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Elezioni in Iran 2024, i candidati: scontro tra conservatori e incognita Pezeshkian dopo la morte di Raisi

Venerdì 28 giugno 61 milioni di iraniani chiamati alle urne per eleggere il nuovo Presidente dopo la morte in un incidente aereo di Ebrahim Raisi. Molti delusi potrebbero recarsi alle urne per tornare a votare un politico riformista: l’unico ammesso di questa corrente politica è il medico Masoud Pezeshkian.
A cura di Giuseppe Acconcia
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Venerdì 28 giugno 2024 61 milioni di iraniani sono chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente, in un paese in cui il 60% della popolazione ha meno di 30 anni. Se nessun candidato raggiungerà il 50% più uno dei voti al primo turno si andrà al ballottaggio il primo venerdì dopo l'annuncio dei risultati.

Il voto è stato anticipato al 28 giugno, rispetto alla scadenza naturale del mandato presidenziale pari a quattro anni nel 2025, per la morte improvvisa in un incidente aereo lo scorso 19 maggio nell'Azerbaijan orientale dell'ex presidente Ebrahim Raisi, del ministro degli Esteri, Hossein Amir-Abdollahian, insieme ad altre sette persone.

Primo ostacolo: la scarsa affluenza alle urne

Le elezioni presidenziali del 28 giugno in Iran saranno un banco di prova per verificare le divisioni interne al regime degli ayatollah. L'onda emotiva che ha spinto migliaia di iraniani a riempire le strade di Tabriz, Teheran e Mashhad durante gli imponenti funerali dell'ex presidente Raisi potrebbero galvanizzare gli elettori pro-regime e spingerli a recarsi in gran numero alle urne.

Una partecipazione al voto sotto il 50% renderebbe la tornata elettorale di giugno davvero debole agli occhi degli iraniani. Già alle parlamentari dello scorso primo marzo che videro una schiacciante vittoria conservatrice appena il 41% degli aventi diritto era andato a votare.

Come sono stati scelti i candidati e chi è stato escluso

Il voto è stato preceduto dalla consueta cancellazione preventiva di qualsiasi candidato considerato anti-regime da parte del Consiglio dei guardiani. I dodici ayatollah che ne fanno parte non solo hanno eliminato qualsiasi candidato scomodo per la Repubblica islamica ma anche politici con un loro seguito di voti che potessero mettere alla prova l'assetto istituzionale post-khomeinista.

74 potenziali candidati alle presidenziali su 80 sono stati eliminati dal Consiglio. Tra di loro spiccano i nomi degli ex vice-presidenti, Eshaq Jahangiri, e del riformista, Abbas Akhondi. Entrambi hanno chiesto di presentare ricorso ma non gli è stato concesso. La stessa sorte è toccata all'ex presidente, l'ultraconservatore Mahmud Ahmadinejad. Escluso alle presidenziali del 2024, era già stato cancellato nelle precedenti tornate elettorali dal Consiglio.

Non solo, non ha potuto prendere parte alla campagna elettorale il portavoce del parlamento, Ali Larijani. Era già avvenuto nel 2021 con il pretesto dei legami di sua figlia con gli Stati Uniti. Ancora una volta, nessuna donna è stata ammessa come candidata al voto.

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Mohammad Ghalibaf, il vero favorito

Sei sono stati i candidati ammessi alle presidenziali del 2024 dal Consiglio dei guardiani: cinque conservatori e un riformista. In un contesto politico di incertezza sul risultato elettorale, il principale favorito per la vittoria al voto del 28 giugno è Mohammad Bagher Ghalibaf, 62 anni, ex sindaco di Teheran e speaker del parlamento.

Ghalibaf è stato per anni ai vertici delle Guardie rivoluzionarie (IRGC), note per la violenza con cui hanno represso i movimenti studenteschi attivi nel paese. Sebbene la sua popolarità sia andata calando negli ultimi anni, potrebbe essere anche un candidato di primo piano per ricoprire la carica di nuova Guida suprema dopo Ali Khamenei.

Si tratta della carica politica più importante per gli assetti di potere in Iran, ben più rilevante per le dinamiche decisionali interne del presidente della Repubblica. L'altro candidato di establilshment che potrebbe diventare il nuovo presidente iraniano è Saeed Jalili, 58 anni, ultraconservatore populista, è stato a guida del Consiglio supremo di Sicurezza nazionale ed è membro del Consiglio per il discernimento che si occupa di risolvere le controversie tra Consiglio dei guardiani e parlamento.

Jalili si è opposto al negoziato che nel 2015 ha portato all'accordo sul nucleare tra Iran e i P5+1, i paesi del Consiglio di Sicurezza Onu e la Germania. Il politico si è anche espresso in favore della repressione dei movimenti di protesta che hanno attraversato il paese negli ultimi anni con l'uso della violenza.

L'incognita Masoud Pezeshkian

Masoud Pezeshkian
Masoud Pezeshkian

Se la maggioranza degli iraniani probabilmente boicotterà il voto di giugno, molti delusi potrebbero essere motivati a recarsi alle urne per tornare a votare un politico riformista. L'unico ammesso di questa corrente politica da parte del Consiglio dei guardiani è il medico Masoud Pezeshkian.

Chirurgo cardiovascolare, nato nell'Azerbaijan occidentale, è stato parlamentare per venti anni. Pezeshkian, 69 anni, è diventato noto in tutto il paese per aver cresciuto da solo i suoi tre figli in seguito a un incidente automobilistico che ha ucciso la moglie. La sua ammissione al voto è stata una sorpresa perché alle elezioni che tre anni fa hanno portato alla vittoria di Raisi, non erano stati ammessi candidati riformisti.

La figura principale di questo gruppo politico è Mohammad Khatami, ex presidente tra il 1997 e il 2005, aveva fatto sperare giovani e classe media per un cambiamento dall'interno dei meccanismi decisionali della Repubblica islamica. Tuttavia, il continuo veto del Consiglio dei guardiani gli ha impedito di ottenere risultati sostanziali. Masoud Pezeshkian, ex ministro della Sanità durante il secondo mandato di Khatami, ha cercato di riformare i servizi sanitari nelle campagne. E così la sua partecipazione al voto viene considerata da molti dissidenti iraniani come un tentativo da parte del regime per motivare l'elettorato più sfiduciato e anti-sistema a recarsi alle urne.

Chi sono gli altri candidati alle elezioni in Iran 2024

Mostafa Pourmohammadi
Mostafa Pourmohammadi

Come è avvenuto in passato, alcuni candidati di minor rilievo politico si sono ritirati all'ultimo momento dalla competizione per far confluire anche i loro voti sui candidati conservatori favoriti. Tra di loro ci sono Amirhossein Ghazizadeh Hashemi, ex vice-presidente di Ebrahim Raisi, e guida dell'ultra conservatrice Fondazione dei Martiri, e il sindaco di Teheran Alireza Zakani. Il politico radicale si è espresso in favore di misure economiche protezionistiche e per la rivalutazione della moneta locale, il rial.

L'ultra-conservatore, Mostafa Pourmohammadi, 64 anni, è stato ministro dell'Interno durante la presidenza del radicale Mahmud Ahmadinejad. Come Raisi, Pourmohammadi ha avuto un ruolo centrale nelle esecuzioni di migliaia di oppositori politici che hanno avuto luogo nel 1988.

La campagna elettorale

In campagna elettorale, Masoud Pezeshkian si è espresso in favore di un riavvicinamento con gli Stati Uniti e di una revisione degli stretti rapporti tra Teheran e Mosca, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Non solo, ha criticato l'uso della violenza da parte della polizia per imporre l'obbligo del velo.

Insieme a Mir Husein Mousavi e ad altri politici riformisti, Pezeshkian ha criticato la repressione poliziesca del movimento “Donna, vita, libertà!” dopo le imponenti proteste del 2022- 2023, innescate dall'uccisione della giovane curda Mahsa Amini da parte della polizia morale. Infine, Pezeshkian ha addebitato la crisi economica in Iran all’isolamento internazionale del paese, puntando il dito contro il calo di investimenti cinesi.

D'altra parte, nei dibattiti televisivi, i due principali candidati conservatori, Saeed Jalili e Mohammad Ghalibaf si sono espressi per una linea dura verso l'Occidente e contro nuovi negoziati sul nucleare iraniano. Non solo, in varie occasioni, hanno manifestato il sostegno alla repressione con la violenza contro le donne che non rispettano le norme restrittive sull'abbigliamento, implementate nel luglio 2023, dopo quasi un anno di manifestazioni contro l'obbligo dell'hejab.

Le critiche di Rouhani e i nuovi arresti

Un'opinione molto critica verso le procedure elettorali è arrivata dall'ex presidente moderato, Hassan Rouhani, al potere tra il 2013 e il 2021. Il tecnocrate ha accusato il Consiglio dei guardiani di aver svuotato il dibattito democratico e ridotto il ruolo degli elettori cancellando i candidati su posizioni critiche verso la Repubblica islamica.

“Non mi esprimo a difesa di me stesso ma del sistema repubblicano e islamico, a difesa dell'istituzione del presidente della Repubblica che rappresenta direttamente tutti gli iraniani e non dovrebbe essere indebolita”, ha argomentato Rouhani. Rouhani non ha potuto prendere parte al voto per l'elezione dei nuovi esponenti dell'Assemblea degli Esteri che saranno chiamati a scegliere il successore di Khamenei, come guida suprema. Uno dei possibili successori di Khamenei è proprio suo figlio Mojtaba.

Come se non bastasse, a conferma del clima repressivo in cui gli iraniani sono chiamati a recarsi alle urne, dopo le migliaia di arresti degli ultimi anni e gli almeno 500 morti nelle manifestazioni di piazza, due giornalisti sono stati arrestati e condannati durante la campagna elettorale. Yashar Soltani è stato condannato a 14 mesi e Saba Azarpeik a due anni. Entrambi avevano pubblicato inchieste in cui si parla delle accuse di corruzione contro il candidato favorito, Mohammad Ghalibaf.

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Le dinamiche geopolitiche

Il voto di giugno avviene in una fase molto delicata per la Repubblica islamica. Il contesto geopolitico vede l'Iran e la sua rete di alleati in Medio Oriente, dalla Siria all'Iraq, dal Libano allo Yemen, giocare un ruolo significativo anche per la guerra in corso a Gaza.

Il ruolo regionale iraniano è divenuto sempre più importante dopo gli attacchi reciproci tra Tel Aviv e Teheran dello scorso aprile. E così la vittoria di un politico radicale in Iran potrebbe contribuire ad aggravare le tensioni regionali e ad estendere ulteriormente il conflitto tra Israele e Hamas. Non solo, potrebbe favorire un grande trattato bilaterale di ampio respiro, che sarebbe già pronto, con la Russia di Vladimir Putin.

Le elezioni presidenziali in Iran, convocate in fretta e furia dopo la morte di Raisi, e con una brevissima campagna elettorale, potrebbero concludersi senza sorprese. Si tratterà con ogni probabilità di uno scontro tra conservatori e ultraconservatori, tra Mohammad Ghalibaf e Saeed Jalili, in cui peserà il dato sulla partecipazione elettorale e l'affluenza alle urne.

L'unico candidato riformista, Masoud Pezeshkian, servirà al regime principalmente per motivare una maggiore partecipazione elettorale mentre la maggioranza degli iraniani continua ad essere delusa dalle restrizioni imposte sulle libertà personali e sociali, in particolare di donne e lavoratori, nel paese ricco di petrolio.

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Giuseppe Acconcia è giornalista professionista e docente. Insegna Stato e Società in Nord Africa e Medio Oriente all’Università di Milano e Geopolitica del Medio Oriente all’Università di Padova. Dottore di ricerca in Scienze politiche all’Università di Londra (Goldsmiths), è autore tra gli altri de “Taccuino arabo” (Bordeaux, 2022), “Le primavere arabe” (Routledge, 2022), Migrazioni nel Mediterraneo (FrancoAngeli, 2019), Il grande Iran (Padova University Press, 2018).
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