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Sulla lettera di de Magistris a Franceschini: sindaco ma lei ci va a teatro?

Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris invia una lettera pubblica al Ministro della Cultura Dario Franceschini per chiedergli di rivedere i tagli previsti dalla nuova riforma del teatro. Ma in questa missiva c’è qualcosa che non quadra…
A cura di Andrea Esposito
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Com’è noto a Napoli l’eccezione è la regola. Per questo sono tutti d’accordo con il sindaco Luigi de Magistris che due giorni fa ha inviato una lettera pubblica al Ministro Dario Franceschini per lamentarsi dei tagli inferti ai teatri e alle compagnie cittadine, invocando un suo intervento “affinché possa essere riesaminata la delicata questione attraverso una nuova e diversa valutazione”. Come a dire, appunto, facciamo un’eccezione!

Ma quali sono gli esempi concreti, seppure espressi – come ci tiene a precisare il sindaco – solo a titolo “indicativo”, che compaiono nella lettera in questione? Eccoli: Elicantropo, Augusteo, Teatro Cilea, Galleria Toledo, Sala Assoli, Teatro Totò, Sannazzaro, compagnia Enzo Moscato, Le Nuvole… Al che viene da chiedersi: come fanno queste realtà, così diverse tra loro, a ritrovarsi “tutte insieme appassionatamente” in una lotta istituzionale contro la Riforma, contro il Ministero, al fianco di de Magistris? Insomma, solo a me suona strano questo fritto misto?

Senza farla tanto lunga, la verità è che a Napoli tra tante eccellenze, quella che le supera tutte è: “l’arte di lamentarsi”. È una febbre contagiosa che mette sempre d’accordo tutti. E i social da questo punto di vista non aiutano. Quando si tirano fuori argomenti come la “tradizione”, il “prestigio culturale”, tutti se ne vanno fuori di testa. Proprio così, perché l’altra, amara, verità è che Napoli da circa vent’anni non produce più granché. O almeno produce novità ed eccellenze, ma non coltiva più qui, diciamo che delocalizza un po’ “ad capocchiam”. Dobbiamo fare i soliti esempi? Da Latella a Borrelli…

Ma torniamo alla missiva del nostro sindaco che sembra proprio un concentrato, qualunquista e bonario, che ci dice molto sull’approssimazione con cui si trattano le politiche culturali. È uno specchio fedele della mentalità di un’intera classe dirigente. Intendiamoci, de Magistris è tutt’altro che un ingenuo, fa il suo mestiere, peraltro con grande tempestività e in pieno Ferragosto, di questo gli va dato atto. Ma le finalità sono esclusivamente politiche, una captatio benevolentiae, e gli argomenti del tutto velleitari.

C’è poi un altro punto. Nella lettera lo stesso de Magistris ricorda di aver manifestato grande soddisfazione “per il giusto riconoscimento di Teatro Nazionale allo Stabile ‘Mercadante – San Ferdinando’ che costituisce un'importante vittoria per la nostra città”. Appunto, verrebbe da dire: abbiamo voluto il Teatro Nazionale, pur avendo presentato una candidatura giudicata artisticamente molto scarsa e palesemente screditata quantomeno sul piano personale, e mò pedaliamo… (si guardi soltanto a ciò che è successo con il concorso per l’assunzione dei nuovi dipendenti, appena dopo il riconoscimento a “Nazionale”, e su cui è in corso un’inchiesta).

Tutti sanno che quel progetto, lo Stabile di Napoli, è fallito da anni, da prima di De Fusco. Nato poco più di un decennio fa dall’entusiasmo culturale e politico di una stagione ormai irripetibile sul piano delle disponibilità finanziarie è stato tenuto in vita negli ultimi anni con i fondi europei del Napoli Teatro Festival Italia. Ed ora d'un tratto dovrebbe trasformarsi in un hub super efficiente, capace di portare avanti le eccellenze del territorio e di mettere in cantiere grandi progetti culturali, senza trascurare la danza, la nuova drammaturgia… ci vorrebbe non un direttore, ma un pool di super manager culturali. Ce la faremo? E col Napoli Teatro Festival? Ben gestiti solo queste due realtà potrebbero fare e come per il teatro a Napoli.

Insomma, l’eccezione di cui sopra, l’abbiamo già avuta. È evidente a tutti. Ed ora che cosa si chiede al Ministero? Di mantenere in vita, così com’è, un sistema ritenuto da de Magistris “ricchissimo di proposte, temi, esperienze, sempre aperto ad un confronto vivo, continuo e straordinario tra innovazione e tradizione”. Ma davvero? Ricchissimo di proposte? Di confronto vivo? Sembra proprio che il Sindaco non vada a teatro… Se ci andasse vedrebbe quello che vediamo tutti – intendo chi si occupa a vario titolo di teatro e il pubblico – e cioè: lo squallore e la desolazione. E poi lo sconforto e lo scoramento.

Se frequentasse il teatro de Magistris vedrebbe un sistema in cui lo Stato per lo più distribuisce piccole regalie per la sopravvivenza di realtà che o sono imprese private a vocazione esclusivamente commerciale, e quindi facessero impresa, o antiche roccaforti da anni in gravi difficoltà e che difficilmente riescono a collocare la propria offerta su un mercato culturale completamente mutato. Mentre per quel che riguarda l’occupazione di risorse, quello che è in piedi oggi non è un sistema, è un disastro in costante contrazione che va comunque ripensato e reinventato. Chi ci lavora lo sa.

Sono anni duri, di rivoluzione, questo è certo, e la riforma pur avendo un'idea di fondo è piena di storture. Ma purtroppo o per fortuna tocca a noi, adesso, “rifondare”, una volta capito che “rinnovare” un tessuto in cancrena non è più possibile. Anzi non lo è mai stato, ci siamo illusi. Il teatro di ricerca del futuro, se ci sarà, un anti mainstream, sarà del pubblico e senza fondi pubblici, delle comunità, sarà itinerante, legato a specifici progetti, (in)stabile. Mettiamocelo in testa. Ed è inutile prendersela poi con il Circuito Teatrale Campano che, ben foraggiato, dovrebbe fare più cultura e meno entertainment. Con la politica è così, c'è chi prende e chi no, è un retaggio che viene da lontano e da cui nessuno è immune.

Il Teatro Bellini ce la farà, ora smettiamola di dire che è stato “declassato”, non gli fa onore né, alla lunga, buona comunicazione. Diciamo piuttosto che è stato “mal collocato”, ma i fondi che ha avuto sono cospicui e col tempo si aggiusterà anche la nomenclatura adattandola meglio alle sue funzioni. I fratelli Russo hanno tutte le competenze e la tenacia per vincere questa battaglia, ormai, come loro stessi mi hanno detto "quello che abbiamo iniziato da cinque anni a questa parte è irreversibile". Gli artisti più anziani forse dovranno fare dolorose rinunce o spericolate gimkane per sopravvivere. È il teatro ed è il nostro tempo. Cerciello è un artista stimato e conosciuto anche al nord, i suoi spettacoli piacciono e coinvolgono, questa è la sua forza e da qui ripartirà, ancora una volta. Le nuove realtà come il Nest di San Giovanni a Teduccio e il Nuovo Teatro Sanità, già stanno sperimentando questo “reboot”, un riazzeramento organizzativo, un ripensamento complessivo dell'offerta e delle modalità di gestione, e non devono prendersela per essere stati esclusi. Naturalmente Gelardi fa bene ad andare fino in fondo laddove ci sono irregolarità. Però loro, e molti altri che mi scuso per non aver citato, sono in un certo senso in "vantaggio" perché la rivoluzione la stanno già facendo.

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