Manovra, Turco (M5s): “Governo Meloni torna all’austerità, tradite le promesse su tasse e pensioni”
La legge di bilancio è arrivata, e dalle opposizioni parte l'attacco al governo Meloni per i contenuti, considerati deludenti. Fanpage.it ha chiesto a Mario Turco, vicepresidente del Movimento 5 stelle e senatore in commissione Finanze (nonché sottosegretario alla Programmazione economica e agli investimenti nel governo Conte bis), di commentare le parole dell'esecutivo e gli interventi su alcuni dei settori più sentiti, come la sanità.
Turco ha iniziato affermando che il ministro "Giorgetti non ne azzecca una", e che anzi "l'unica cosa che ha azzeccato è che i prossimi sette anni saranno anni difficili per gli italiani". Le destre, ha affermato il senatore, si sono rese responsabili del ritorno dell’austerity" firmando il nuovo Patto di stabilità europeo, e così "hanno decretato che i prossimi sette anni gli italiani dovranno pagare tasse o subire tagli alla spesa tra i 13 e i 16 miliardi di euro".
E in cambio arriverà solamente "una crescita dello zero virgola" del Pil, quindi "il conto verrà pagato dagli italiani con i tagli allo stato sociale, con i salari bassi e con la sanità pubblica che ancora una volta si terrà in un rapporto del 6,2% rispetto al Pil". Proprio la sanità ha fatto più discutere, e Turco ha sottolineato: "La spesa sanitaria in assoluto, cioè come spesa nominale, da sempre cresce. In economia i valori si misurano rapportando quella spesa al Pil".
Ora "questo rapporto che il governo Conte bis aveva portato al 7,4%" durante la pandemia, "negli anni 2025-2026 si ridurrà al 6,2%". La conseguenza di questo taglio è che "anche se Giorgetti aumenterà di 100 euro la spesa sanitaria, noi con quei 100 euro", a causa della "perdita di potere di acquisto", "se prima compravamo un bene, oggi ne compreremo metà".
Turco ha commentato anche le dichiarazioni ottimiste dell'esecutivo: "Il governo ha messo una maschera, quella della falsità. In questi giorni abbiamo invece scoperto una maschera diversa, che è quella della paura di Giorgetti, con l'annuncio dei sacrifici".
Il punto è che, anche per rispettare i paletti di bilancio delle nuove regole europee, il governo ha rinunciato alle sue promesse elettorali: "Non si parla più del superamento della legge Fornero, Salvini ha avuto addirittura gli elogi dal presidente Monti. Non si parla più dell'obiettivo della riduzione delle tasse, perché Istat nel primo trimestre del 2024 ha certificato un incremento della pressione fiscale dello 0,8%".
"Terza promessa non mantenuta di Forza Italia: le pensioni minime a mille euro. Forse aumenteranno di 20-30 euro, però il gioco delle destre europee e delle destre austeritarie è questo: ti do qualcosa, una briciola, e ti tolgo tutto il braccio".
Il vicepresidente del M5s ha commentato anche la rottura del campo largo, che "per noi non è mai esistito". Ciò che esiste, ha detto, è un "campo di discussione" che non deve mettere al centro "gli interessi di qualcuno o gli interessi personali". Non sarebbe una "questione personale nei confronti di Matteo Renzi", ma "una questione di prospettiva. Se oggi, ad esempio, in Senato, Italia viva ancora vota per il no alla tassazione sugli extraprofitti, già su questo non ci può essere convergenza".
Con il Pd invece "discutiamo, abbiamo dei temi in comune". La collaborazione va avanti, "abbiamo bisogno di mandare a casa queste destre per il bene del Paese", ma solo "a condizione che abbiamo poi la possibilità di poter governare per risolvere i problemi dei cittadini e soprattutto del mondo delle piccole e medie imprese".
Infine, Turco ha parlato dell'Assemblea costituente del Movimento, mettendo da parte la polemica tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte: "Passano in secondo piano, noi dobbiamo porre al centro dell'attenzione i temi", altrimenti il M5s "è bene che smetta di esistere". E tra i temi c'è una sua proposta: "Abbiamo la necessità di azzerare la disoccupazione", e in questo progetto c'è anche una "proposta per fissare un tetto alle retribuzioni dei top manager delle grandi società di capitali".
L'idea sarebbe di fissare un rapporto massimo di uno a dieci, tra gli stipendi più alti e quelli più bassi nella società: "Se il top manager vuole avere una retribuzione più alta, a questo punto ci deve essere un elastico, e deve aumentare anche l'ultima retribuzione dell'ultimo lavoratore dipendente di quell'azienda".