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Pensioni, il governo pensa a una nuova Ape donna nel 2024: i requisiti e chi potrà utilizzarla

Il governo Meloni sta lavorando alla riforma delle pensioni, e potrebbe cancellare Opzione donna per sostituirla con un nuovo regime: Ape donna. Si tratterebbe dell’attuale Ape sociale, ma a condizioni agevolate per le lavoratrici.
A cura di Luca Pons
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Addio Opzione donna, largo ad Ape donna. Ovvero a una versione dell'anticipo pensionistica studiata specificamente per le lavoratrici. È questa una delle ipotesi sul tavolo del governo in vista della prossima manovra, fatta circolare nelle ultime ore.

Opzione donna è uno dei tasti dolenti per il governo Meloni. Il regime di pensione anticipata per le donne doveva essere confermato e rafforzato quest'anno, stando alle promesse elettorali del centrodestra, e invece è stato ridotto con paletti molto stringenti. Ad oggi, può andare in pensione con Opzione donna chi ha 60 anni di età (oppure 59 anni se ha un figlio, o 58 anni con due o più figli), ha almeno 35 anni di contributi e rientra in una di queste categorie: caregiver, persone con disabilità superiore al 74%, dipendenti (o licenziate) di un'azienda in crisi. Si tratta perciò di pochissime donne.

"In media le donne di 62 anni di età hanno versato 28 anni di contributi", ha detto oggi il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon. "Questo deve aprire una riflessione su come aiutare queste donne a non arrivare alla pensione a 67 anni. Vedremo di dare ristoro alle donne che non hanno potuto maturare l'assegno previdenziale per varie vicissitudini, per permettergli di andare in pensione prima". Nelle ultime ore è stata fatta circolare una nuova ipotesi: quella di Ape donna.

Questa misura permetterebbe alle lavoratrici di ricevere una indennità di accompagnamento ala pensione già a partire dai 61 o 62 anni di età, invece che dai 63 anni come avviene oggi per l'Ape sociale, che richiede anche 30 anni di contributi. Resterebbero gli altri paletti previsti attualmente per l'anticipo pensionistico: spetterebbe a lavoratrici licenziate, invalide almeno al 74%, caregiver oppure che svolgono lavori gravosi (per questi ultimi servono 36 anni di contributi)

La differenza con l'attuale Ape sociale dovrebbe essere sia nell'età anagrafica (che scenderebbe a 61 o 62 anni), sia in quella contributiva. Oggi, le donne possono ottenere l'Ape sociale con 30 anni di contributi, oppure con 29 anni se hanno un figlio, o 28 anni da due figli in su (rispettivamente 35 e 34 anni se si parla di lavori gravosi). Questa soglia potrebbe essere ulteriormente abbassata.

Per chi ne beneficia, l'importo dell'Ape sociale – che viene erogata fino ai 67 anni e poi diventa la pensione di vecchiaia – è pari alla pensione calcolata nel momento in cui si ottiene la misura. Il massimo è di 1.500 euro lordi al mese, che non vengono rivalutati di anno in anno. In più, si ricevono dodici mensilità invece di tredici.

Anche l'importo dell'assegno, quindi, sarebbe una differenza rispetto a Opzione donna: chi accede all'Ape donna non dovrebbe ottenere un assegno ricalcolato in modo contributivo. Questo spesso porta le lavoratrici con Opzione donna a dover accettare assegni nettamente più bassi della pensione che gli spetterebbe, talvolta anche pari al 30% in meno.

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