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L’Italia continua a ottenere i fondi del Pnrr dall’Europa, ma ne ha spesi meno della metà

Il governo ha recentemente festeggiato il versamento da parte dell’Ue della quinta rata dei fondi del Pnrr, mentre è stata inviata a Bruxelles la richiesta per la sesta tranche. Sul Piano nazione di ripresa e resilienza però si allunga l’ombra delle difficoltà nella spesa effettiva dei miliardi di prestiti e sovvenzioni, da completare obbligatoriamente entro il 2026. Per ora, solo 49miliardi sui 102 fino ad adesso ottenuti risultano spesi. Ma per paradosso, nessuno sa davvero se questa sia la cifra reale: colpa di un sistema di rendicontazione troppo complesso, che ha accumulato mesi di ritardi sui dati.
A cura di Marco Billeci
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L'Italia continua a cavarsela piuttosto bene nel rispettare le scadenze necessarie a ricevere i fondi del Pnrr, ma molto meno bene quando si tratta di spendere i soldi ottenuti. Dei circa 102 miliardi di euro erogati fin ora dall'Unione europea al nostro Paese nell'ambito del Next Generation Eu, infatti, a oggi ne risultano spesi 49,5 miliardi, meno della metà. È questo il quadro che emerge dai dati forniti dai tecnici del ministero dell'Economia in occasione di "Missione Italia", l'evento annuale organizzato dall'Anci, per fare il punto sullo stato di attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza.

Nell'ultima settimana il governo Meloni ha festeggiato due importanti traguardi nell'ambito del percorso tracciato dal Next Generation Eu: l'Italia infatti ha ottenuto la quinta rata dei fondi europei e ha fatto richiesta per la sesta tranche di pagamenti. Dietro le celebrazioni per i risultati raggiunti, però, c'è un elefante che si muove nella stanza del Pnrr. È quello della spesa effettiva degli oltre 194 miliardi erogati dall'Europa, sotto forma di prestiti e sovvenzioni, da impiegare tassativamente entro il 30 giugno 2026. A rilanciare l'allarme in merito è stato il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, quando durante la cabina di regia dedicata al piano di ripresa del 3 lugli ha invitato i soggetti titolari dei progetti a "spendere tanto e subito", per evitare di far saltare i conti.

I numeri del Pnrr

Secondo il presidente uscente dell'Anci Antonio Decaro, il monito di Giorgetti non sarebbe rivolto ai Comuni. "I sindaci hanno fatto bene il proprio mestiere – ha detto Decaro, durante la sua ultima relazione di fronte alla platea dell'Anci – I numeri a nostra disposizione dicono che i Comuni hanno impiegato finora 34 miliardi di euro per le gare, sui 40 che ci sono stati assegnati". I colpevoli dei ritardi dunque sarebbero da ricercare altrove, prima di tutto nelle stanze dei ministeri romani. Fatto sta che il bilancio provvisorio dell'attuazione del piano è abbastanza impietoso.

Stando alle cifre presentate dall'Ispettore Capo per il Pnrr del ministero dell'Economia Carmine Di Nuzzo durante l'evento "Missione Italia", su Regis (il sistema informatico destinato a raccogliere tutti i dati del piano di ripresa e resilienza italiano) sono registrati 250mila progetti. Per ognuna delle sei missioni originali del Pnrr (eccetto quindi Repower Eu, aggiunta dopo la revisione), sono stati programmati interventi per oltre il 90% del totale. Di questi 250mila progetti, però, solo 62mila risultano aver completato la fase di aggiudicazione dei bandi, mentre poco meno di 18mila sono stati ultimati. Conclusione: solo 49,5 miliardi sui 102 incassati dall'Europa risultano a oggi impiegati. E in buona parte si tratta di risorse usate per gli esborsi più "facili" da mettere in pratica, quelli per i crediti d'imposta, mentre per gli investimenti veri e propri la percentuale di spesa è ancora più bassa.

Il problema della rendicontazione

In realtà, il livello di impiego effettivo potrebbe essere più alto di quanto appare, come ha più volte sostenuto il ministro responsabile per il Pnrr Raffaele Fitto. Ma qui si apre un secondo fronte di criticità. Come detto, gli enti titolari dei progetti dovrebbero caricare tutte le informazioni circa lo stato di avanzamento delle opere sul sistema Regis, per fornirne un quadro quasi in tempo reale. Ma fin dall'inizio dell'attuazione del Pnrr, il caricamento dei dati su Regis si è rivelato particolarmente complesso e ha accumulato ritardi su ritardi,  restituendo quindi una fotografia sempre poco aggiornata dello stato del piano.

Fitto ha recentemente imposto una deadline al 23 luglio, affinché tutti i soggetti responsabili si mettano in regola con l'aggiornamento del sistema, almeno fino alla fine 2023. Il problema però – lamentano i sindaci – si annida anche in questo caso nelle stanze dei ministeri, che sono i responsabili primari delle erogazioni delle risorse. Sarebbero le strutture ministeriali a non fornire tempestivamente i riscontri e le autorizzazioni necessari, a completare i processi di rendicontazione. Così, sempre secondo i dati forniti dal Mef, 6887 rendiconti sono oggi ancora in lavorazione, mentre solo 1106 risultano approvati e di questi. appena 75 tra quelli presentati dai Comuni e dalle Città Metropolitane. Ha spiegato Di Nuzzo durante la kermese dell'Anci: "Non è un problema legato solo alla lentezza delle amministrazioni nell'approvare i rendiconti, ma anche di qualità delle rendicontazioni. I ministeri evidenziano che spesso  i rendiconti non sono completi, perché spesso la rendicontazione è complessa".

Insomma, con quasi tre quarti dei 194miliardi di fondi europei ancora da spendere, se non si trova un modo di velocizzare le diverse fasi dei processi burocratici l'Italia rischia davvero di non rispettare il traguardo più importante, quello finale del 30 giugno 2026. E altri numeri spiegano bene come fallire l'obiettivo sarebbe un colpo ferale per il nostro Paese. Stando alle cifre presentate dal Ragioniere Generale dello Stato Biagio Mazzotta, nel suo intervento davanti al parterre dell'Anci, le risorse complessivamente mobilitate dal Pnrr per i Comuni sono di oltre 34miliardi. Non riuscire a spenderle tutte, considerando anche l'entrata in vigore dei nuovi vincoli europei sul bilancio, significherebbe probabilmente tornare a un periodo simile a quello tra il 2010 e il 2017, quando gli investimenti a livello comunale crollarono, facendo segnare un meno 39%.

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