Il caso di Gisèle Pelicot: perché il processo per gli stupri è stato così seguito e quando arriverà la sentenza
Ha scosso non solo la Francia ma tutto il mondo la storia di Gisèle Pelicot, la 71enne che per anni è stata drogata dal marito e violentata da lui e da decine di sconosciuti.
Gli abusi, avvenuti tra il 2011 e il 2020 a Mazan, dove la coppia abitava, sono stati scoperti quando il marito della donna, Dominique Pelicot, 71 anni, è stato arrestato per un reato a sfondo sessuale non correlato alle violenze e la polizia ha trovato nei suoi dispositivi elettronici migliaia di foto e video ripresi durante gli stupri.
La donna è stata violentata da sconosciuti che il marito reclutava su Internet, gli inquirenti sono riusciti a identificarne 50 uomini, di età compresa tra 26 e 73 anni. Il marito di Pelicot e gli altri uomini sono imputati nel processo che si sta tenendo ad Avignone e che ha attirato una grande attenzione mediatica.
Non solo per la gravità dei fatti avvenuti a Mazan ma anche per il coraggio dimostrato da Gisèle Pelicot che ha deciso di rinunciare a un processo a porte chiuse dichiarando: "Non sono io che devo vergognarmi, ma loro".
La donna è diventata un simbolo della lotta alla ‘cultura dello stupro‘ e la sua storia ha aperto il dibattito sulla possibilità di modificare la legge sulla violenza sessuale in Francia. Lunedì 25 novembre 2024 la Procura ha chiesto 20 anni, il massimo della pena, per il marito. La sentenza è attesa per il 20 dicembre.
Cosa è successo a Gisèle Pelicot, drogata dal marito e violentata da 50 uomini
Dominique e Gisèle Pelicot, sposati dal 1973 e genitori di tre figli, dopo aver abitato a lungo a Parigi, nel 2013 si erano trasferiti a Mazan, piccolo paese non lontano da Avignone, dove la donna sarebbe stata drogata più volte e successivamente abusata da decine di sconosciuti che il marito reclutava sul sito internet "Coco.fr", oggi chiuso.
Pelicot faceva parte di una chat di gruppo privata dal titolo "A sua insaputa", dove gli uomini discutevano su come avere rapporti sessuali con le proprie compagne senza che queste se ne rendessero conto, attraverso l'uso della droga dello stupro.
Il marito della donna era stato arrestato già nel 2010, per avere scattato foto sotto la gonna di alcune clienti in un supermercato. In quell'occasione era stata solo disposta una multa di 100 euro e l'uomo era stato subito rilasciato. La moglie all'epoca non fu informata dell'accaduto.
L'inchiesta relativa agli ‘stupri di Mazan‘ era iniziata in relazione a un'altra indagine. Infatti, nel settembre 2020 l'uomo era stato fermato nuovamente dalla polizia per aver filmato con una telecamera sotto la gonna di alcune donne. La polizia aveva sequestrato telefono, computer e vari hard disk e l'analisi dei dispositivi aveva portato alla scoperta degli abusi.
I video nel pc del marito: come ha fatto Gisele Pelicot a scoprire le violenze
Scandagliando i dispositivi elettronici di Pelicot, gli inquirenti all'epoca scoprirono che faceva parte della chat privata nella quale invitava gli altri uomini ad abusare di sua moglie. Messaggi simili sono anche state trovati anche in conversazioni su Skype.
In una chiavetta USB di proprietà dell'uomo era stata trovata una cartella chiamata ABUS ("abuso" in francese, ndr) contenente più di 20mila immagini e video delle violenze, durante le quali la moglie era priva di conoscenza poiché drogata a sua insaputa.
Attraverso la lettura della chat era emerso che da circa dieci anni, Dominique Pelicot aveva somministrato regolarmente alla moglie, all'ora di cena e sbriciolandogliele nel cibo, diverse compresse di Temesta, il farmaco che in Italia è venduto come Tavor.
Si tratta di una benzodiazepina utilizzata per trattare l'ansia e l'insonnia. Poi aveva fatto entrare in casa gli uomini della chat con cui aveva preso accordi in precedenza consentendo loro di stuprare la moglie priva di sensi.
Chi sono gli uomini che hanno violentato Gisele Pelicot
Dopo due anni di indagini gli inquirenti sono riusciti a risalire all'identità di 50 stupratori, le cui età variano tra i 21 e i 68 anni. Nell'elenco delle persone chiamate a processo per le violenze figurano individui di tutte le età e posizioni sociali.
Secondo gli inquirenti, tutti sapevano di trovarsi davanti a una donna priva di sensi e ignara di quanto le stava accadendo. Accusa che molti di loro hanno negato.
Tra questi vi sono il pilota Hugues Malago, 39 anni, il bracciante 37enne Andy Rodriguez, Mathieu Dartus, 53 anni, Jacques Cubeau, il direttore di un supermercato Lionel Rodriguez (44 anni), il pittore e decoratore Husamettin Dogan, 43 anni, Thierry Parisis, il paramedico Redouan El Farihu e il giornalista locale Nicolas François.
Dominique Pelicot aveva dato dei soprannomi a ognuno di loro. Il file dello stupro di Gisèle da parte di Hugue Malago, per esempio, era denominato "Biker". L'uomo, che nella vita fa il pilota di moto, ha dichiarato di aver conosciuto Pelicot online su un sito per scambisti.
Il file di Andy Rodriguez, invece, era denominato "Micha". Lui e Pelicot si erano conosciuti in un bar nel 2018 ed erano stati spesso compagni di bevute. Rodriguez avrebbe raccontato di aver violentato la donna la notte di Capodanno solo perché "non aveva niente altro da fare".
Gli uomini che violentavano Gisèle Pelicot dovevano seguire precise istruzioni: parcheggiare lontano dalla loro casa, non usare profumi, lavarsi bene le mani, non fumare e non lasciare nulla in giro. E nemmeno dovevano pagare.
Il marito filmava tutto e poi conservava i file meticolosamente sul suo pc. Il 19 giugno 2023 il giudice istruttore ha richiesto il rinvio a giudizio di Dominique Pelicot e degli altri 50 uomini.
Le parole della figlia di Gisele Pelicot: le accuse al padre Dominique
Nei dispositivi digitali dell'uomo sono stati trovati anche fotomontaggi che ritraevano la figlia minore della coppia, Caroline, all'interno di una cartella intitolata "Mia figlia, nuda". La donna, che si è costituita come parte civile nel processo per le violenze subite dalla madre, ha raccontato la sua testimonianza in tribunale.
“La polizia mi ha fatto vedere due foto in cui c'è una donna che dorme sdraiata su un fianco, con la luce accesa. Si vedono le sue natiche", ha raccontato la figlia dell’imputato, aggiungendo: “Lì mi sono riconosciuta e ho capito che l'uomo che era mio padre e nel quale avevo completa fiducia, che credevo avesse integrità, che rispettava sua figlia, che era fiero di lei, che l'aveva sempre incoraggiata, mi aveva fotografata a mia insaputa, nuda".
"Amavo mio padre, amavo l'immagine dell'uomo che pensavo di conoscere, amavo l'immagine di quest'uomo sano e premuroso” ha rivelato ancora la donna, assicurando che mai si era accorta di uno sguardo inappropriato, di un gesto sgradito del genitore.
Il 18 febbraio 2025 in Italia uscirà dalla casa editrice Utet il libro scritto dalla Caroline, dal titolo ‘E ho smesso di chiamarti papà'. La donna ha anche fondato l'associazione M'endors Pas (‘Fermiamo la sottomissione chimica') per promuovere sostegno alle vittime e portare alla luce le violenze domestiche sommerse.
Perché Gisele Pelicot ha chiesto un processo a porte aperte
Pur avendo diritto a un processo a porte chiuse, come permette la legge francese nei casi di violenza sessuale, Pelicot ha chiesto che le udienze fossero pubbliche, spiegando di aver preso questa decisione affinché la sua storia e le sue parole arrivassero a quante più persone possibili.
Durante le sue testimonianze al processo ha detto di aver fatto questa scelta per "cambiare la società" e per rappresentare tutte le donne vittime di stupro: "Forse una mattina una donna che si sveglia senza memoria penserà alla mia testimonianza", ha detto durante un'udienza. E anche: "Vorrei che le donne dicessero: ‘Se ce l’ha fatta la signora Pelicot, posso farlo anche io'".
Le udienze aperte al pubblico sono state da subito molto seguite, non solo dai giornali, e in alcune città francesi si sono tenute manifestazioni in suo sostegno.
La testimonianza finale di Gisele Pelicot
"Non ho molto altro da aggiungere a quello che ho detto quando questo processo si è aperto. La società a questo punto deve pensare a come banalizza un tema come quello dello stupro e della violenza di genere. Per un periodo di tempo ho pensato di essere malata, in realtà ora scopro che erano gli effetti dei farmaci che assumevo mio malgrado e che mi stordivano. Ogni giorno sembrava una condanna a morte per me", ha detto anche la 71enne durante la sua testimonianza finale.
"Perché trovo difficile odiare mio marito? Perché mi sento ancora una persona positiva, so che Dominique ha avuto un'infanzia complicata. Io non mi sentirò mai in pace con me stessa, imparerò a conviverci ma mi ricostruirò. Nonostante questo, ci saranno sempre 51 persone che mi hanno violata", ha aggiunto.
"Gli imputati non sono stati ingenui a presentarsi a casa mia. Non sono bambini, la coscienza deve entrare in gioco quando entri nella camera da letto di una persona incosciente. Non perdono le azioni di mio marito, so che è un predatore sessuale. Sono stata tradita e ingannata. Non avrei potuto immaginare neanche per un istante che fosse capace di cose del genere. I miei figli portano il suo cognome e anche i miei nipoti. Pensavamo di vivere con una brava persona".
"Io continuerò a chiamarmi Pelicot: appena questo processo si è aperto, i miei cari si vergognavano di questo nome. Oggi il mondo conosce Gisèle Pelicot, sa chi sono e voglio che i miei nipotini siano orgogliosi della loro nonna. – ha detto ancora la donna – Non voglio che si vergognino di portare quel cognome perché oggi è il mio, sarà sempre associato a quello che io ho fatto in quest'aula di tribunale".