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Umberto Eco e l’elogio della serietà

Al di là della vasta bibliografia e studi, al di là dei coccodrilli impacchettati per un turbo cordoglio, Umberto Eco ci lascia in eredità la serietà. Io sono grato a Umberto Eco per l’intelligenza e l’abnegazione con cui ha “ripotabilizzato” un senso che avrebbero voluto farci dismettere.
A cura di Giulio Cavalli
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Ci sono i libri, gli articoli arguti, i suoi rivoluzionari studi sulla fenomenologia di massa e l'alto senso politico nel suo fare: Umberto Eco è una distesa di ruoli, competenze e opere da poter scrivere un coccodrillo in suo onore lungo centomila battute. Forse per onorarlo ci sarebbe da scrivere almeno un libro, in suo ricordo, piuttosto che questi articoli di corsa scritti più per non omettere un virgolettato al dramma, in questo giornalismo così ossessionato dalla velocità di articolare memoria con tempi da fast food. E chissà che faccia farebbe Umberto Eco osservando questo web oggi tutto infeltrito da citazioni sue messe tra virgolette e appiccicate vicino ad una sua foto in bella posa: pensava che i social fossero la turpe pubblicazione delle chiacchiere dopo due bicchieri di vino ma forse proprio ora sarebbe scaldato dal ricordo partecipe, anche se in osteria.

Ma se dovessi pensare all'eredità lasciata da Umberto Eco, al netto delle sue opere, dico se avessi una sola parola per condensarne il lascito, ecco allora direi della sua serietà. Mica la seriosità dietro cui ogni tanto si blindava professorale mentre annusava il suo interlocutore ma la serietà che sta nella consapevolezza della propria dignità, nella compostezza di atteggiamenti, nel senso di responsabilità e del dovere e nella rispondenza ai principi di rettitudine e di moralità. Eco ha reso pop una declinazione morale che qualcuno avrebbe voluto dichiarare passata, vecchia, sconfitta e barbosa. Io sono grato a Umberto Eco per l'intelligenza e l'abnegazione con cui ha ripotabilizzato un senso che avrebbero voluto farci dismettere.

La politica, innanzitutto: Umberto Eco non si è inserito nella schiera di intellettuali sempre disinfettati che si consolano nell'essere custodi di memoria ma piuttosto ha voluto entrare, con il suo pesante e ostinato bagaglio culturale, nel tempo che ha vissuto. Le sue prese di posizione sul giornalismo, sul feticcio della verità, contro il berlusconismo e per ultimo sull'operazione Mondazzoli (che ha stanato una lauta schiera di pensatori convessi nei propri interessi mentre polemizzano con il resto del mondo). In un tempo di apolitica come garanzia del "non disturbare" Eco ha preso posizione, ha parteggiato scegliendo da che parte stare è stato di fondo un partigiano con i libri in pugno e in questo suo starci è stato molto più duro e sfrontato di come ci è stato raccontato. Ci ha raccontato una serietà non più ancorata alla moderazione o blanda verso la contemporaneità.

Umberto Eco era un ottimista. In un'intervista non molto tempo fa disse: «Ho raggiunto quello che il filosofo francese Emmanuel Mounier definiva ottimismo tragico. Penso che il mondo sia un posto immondo, ma ce la caveremo. Non sono drammaticamente preoccupato per i miei due nipotini, non credo ci sarà un olocausto atomico, anzi ci siamo più lontani oggi di qualche decennio fa». La passione con cui ha intrapreso la sua ultima avventura editoriale, seguendo Elisabetta Sgarbi fuori dal Grande Editore Unico e fondando la casa editrice "La Nave di Teseo" è l'immagine di un uomo che non poteva accettare di cadere nella tentazione di giudicare la società irredimibile. "Perché il progetto è l'unica alternativa alla Settimana Enigmistica, il vero rimedio contro l'Alzheimer" disse di questa sua ultima avventura. Velleitari? "Peggio, siamo pazzi", disse a Francesco Merlo che lo intervistava per Repubblica. Ecco: la serietà di essere pazzi.

Per questo ci mancherà Eco: per la rettitudine nell'essere serio senza prendersi mai troppo sul serio (benché lo facessero in molti con lui). Un giorno ad un giornalista che gli chiese cosa sarebbe stato di lui dopo la sua morte rispose «Non saprei. Magari nel mio prossimo libro ci sono dieci righe che ispireranno un bambino vietnamita, le leggerà e diventerà il salvatore dell'umanità». E lui ne ha cresciuti, di bambini. Mica solo vietnamiti. Buon viaggio, Umberto.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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