30 anni fa la mafia uccideva il Generale Dalla Chiesa
Trent'anni fa, in via Isidoro Carini, a Palermo, una mano anonima scriveva: "Qui è morta la speranza dei siciliani onesti". Era il 3 settembre e la mafia aveva appena ucciso il Generale ex partigiano Carlo Alberto Dalla Chiesa e, con lui, la seconda moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente Domenico Russo. Reduce dalla battaglia condotta con successo contro le Brigate Rosse, il Generale era stato mandato a Palermo nella tarda primavera del 1982 a combattere la mafia. L'ex comandante dei carabinieri arriva nel capoluogo siciliano il 2 Maggio, tre giorni dopo l'assassinio di Pio La Torre, ma la sua battaglia contro Cosa Nostra non ha mai inizio. La criminalità organizzata è, evidentemente, più forte dei terroristi. A Palermo, Dalla Chiesa non si sente sostenuto dallo Stato e così affida a Giorgio Bocca su Repubblica la sua richiesta di aiuto. Quell'intervista rilasciata il 7 agosto è il documento della sconfitta dello Stato nella lotta alla mafia e sa tanto di presagio: «Un uomo viene colpito quando viene lasciato solo» queste le parole del prefetto che al giornalista denuncia la mancata attribuzione dei poteri promessi ei sospetti sugli intrecci mafia-Stato.
Qualche giorno dopo la Cupola decide la sua sorte: il 3 settembre di trent'anni fa, Carlo Alberto Dalla Chiesa cade sotto i colpi di Kalashnikov di un commando. Lui, la sua giovane moglie e il suo agente di scorta sono solo alcuni degli oltre 100 morti di mafia in quel "rovente" 1982. 100, come i giorni in cui il Generale venuto dal nord è riuscito a sopravvivere ai boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci. Gli stessi che dieci anni dopo non diedero scampo a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nel giorno dei funerali, l'indignazione della città di Palermo fece il paio con le parole dell'omelia del cardinale Pappalardo, tratte da un passo di Tito Livio: «Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici. E questa volta non è Sagunto, ma Palermo. Povera la nostra Palermo».
«Sono perfettamente d'accordo con mio fratello: quello di mio padre è stato un omicidio politico». A dirlo è stata Rita Dalla Chiesa, figlia del generale Carlo Alberto, a margine della commemorazione sul luogo dell'eccidio. « Mi piacerebbe tornare a Palermo – ha continuato la conduttrice – è una città che amo molto, qui ho ritrovato tanti amici e credo che per me la cosa più giusta sia continuare a stare nel posto in cui ritrovo papà». A Palermo sono arrivati anche il ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri e il Capo della Polizia Antonio Manganelli. Il Presidente della Repubblica in un messaggio inviato al prefetto di Palermo Umberto Postiglione, ha ricordato il generale: «Ricordare il sacrificio del generale Dalla Chiesa e dei tanti che ne hanno condiviso il destino a salvaguardia dei valori di giustizia, di democrazia e di legalità, contribuisce a consolidare quella mobilitazione di coscienze e di energie e quell'unione d'intenti fra Istituzioni, comunità locali e categorie economiche e sociali, attraverso cui recidere la capacità pervasiva di un fenomeno criminale insidioso e complesso».