Sgarbi si dimette dopo la delibera dell’Antitrust e annuncia: “Farò ricorso al Tar”
Dopo l'annuncio delle dimissioni da sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi fa sapere che ricorrerà al Tar sulla delibera arrivata dall'Antitrust, secondo cui la partecipazione a conferenze, mostre e presentazioni non è compatibile con l'incarico governativo. "Mi sono dimesso per essere Sgarbi. Se mi dicono che non posso fare conferenze, o presentare mostre o libri visto che sono sottosegretario, io mi dimetto. La norma applicata dall'Antitrust non distingue da prestazioni pagate o gratuite. Sono stato chiamato per la mia competenza, ma se non posso fare Sgarbi mi dimetto", ha detto ieri il critico d'arte, raccontando che "l'Antitrust ha mandato una molto complessa e confusa lettera, dicendo che aveva accolto due lettere anonime" inviate dal ministero della Cultura.
In un'intervista al Corriere della Sera, Sgarbi oggi spiega che queste due lettere anonime sarebbero state inviate da "un tale Dario Di Caterino" e aggiunge: "Mi odia perché voleva lavorare con me e io invece non l'ho assunto (…) È stato rubato l'account del ministero con tutti i dati di quello che ho fatto". Sgarbi annuncia che farà denuncia alla polizia postale. E dice che sia stato il ministro Gennaro Sangiuliano a fare avere quelle lettere all'Antitrust. "Chiunque riceve una lettera anonima prima di tutto parla con il suo collaboratore, non le manda a scatola chiusa", lamenta Sgarbi.
Per poi proseguire: "All'Antitrust ho fatto una relazione per segnalare che sono presidente di diversi musei, di Ferrara del Mart di Rovereto, fino a giovedì lo sono stato anche della Fondazione Canova". E ancora: "È evidente che il testo dell'Antitrust sia senza fondamento. Le attività di cui parla, dichiarandole incompatibili, sono certo frequenti, ma restano occasionai. Il Tar non può non riconoscere questo aspetto".
Quello delle cosiddette consulenze d'oro non è l'unico caso scoppiato sull'ormai ex sottosegretario Sgarbi negli ultimi mesi. C'è anche un'indagine penale in corso per un quadro rubato di Manetti. Su questo il critico afferma: "Sono tutte invenzioni del Fatto Quotidiano e di Report, che hanno fatto i piccoli poliziotti dando retta a Di Caterino e al restauratore Gianfranco Mingardi, tutti e due avevano ragione di avere astio e odio nei mie confronti ma posso dimostrare che sono tutte falsità".