È una storia fuori dal tempo. Sicuramente fuori da questo tempo di rancori, bestialità, condanne facili e giudizi sommari rimpolpati dalla paura. Eppure anche questa storia accese gli animi più caldi: all'alba del di giorno di Pasquetta del 2011 un carabiniere, Antonio Santarelli di 34 anni, venne ucciso a bastonate dal giovane Matteo Torelli, poco più che maggiorenne. Due carabinieri di pattuglia avevano fermato la vettura di Gorelli per un controllo sulla strada d'uscita di un rave terminato da poco e mentre redigevano il verbale del risultato positivo all'alcol test vennero presi a bastonate: l'agonia di Antonio Santarelli durò un anno, fino alla morte e il suo collega rimase con delle gravi lesioni all'occhio.
Ci sono tutti gli ingredienti insomma per odiarsi per tutto il resto della vita, con la bava alla bocca e il dito sul grilletto: c'è il drogato cattivo e il carabiniere al lavoro, c'è il padre di famiglia con il giovane irresponsabile. Il cliché delle violenze imperdonabili, insomma. E invece no. Claudia Francardi (la vedova moglie dell'uomo dell'Arma) decise di invitare la madre di Matteo, Irene Sisi, all'ospedale di Montecatone dove il marito lottava inutilmente contro la morte. «E' nata un'amicizia, ed è l'unico modo per guardare al futuro con dignità», spiega Claudia Francardi al quotidiano La Repubblica e in un colpo solo spezza il cattivismo così di moda. «La ferita era comune, le nostre vita erano indissolubilmente legate da quell’enorme dolore – racconta Claudia – Da allora il dialogo è continuo».
Il perdono. Claudia e Irene ne hanno fatto una missione e con la loro associazione AmiCainoAbele provano a coltivare questo seme così difficile ma gratificante. «Si deve perdonare, il rancore ti condanna sempre all'istante del passato. Io ho cominciato a perdonare vivendo prima in pieno il mio dolore e tutta la rabbia», racconta Claudia che ha incontrato in questi anni anche il giovane assassino di suo marito. «Non è stato facile, lui non aveva dormito la notte prima, io ero in ansia. Ci siamo guardati, ci siamo abbracciati, nessuno trovava le parole, ma abbiamo trovato subito molte lacrime. Io gli ho raccontato chi era l'uomo che aveva ucciso. Bisogna guardare in faccia le cose per quelle che sono».
Claudi e Irene ora hanno deciso organizzare un rave, come quel maledetto giorno, ma questa volta vuole essere un "rave di sostanza" e non di strane sostanze: un'occasione per raccontare ai giovani la cultura della riconciliazione. Il giorno è lo stesso: 24 aprile a Rispescia nel parco regionale della Maremma, con musica dei 99 Posse e interventi di Gherardo Colombo e altri per riflettere sul tema del perdono. Loro, che avrebbero il diritto al funerale, fanno una festa insegnandoci la bellezza del condividere. Roba da non credere.
Lui, Matteo, sconta i suoi vent'anni di galera nel carcere di Bollate. L'ho conosciuto personalmente alla presentazione di un mio libro, proprio lì. È curioso, attento e si è buttato nello studio e nella poesia. Dopo la presentazione si è avvicinato e mi ha chiesto un paio di cose sottovoce. Un invisibile, per tutti quelli fuori: eppure è proprio dal letame che nascono i fiori. Si dice così.