Finale di settimana ricco di novità a Piazza Affari, non tanto per l’ennesimo tonfo che chiude la peggiore settimana da molti mesi a questa parte, complici prese di profitto scattate su tutti i principali titoli e settori a Milano come sulle altre più importanti piazze azionarie mondiali (dovute alle ripercussioni negative che la graduale riduzione degli incentivi monetari da parte della Federal Reserve, che già mercoledì potrebbe ulteriormente tagliare gli acquisti di bond sul mercato, rischiano di avere in particolare sui mercati emergenti e sugli emittenti percepiti come più rischiosi tanto in ambito azionario quanto obbligazionari), quanto perché a mercati chiusi sono state rese note un paio di novità che riguardano il settore del credito.
In primis Banco Popolare ha annunciato, a sorpresa, il lancio di un aumento da 1,5 miliardi di euro entro i prossimi 24 mesi (la cui sottoscrizione risulta già integralmente garantita da Mediobanca e Ubs) e il contemporaneo rimborso integrale per cassa del prestito obbligazionario convertibile “Banco Popolare 2010-2014 4,75%” da 1 miliardo alla data di scadenza naturale del prestito, il prossimo 24 marzo. L’operazione consentirà al Banco Popolare di superare ampiamente i requisiti di patrimonializzazione (7% di Core Equity Tier 1, più un “buffer” dell’1%) richiesti dalle autorità europee per le banche “sistemiche”: a fine operazione il Core Equity Tier 1 sarà infatti pari al 10%.
In questo modo Banco Popolare dovrebbe superare senza alcun timore gli stress test che la Bce attuerà nel corso dell’estate, potrà rafforzare la propria attività operativa (in base agli obiettivi che verranno indicati nel nuovo piano industriale 2014-2016/2018 che sarà approvato a fine faebbraio) e “posizionarsi in modo favorevole sul mercato al fine di cogliere opportunità derivanti dalla futura crescita economica”. Come dire che la banca guidata da Pier Francesco Saviotti non solo punta a guadagnare quote di mercato per via organica ma anche, eventualmente, tramite nuove acquisizioni che secondo i primi commenti a caldo da parte degli analisti finanziari potrebbero riguardare in particolare altre realtà popolari.
Se una grande popolare rompe gli indugi, un’altra viene colta in contropiede: Bpm, da tempo alle prese con un problematico tentativo di ammodernamento della governance e di superamento di una serie di conflitti d’interesse legati allo strapotere dei sindacati interni, precondizioni per poter lanciare un aumento da 500 milioni di euro deliberato più di un anno fa ma finora rimasto lettera morta, ha scoperto di aver perso per strada il suo primo socio singolo. Una lettera di Investimenti Strategici Milanesi Srl, società di diritto italiano, controllata indirettamente dalla Investindustrial di Andrea Bonomi,indirizzata alla banca e alla Consob, ha annunciato l’avvenuta cessione delle “azioni dalla stessa posseduta in Banca Popolare di Milano Scarl, riducendo la propria partecipazione al di sotto del 5% del capitale sociale della banca in data 20 gennaio e del 2% del capitale sociale della banca in data 23 gennaio us”.
Al 24 gennaio il gruppo Investindustrial non deteneva pertanto più alcuna azione di Bpm e che l’operazione abbia preso in contropiede la banca è abbastanza evidente dalle dichiarazioni rilasciate ancora il giorno prima al Sole24Ore dal nel amministratore delegato e direttore generale di Bpm, Giuseppe Castagna, secondo cui la priorità della banca sarebbe stata “l'aumento di capitale, per mille motivi”, da avviare “il più in fretta possibile” una volta approvato il bilancio 2013, definito il piano triennale e apportato le modifiche alla governance “che il mercato stesso, oltre alla Vigilanza (di Banca d’Italia, ndr), ci chiede”.
Modifiche di governance che secondo Castagna dovrebbero “dare agli investitori istituzionali quel peso che meritano e che devono permettere loro di puntare su di noi senza essere penalizzati”. Tra questi investitori non vi sarà tuttavia più l’erede di Anna Bonomi Bolchini, che non essendo riuscito a far passare le proprie proposte di rinnovamento della governance pare essersi accontentato di una cospicua plusvalenza: avendo rilevato circa 187 milioni di azioni ad un prezzo medio di carico attorno ai 35 centesimi, essere uscito a prezzi tra i 53 e i 47 centesimi implica un guadagno stimabile in non meno di 28-30 milioni di euro su circa 65,5 milioni investiti.
Sarà interessante ora vedere: chi investirà e a che condizioni in Bpm; quanto costerà a Mps il rinvio a maggio dell’aumento da 3 miliardi di euro deciso dal suo socio di controllo, la Fondazione Montepaschi; quando e a quali condizioni Banca Carige lancerà il suo aumento di capitale (che in teoria potrebbe arrivare a 800 milioni di euro, in pratica sarà probabilmente sui 500-600 milioni visto che l’istituto sta procedendo quanto più speditamente possibile sul fronte delle dismissioni). Altre domande interessanti potrebbero essere: chi approfitterà del momento critico di molte banche di media e piccola dimensione per fare shopping dopo che Tercas è finita alla Popolare di Bari e che Gianni Zonin, presidente di Popolare di Vicenza, si è detto pronto a “comprare subito” la Popolare di Marostica e mentre su Banca Marche continua ad essere nebbia fitta.
Una cosa è certa, il 2014 sarà un anno decisivo per cambiare il volto del credito italiano, dove si nota anche una presenza crescente di operatori di venture capital e private equity: lo testimoniano le ultime operazioni annunciate come l’investimento di 100 milioni tra azioni e obbligazioni nel gruppo Argenta, tra i principali operatori italiani nel settore dei distributori automatici, piuttosto che quello da 4 milioni di euro compiuto da Vertis Sgr anche in questo caso con un mix di azioni e obbligazioni emesse da Giplast Group, leader nazionale nella produzione di profili in abs e pvc per l’industria del mobile o la sottoscrizione in due tranche di un aumento di capitale da 9 milioni di Arav Fashion, produttore di abbigliamento e accessori per donna e bambino, deciso pochi mesi fa sempre da Vertis.