Il governo Meloni non sa quanto ci costa portare ogni migrante in Albania
Nel corso della conferenza stampa in cui il governo ha presentato il suo nuovo decreto per provare a garantire il funzionamento del patto con l'Albania, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha evitato una domanda che era passata nelle teste di molti, negli ultimi giorni: quanto è costato quello che finora è stato un flop?
Ovvero, per la precisione, quanto è costato portare sedici persone migranti nei centri albanesi con una nave della Marina militare, poi riportarne in Italia quattro perché si è scoperto che non avevano i requisiti per essere lì (due erano minorenni e due fragili), e infine trasferire tutti i dodici rimasti a Bari, sempre con una nave della Marina? Oltre a ospitare queste sedici persone nei centri in questione per pochi giorni, prima che le decisioni dei giudici di Roma smontassero la procedura.
Le navi della Marina militare "hanno comunque dei costi"
La risposta del ministro ha fatto un giro attorno alla domanda. Per prima cosa ha detto che la nave della Marina militare in questione "ha comunque dei costi di esercizio", perché "non sono navi che sono ferme in un garage, hanno comunque un sistema di pattugliamento". Perciò, il costo della nave "andrebbe detratto". Anche se si può immaginare che, senza questo sistema, le navi della Marina sarebbero state impiegate in attività più utili rispetto a portare avanti e indietro dall'Albania una dozzina di persone.
Poi Piantedosi ha direttamente cambiato argomento: "Vi daremo conto di quanto ci costa il trasferimento dei migranti che arrivano in base a questo meccanismo elusivo che vogliamo combattere, e che noi distribuiamo tutti i giorni in tutta Italia, da Lampedusa verso i luoghi di destinazione…anche quello ci costa molto".
Quanto costa il sistema di accoglienza
Il ministro ha insistito su questa linea, allontanandosi ancora di più dalla domanda: "E quanto ci costa il sistema di accoglienza. Se voi fate questo ragionamento…". Piantedosi ha detto che con il piano Albania il governo non cerca "una prevenzione fine a se stessa o una deterrenza fine a se stessa", ma vuole "ricondurre a maggiore appropriatezza" la "spesa dell'accoglienza", cioè renderla "più indirizzata all'effettività del sistema".
Solo su questo punto, ovvero sull'accoglienza in generale, ha dato una cifra scollegata dalla domanda iniziale: "Un miliardo e 700 milioni di euro all'anno, il ministero dell'Interno spende per dare assistenza a delle persone che, stando alle statistiche, quantomeno per il 60/70% (e mi tengo basso) sono destinate a vedersi bocciata la propria domanda di protezione internazionale".
"Vi siete appassionati al costo dell'attraversamento in Albania"
Ancora senza rispondere alla domanda, il ministro ha detto che il costo dei trasferimenti in Albania (sconosciuto) "va inserito in questo quadro", perché "se questo sistema funzionerà, o meglio, allorquando funzionerà, non solo per l'Albania, ma dappertutto…". Non ha concluso la frase. Il suggerimento è sembrato essere che quando si applicheranno solo le procedure rapide, l'Italia risparmierà sull'accoglienza più di quanto spenderà per portare persone in Albania. Un fatto tutto da dimostrare, e che comunque non ha a che fare con il costo di questi primi trasferimenti.
Infine, ha spostato la questione sugli altri due centri già esistenti in Italia dove si applicano le procedure rapide, come dovrebbe avvenire in Albania: "Pure quando li portiamo a Porto Empedocle costa, eh? Pure quando li portiamo a Pozzallo costa. Vi siete appassionati al costo dell'attraversamento in Albania, ma non è che le navi non costano quando le mandiamo in altri centri. Però tutto va considerato". Il ministro ha concluso la risposta, quindi, senza dare alcuna informazione sul vero prezzo della prima operazione in Albania.