decretarne il successo o il fallimento ,sulla base dei dati relativi a primi mesi di vita. Ma dai primi passi del suo sviluppo è difficile vederne per ora una portata particolarmente rivoluzionaria o tratti così marcati di discontinuità rispetto al passato, sia al livello di progetti che di soldi impiegati. Nè sembra al momento che, nonostante l'impegno di Meloni, l'iniziativa abbia suscitato particolare interesse, tra i partner europei e internazionali. Vedremo se con l'insediamento della nuova Commissione Ue dell'amica Ursula Von der Leyen, la premier riuscirà a coinvolgere l'Unione e gli Stati membri con più convinzione, di quella mostrata fino ad oggi.

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