In questi giorni vi stiamo raccontando quello che sta succedendo a Tor Sapienza, con la “rivolta” nei confronti degli ospiti del centro per rifugiati e le più o meno gradite visite di esponenti politici locali ed amministratori (mentre il Governo ha scelto di lavarsene le mani ed il Pd ha preferito abbandonare al proprio destino il sindaco di Roma Ignazio Marino). Intorno alla vicenda è esploso un dibattito variegato e le analisi si sono concentrate su diversi livelli di profondità: dalla specificità del caso romano (i 4 campi solo al Prenestino), ai problemi delle periferie, dalla crisi economica che ha esasperato i ceti meno abbienti alle lacune normative nei processi di accoglienza / espulsione dei clandestini e via discorrendo. Su una cosa però analisti e commentatori sembrano concordare: sulla crescita del fronte dell’odio, della rabbia e dell’indignazione, soprattutto nelle periferie dei grandi centri urbani. Sentimenti certamente coltivati da una certa parte politica ma anche nutriti da una sequela impressionante di notizie false, esagerazioni, allarmismi e speculazioni che hanno trovato nei social network dei megafoni formidabili.
Tutto o quasi ruota intorno al denaro, alle risorse che lo Stato dilapiderebbe per soccorrere, accogliere e assistere gli immigrati che raggiungono le nostre coste. Abbiamo già provato a chiarire, ad esempio, le esatte dimensioni dell’impegno finanziario del nostro Paese nell’operazione Mare Nostrum, oppure a far chiarezza sull’insussistenza di quel “l’Europa non ci aiuta”, vero tormentone degli ultimi mesi, o sul fatto che la spesa per l'immigrazione sia meno del 3% della spesa sociale; ma le informazioni parziali e decontestualizzate sul tema sono tante e così surreali che resta difficile finanche impostare un debunking più o meno serio. Si consideri ad esempio la questione dei costi totali, spiegata in maniera surreale da un (cliccatissimo) pezzo de Il Giornale, in cui si stima in 12 miliardi di euro l’anno il costo degli sbarchi:
“I capitoli più costosi sono la sanità (3,6 miliardi) e la scuola (3,4). I trasferimenti monetari (assegni familiari, pensioni e sostegni al reddito) valgono 1,6 miliardi. Eclatante il dato della giustizia: 1,75 miliardi […] Un immigrato che accetti di essere registrato nei centri di accoglienza costa alla collettività 2.400 euro, il doppio dello stipendio di un agente addetto ai controlli. Il conto è semplice. Si parte dalla «diaria» di 30 euro al giorno per le spese personali: 900 euro esentasse, più di molte pensioni e casse integrazioni. Altri 30 euro al giorno vanno come rimborso a chi li ospita (bed&breakfast, case private, ostelli). Aggiungiamo un'assicurazione mensile di 600 euro e si arriva alla rispettabile somma di 2.400 euro mensili spesi dallo Stato per ogni straniero sbarcato e assistito”
Un minestrone in cui coesistono numeri veri, bufale, imprecisioni, inesattezze e vere e proprie invenzioni: il risultato è la trasmissione a catena di informazioni errate e strumentali ad un certo racconto. Ma il discorso sull’utilizzo strumentale di dati e cifre (tra decontestualizzazioni, forzature e falsificazioni) è evidentemente lungo e complesso (si potrebbe citare, ad esempio, il miliardo e mezzo speso per la sorveglianza coste, dato vero ma da distribuire nel periodo 2005 – 2012). Meglio provare a chiarire alcuni punti, a cominciare dalla “retribuzione giornaliera” che lo Stato corrisponderebbe agli immigrati.
Ecco, molto semplicemente: lo Stato non corrisponde neanche un singolo euro agli immigrati clandestini che vivono nel nostro Paese. Il discorso è invece in parte diverso per i richiedenti asilo, i rifugiati e gli "ospiti" dei Cie, Cda, Cpsa e Cara. Ogni migrante trattenuto in un centro di accoglienza riceve infatti in media circa 2,5 euro, il cosiddetto pocket money che dovrebbe servire alle piccole spese giornaliere (effetti personali, bevande calde ai distributori e sigarette). Come si vede, siamo ben lontani dalla cifra di 30 / 40 euro al giorno di “retribuzione”, rilanciata continuamente dalla presunta “controinformazione”. Tra l’altro, come rilevato dall’inchiesta di Repubblica, ci sono seri dubbi sulle modalità e sull’effettività dell’erogazione del contributo, che spesso finisce per ingrassare speculatori ed affaristi, che letteralmente prosperano sulla pelle dei migranti.
Per tutti i servizi connessi all’accoglienza e al mantenimento dei migranti nei Cie lo Stato spende circa 30 euro al giorno. Discorso in parte diverso per quel che concerne i Cara (i centri di accoglienza per richiedenti asilo) e la messa a disposizione di posti straordinari per la prima accoglienza dei cittadini stranieri, gestiti da cooperative o da privati. È interessante precisare però che il “reclutamento” delle strutture non è a totale discrezione delle prefetture (il riferimento è ai fantomatici hotel 5 stelle lusso con piscina, sauna e sala giochi in cui sarebbero ospitati i migranti), ma avviene con un “modulo precompilato” con procedure e standard fissi, messo a disposizione dal ministero dell’Interno. Il gestore che stipula la convenzione si impegna ad offrire “servizi di gestione amministrativa, di assistenza generica, di pulizia e igiene ambientale, di erogazione dei pasti”, nonché all’erogazione del pocket money (che per i nuclei familiari non può superare i 7,5 euro) e di una tessera telefonica di 15 euro. La somma complessiva per singolo ospite del centro varia a seconda degli accordi tra prefettura e gestori, ma in media si aggira sui 40 euro che, come spiega Daniela Di Capua, direttrice del servizio centrale Spar a Redattore Sociale, “servono a pagare gli operatori, l’affitto ai privati degli immobili, i fornitori di beni di consumo. Una piccola quota va per gli interventi di riqualificazione professionale, come i tirocini, orientati a permettere ai migranti di vivere in autonomia una volta usciti dal sistema di accoglienza […] Queste risorse fanno parte di un fondo ordinario del ministero. Non sono spese straordinarie”.
Per i minori le cifre salgono, come si legge su Internazionale: "Il costo pro capite varia a seconda delle rette delle singole comunità di accoglienza […] Le rette possono dunque superare anche i 140 euro, ma per quelli che rientrano nello Sprar, indipendentemente dalla rette della comunità, noi eroghiamo 80 euro al massimo”.
Insomma, per farla breve: ai clandestini che dimorano nel nostro Paese non diamo nulla, a chi è in attesa di risposta alla domanda di tutela come profugo o rifugiato politico o a chi risiede nei centri di accoglienza o di identificazione diamo 2,5 euro al giorno. Quando questi soldi arrivano nelle loro tasche, ovviamente. Se cercate "chi ci guadagna" da questa situazione, converrà volgere lo sguardo altrove.