Unioni Civili: un Parlamento di servitori di due padroni, a testa
Alla fine è arrivato lo stralcio della "stepchild adoption" che hanno deciso di chiamare in inglese perché tradurla in "diritti e tutele per i bambini" avrebbe reso tutto molto più complicato. C'è da dire che hanno scritto una sceneggiatura con i fiocchi per arrivare alla scena finale. In confronto Machiavelli sembra uno sceneggiatore di telenovelas sudamericane: in Parlamento abbiamo visto e ascoltato di tutto, abbiamo osservato Giovanardi e Formigoni scufrugliare nelle abitudini sessuali degli altri, abbiamo dovuto sentire la prosopopea di Adinolfi, abbiamo annusato il Pd con i Dem e dentro i cattoDem e i prolife e le sentinelle, abbiamo osservato il Movimento 5 Stelle incartarsi su se stesso e abbiamo ricevuto lezioni di politica e umiltà e castità dal cardinale Bagnasco. Mancava solo Dracula contro i donatori di sangue e poi la schiera dei pericolosissimi inetti sulle poltrone della classe dirigente sarebbe stata completa.
Ma il danno più grave procurato da questo Parlamento (che nonostante la narrazione renziana ha la stessa spinta riformista di mia nonna verso le secolari tende di camera sua) è che i gay sono stati esposti al pubblico ludibrio. Ancora di più e ancora di peggio di com'era stato negli ultimi decenni di un Paese bigotto che si è chiusa in una borghesia morale patetica e falsa. Grazie al Parlamento tutti hanno potuto dire la loro sui gay. O sui froci. Sono state sdoganate le battute al bar, si è potuto essere omofobi travestiti da opinionisti politici, ci si è concesso di trovare la parola giusta per chiamare (senza irritare il dio cieco del conformismo) l'amore degli altri. E mentre ci dicevano che questo obbrobrioso rumore era il prezzo da pagare per avere la legga ora gli stessi dicono che la legge così com'era non c'è più e intanto quel borbottio medievale è diventato un peana di vittoria. La sconfitta vera del Parlamento sono queste facce unte che pur essendo minoranza possono continuare a convincersi di essere la normalità. Un Parlamento che riesce a scrivere una legge come l'avrebbe scritta il partito "dei simulatori benpensanti" che avrà sì o no il 10%.
Come nelle storie peggiori dove succede che il male, seppure piccolo, riesce ad avere la meglio su un bene grande ma disorganizzato così Angelino Alfano potrà sentirsi padre di questa legge monca che, vedrete, ci convinceranno comunque essere la "meno peggio possibile". È che il "meno peggio possibile" ci sta bene per una partita fuori casa della squadra del cuore, per i tempi di una fornitura da spedire a un cliente, per le gomme della nostra auto da cambiare, per lo sconto su un prodotto in promozione. Sulla pelle delle persone invece "il meno peggio possibile" brucia come un tatuaggio della mappa della mediocrità tutto intorno. Non ci sono "abbastanza" diritti: o ci sono oppure no.
Un Parlamento di servi, di servitori che vorrebbero farci credere di essere fedeli con un padrone mentre hanno già firmato i patti con l'altro. Come una commedia che serve solo a giustificare la messa in scena e loro sanno già come deve finire. Abbiamo un Parlamento di servitori che ci tradiscono e vorrebbero anche essere ringraziati. Avanti pure. I lavoratori, poi la scuola, poi i pensionati ed ora i gay: forse davvero finiremo per sentirci tutti uguali. Almeno questo.