“Tra vent’anni moriranno tutti di tumore”. Ecco le dichiarazioni di Schiavone alla Commissione Parlamentare
“Gli abitanti del paese rischiano di morire tutti di cancro entro venti anni” afferma Carmine Schiavone -il pentito ex-ragioniere del clan dei Casalesi- nelle dichiarazioni rese alla Commissione Bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti già nel 1997. “Non credo che si salveranno gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via avranno forse venti anni di vita!”. Un racconto dell'orrore lungo quindici anni, che comincia alla fine degli anni Ottanta e che parla di cave già all'epoca colme di rifiuti tossici, persino nucleari, provenienti dal Nord Italia e da tutta Europa. Un affare che frutta al clan dei Casalesi migliaia di miliardi di lire, gestito dalla camorra in combutta con politici locali e nazionali, assieme ai collegamenti massonici con la Loggia P2 dei colletti bianchi del traffico di rifiuti. Ecco le dichiarazioni che hanno fatto tremare il Paese e che il pentito Schiavone ha parzialmente anticipato nelle interviste rilasciate questa estate, con una dettagliata descrizione dei luoghi dove sono avvenuti gli sversamenti illeciti -mai bonificati nei sedici anni successivi. Il documento è rimasto secretato fino ad oggi e reso accessibile al pubblico grazie all'intervento dei parlamentari del Movimento 5 Stelle.
“La vicenda è iniziata nel 1988, ad Otranto, dove venni avvicinato dall'avvocato Pino Borsa e Pasquale Pirolo, i quali mi fecero una proposta relativa allo scarico di fusti tossici”. Il racconto di Schiavone prosegue: “Mi si rispose che sarebbe stato un buon business per far entrare nelle casse del clan soldi da investire, ma il paese sarebbe stato avvelenato perché i rifiuti avrebbero inquinato le falde acquifere”. Il boss sottolinea che alcuni scavi -del tutto abusivi- arrivano alle falde. Le buche servono per estrarre materiali economici e friabili da utilizzare per il ripianamento dello strato di suolo sottostante la superstrada Nola – Villa Literno, in barba al capitolato d'appalto che prevede l'utilizzo di sabbia e detriti speciali più costosi.
Scavi profondi 20 metri, che scendevano sotto alla falda acquifera. Il ragioniere dei Casalesi pensa di riempirli di rifiuti tossici, ma viene a sapere che l'attività è già cominciata in accordo con l'avvocato Cipriano Chianese, padrone di una delle peggiori discariche della Campania, la Resit -inserita nelle aree da bonificare per l'inquinamento conclamato del sottosuolo. Il traffico è gestito da Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti, insieme a Gaetano Cerci – che ha contatti al Nord. Il compenso dato ai padroni dei fondi su cui viene effettuata questa attività è di 7-10 milioni di lire, ufficialmente le buche devono servire per il deposito dei terreni provenienti da un'opera di unificazione di due rivoli dei Regi Lagni: “In realtà, fu usato in parte solo per coprire i rifiuti”.
La superstrada Nola – Villa Literno, il cosiddetto Asse Mediano, viene costruita tramite subappalti affidati alle società dei Casalesi. Questo viene affermato da Schiavone, secondo cui il gruppo Italstrade che deve realizzare l'opera per un importo di 16 miliardi di lire, passa i lavori a ditte legate alla camorra di Casal di Principe ed al gruppo Alfieri (la Nuova Famiglia). Le stesse ditte gestiscono i lavori ai Regi Lagni, un consorzio di circa quindici società chiamato ICAR -questo fa affermare a Schiavone: “Noi potevamo fare tutto”, ovvero riempire gli scavi lungo il suo percorso di rifiuti tossici.
Dietro allo stadio di Casal di Principe arrivano camion dal Nord e vengono trovati fusti con sostanze tossiche, Schiavone lo afferma già nel 1997 alla Commissione Bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, lo ripete nell'estate 2013 alle telecamere di diverse televisioni. “Le cave erano sistematicamente piene di immondizia” dice il boss, sia quelle nei pressi dell'asse mediano in costruzione, sia quelle nei pressi della strada Domiziana -dove al posto di allevamenti ittici, si interrano rifiuti tossici. Da questo traffico arrivano 100 milioni di lire al mese nelle casse del clan, ma in realtà i Casalesi traggono ben 700 milioni dal traffico.
All'affare dei rifiuti partecipano diversi clan, oltre ai Casalesi, ci sono i Polverino, i Mallardo ed i Nuvoletta -legati a Cosa Nostra siciliana ed al gruppo dei Corleonesi di Riina, usciti vincitori dalla guerra di mafia anche in Campania ma che avevano difficoltà a controllare lo smaltimento illegale. L'area interessata riguarda il Casertano, parte del Beneventano fino al Lazio, finanche nel lago di Lucrino. “Lo smaltimento illegale dei rifiuti in provincia di Latina avveniva già prima del 1988” rivela il pentito alla Commissione. Nel Napoletano fino a Salerno agivano Alfieri e la Nuova Famiglia, ma verso il Molise erano sempre i Casalesi a dettare legge: “Se vogliono, possono arrivare anche a Milano”. Più in generale, fino al 1992: “La zona del Sud, fino alle Puglie, era tutta infettata da rifiuti tossici provenienti da tutta Europa”.
L'affare dei rifiuti diventa il business principale dei Casalesi dopo il 1990, ma l'interramento avveniva già prima per iniziativa di boss come Bidognetti e Iovine. “Versavamo le quote alle casse dello stato… del Clan… è lo stesso, mi confondo” queste le inquietanti dichiarazioni del pentito “La mafia e la camorra non potevano esistere se non era lo Stato… Se le istituzioni non avessero voluto l'esistenza del clan, questo avrebbe potuto esistere?” Il clan arriva a scaricare rifiuti sulla strada del cimitero proprio per sfidarlo, lo Stato, “e dimostrare che potevano addirittura scaricare l'immondizia su una strada, sbarrandola”.
Qui il reportage di Fanpage sulla Terra dei Fuochi