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Chi era Moussa Diarra, ucciso dopo aggressione ai poliziotti a Verona: “Problemi con il lavoro, era senza casa”

Moussa Diarra, 26 anni, è il giovane del Mali ucciso a Verona dopo l’aggressione agli agenti della Polfer avvenuta domenica 20 ottobre. Il giovane si trovava in Italia da 8 anni ed era tormentato dai problemi con il lavoro, i documenti e lo stipendio non ancora ricevuto.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Si chiamava Moussa Diarra il 26enne ucciso da un agente di polizia a Verona a colpi di arma da fuoco. Il 26enne era in Italia da otto anni e il suo stato di rifugiato politico non si era mai tramutato in permesso di soggiorno. Il giovane è arrivato nel piazzale della stazione Porta Nuova alle 5.30 e ha puntato due vigili che stavano rilevando uno scontro tra due motorini. Senza motivo avrebbe buttato a terra un agente per poi scagliarsi contro le vetrine di una biglietteria e di una tabaccheria all'interno della stazione, crepando i vetri ma senza far del male alla clientela. Alle 7.15, il 26enne è tornato con un coltello in mano. Un assistente del capo della Polfer gli ha chiesto i documenti e il giovane avrebbe reagito mantenendo il coltello alzato.

Il poliziotto ha estratto l'arma di ordinanza e Moussa gli si è avvicinato. L'assistente capo della Polfer ha fatto partire tre colpi e quello al petto è stato fatale. Nonostante i tentativi dell'agente di prestare soccorso prima che arrivassero le ambulanze, per il 26enne non vi era già più nulla da fare. Sul caso è stata aperta un'indagine.

Chi era Moussa Diarra, il giovane ucciso da un poliziotto a Verona

Moussa Diarra, era arrivato in Italia 8 anni fa. Il suo status di rifugiato non si era mai tramutato in permesso di soggiorno e il 26enne lavorava nei campi per pochi soldi. In diversi controlli delle forze dell'ordine aveva dato un nome falso.

Il suo nome figura tra gli ospiti della Ronda della Carità, unità di strada che offre pasti, docce, coperte e un tetto a centinaia di migranti che lavorano per pochi soldi tra le vigne della provincia e le fiere in città. Il 26enne un lavoro lo aveva, come asserisce Alberto del Laboratorio Paratod@as: il giovane lavorava nei campi, anche se il titolare gli doveva ancora 300 euro di stipendio e aveva più di un problema con i documenti.

Ultimamente, sempre secondo il volontario del centro che supporta i migranti senza casa, Moussa avrebbe avuto problemi legati alla depressione. "Aveva 26 anni – sottolinea -. C'era bisogno di sparargli?".

Verona, il racconto di commercianti e agenti

Il barista di un locale situato nei pressi della stazione ha raccontato al quotidiano La Repubblica di non aver mai visto prima quel 26enne. "Qui di disperati che entrano e urlano o che protestano perché un bicchiere d'acqua costa 60 centesimi se ne vedono" ha sottolineato. Due sabati fa, due agenti della Polfer avevano preso una pietrata in testa dopo aver chiesto i documenti a un 36enne di origini algerine mentre la sera prima, un 39enne aveva minacciato con una spranga ferrovieri e poliziotti che lo avevano ammanettato. "Non c'è nessun addestramento per fronteggiare un coltello se non estrarre l'arma – ha raccontato un collega dell'assistente indagato e ora sospeso -. Sei fortunato se torni a casa".

Non è la prima volta che componenti delle forze dell'ordine finiscono al centro di inchieste della magistratura: nel giugno del 2023, infatti, nella stessa città erano stati cinque agenti della volante per torture a danni di fermati all'interno della Questura.

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