Processo Ilva a Taranto, centinaia di manifestanti presidiano il Tribunale (VIDEO)
“Ilva come Eternit”, è solo una dei forti slogan che si leggono oggi davanti al Tribunale di Taranto dove è in corso il processo allo stabilimento d’acciaio Ilva. Il palazzo di giustizia è stato preso d’assalto da centinaia di persone, tra rappresentanti di associazioni ambientaliste, studenti e cittadini, che si sono presentate in via Marche in vista dell’incidente probatorio con al centro la maxi perizia sull’inquinamento dello stabilimento siderurgico. I quattro consulenti nominati dal gip Patrizia Todisco sono al lavoro per stabilire se le emissioni di fumi e polveri dell’Ilva siano nocive alla salute degli operai del colosso industriale e dei cittadini di Taranto e paesi limitrofi e se nella fabbrica siano rispettate le misure di sicurezza necessarie per scongiurare la dispersione delle sostanze tossiche quali la diossina, Pcb e benzopirene.
I manifestanti a Taranto chiedono verità – Tutti coloro che si sono radunati fuori al Tribunale l’hanno fatto, come ha spiegato Rosella Balestra del Comitato Donne per Taranto, per “far capire che comunque Taranto c’è, che la città è sveglia e non è disposta a subire supinamente quello che abbiamo subito per anni”: i manifestanti hanno esibito striscioni e cartelloni che riportano la loro rabbia per quello che accade a causa dell’Ilva. Messaggi come “noi beviamo latte alla diossina”, “sono vedova da 30 anni e attendo giustizia” mostrano la necessità di giustizia di coloro che hanno subito nel corso di questi anni gli effetti dell’inquinamento. Molti di loro indossano un fazzoletto bianco al braccio e nella folla ci sono anche il presidente del Fondo antidiossina onlus, Fabio Matacchiera, il presidente di Peacelink Taranto, Alessandro Marescotti e Luigi Boccuni del cartello di associazioni ambientaliste e cittadini Altamarea.
Attualmente nel procedimento sono cinque gli indagati, i vertici dello stabilimento siderurgico: Emilio Riva, presidente dell’Ilva fino al 19 maggio 2010, il figlio Nicola suo successore, Luigi Capogrosso, Ivan Di Maggio e Angelo Cavallo. I reati loro ipotizzati sono disastro colposo e doloso, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, avvelenamento di sostanze alimentari, inquinamento atmosferico, danneggiamento aggravato di beni pubblici e sversamento di sostanze pericolose. Le indagini sono partite circa tre anni fa quando furono ritrovate tracce di sostanze inquinanti nei formaggi provenienti dagli allevamenti di pecore che pascolavano vicino alla zona industriale.