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La Francia serra i confini con i militari per respingere i migranti. Regioni dicono no ai nuovi Cpr

Mentre la Francia blinda i suoi confini per respingere i migranti che arrivano dall’Italia, i governatori delle Regioni protestano per i nuovi Cpr annunciati dal governo Meloni.
A cura di Annalisa Cangemi
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"La Francia non prenderà nessun migrante da Lampedusa". Il ministro dell'Interno Gerald Darmanin aveva già fatto capire molto chiaramente l'orientamento di Parigi sull'accoglienza dei migranti, e lo ha ribadito a Tf1 all'indomani della sua visita a Roma, dove ha incontrato il ministro dell'Interno Piantedosi. Come aveva preannunciato, Parigi serra i suoi confini, rafforzando i controlli alla frontiera transalpina, e blindando il valico di Ponte San Ludovico per bloccare il transito dei profughi da Ventimiglia.

Non solo agenti della polizia nazionale e della gendarmeria, ma anche con droni e con un elicottero della Dogana. In un primo momento sembrava che il governo francese avesse schierato anche il reparto speciale di sicurezza anti-terrorismo, visto che, come scrive il Corriere della Sera erano stati avvistati a Sospello veicoli tecnici con gli stemmi del "Vigipirate". Ma Parigi ha poi smentito questa circostanza.

In Italia intanto i governatori delle Regioni sono sul piede di guerra, dopo le ultime decisioni prese dal Consiglio dei ministri per gestire l'emergenza sbarchi. L'esecutivo ha infatti disposto la realizzazione in due mesi di nuovi Cpr, almeno uno per ogni Regione, allungando fino a 18 mesi il tempo di permanenza previsto per coloro che non hanno diritto a fare la domanda d'asilo, e che devono quindi essere rimpatriati. Le nuove norme saranno inserite all'interno del decreto Sud, che non è stato ancora bollinato. Il punto è che, come scrive oggi la Repubblica, non c'è un nesso diretto tra il record di sbarchi di queste settimane e la nuova norma sui Cpr: perché all'interno dei centri rimarranno per 18 mesi solo i migranti con un decreto di espulsione, in attesa di rimpatrio. Ma la norma non riguarda coloro che arrivano in Italia senza documenti, che continueranno ad essere ospitati nei centri di accoglienza, in attesa che le commissioni territoriali esaminino le diverse situazioni, caso per caso, e analizzino le richieste di asilo.

La protesta dei governatori per i nuovi Cpr

Intanto la ricognizione per capire dove realizzare i nuovi centri sarebbe già partita: si parla di caserme dismesse e altri edifici in zone scarsamente popolate. Tra due mesi dovrebbe essere consegnata la lista di edifici da consegnare al ministero della Difesa, che, insieme al coordinamento del Comando operativo di vertice interforze (Covi) e il Genio militare, li trasformerà in Cpr.

I nuovi Cpr andrebbero ad aggiungersi a quelli già esistenti, 10 in tutto, a Bari, Brindisi, Caltanissetta, Roma, Palazzo San Gervasio (Potenza), Trapani, Gradisca d'Isonzo, Macomer (Nuoro), Milano e Torino (anche se quest'ultimo è temporaneamente chiuso per danneggiamenti).

"Noi non ci rendiamo disponibili a nulla se stiamo parlando di parole al vento: io sono abituato ad amministrare e a discutere di cose, che vuol dire mettersi a sedere e discutere di cosa si vuol fare. Ripeto: questo è il governo che parla di autonomia ed è il governo che sta centralizzando tutte le decisioni a Roma, scavalcando gli enti locali, quindi il Cpr in Emilia-Romagna è, per me, parole vuote e al vento; se vogliono discutere di qualsiasi cosa ci chiamano e discutiamo insieme, soprattutto capiamo qual è la ridistribuzione in Italia, per me in questo momento di Cpr non se ne parla assolutamente", ha detto Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, intervenendo a Radio24, ricordando che il territorio emiliano-romagnolo è quello che accoglie più persone. Il presidente dell'Emilia-Romagna ha anche riferito che i suoi colleghi di centrodestra "stanno dicendo al loro governo: guarda che così non va bene".

In prima fila per dire no ai nuovi Cpr è la Toscana, con il governatore Eugenio Giani: "Non darò l'ok a nessun Cpr in Toscana. Si stanno prendendo in giro gli italiani perché il problema dell'immigrazione è come farli entrare e accoglierli, non come buttarli fuori", ha detto ieri. "Cosa c'entra il Cpr come risposta ai flussi emergenziali?"

"Se arrivano questi immigrati con i tormenti, le violenze e le sofferenze che hanno subito la risposta che dai è ‘faccio i Cpr' cioè luoghi per buttarli fuori? Prima rispondi a come integrarli e accoglierli, dar lor da mangiare e dormire. Poi parli anche di quei casi isolati nei quali poter prevedere la lunghissima procedura di rimpatrio".

Neanche il governatore del Veneto Luca Zaia è convinto che la strada dei nuovi centri sia quella giusta: "Io ho molti dubbi che si possano rimpatriare molti cittadini visto che non si sono mai superati i 3800 rimpatri l'anno a fronte di arrivi di 100mila o 200mila persone", ha detto ieri il presidente della Regione Veneto. Su un eventuale Cpr in Veneto "non ho nuove notizie, devo dire che non ci sono novità su questo fronte", ha affermato il governatore leghista. "Sul Cpr noi non abbiamo al momento informazioni, ovviamente da anni se ne parla, mi ricordo che c'era ancora il ministro Maroni che diceva ‘dobbiamo fare un Cpr per Regione'. Ma ad oggi non c'è una convocazione ufficiale dove ci venga detto che c'è necessità di un Cpr", ha insistito. "Il governo sta facendo l'impossibile sul fronte dell'immigrazione Non possiamo definirla presenza dell'Europa per una visita a Lampedusa – ha continuato -, l'assenza politica dell'Europa su questo tema pesa sugli italiani: stiamo diventando il ventre molle dell'Europa".

"Sui quotidiani leggiamo molte forzature in tema di Cpr, non mi pare che il governatore Zaia abbia detto ‘no', a differenza del veto pregiudiziale di Giani in Toscana. Viene da chiedersi dove dovremmo mandare, secondo il Pd, i migranti che sono in attesa di espulsione. Il piano dei Cpr è in definizione e ci sarà certamente una interlocuzione con i territori", è la replica della presidente dei senatori di Forza Italia Licia Ronzulli ad Agora', su Rai Tre, che poi ha proseguito: "È evidente che in Europa continua a mancare solidarietà nella gestione del problema migratorio. Basti pensare alla Francia, che dovrebbe essere tra i paesi più europeisti ma che sta diventando il più nazionalista. Tuttavia grazie al nostro governo la presidente Von der Leyen ha riconosciuto le ragioni dell'Italia, avanzando un piano in dieci punti che recepisce molte delle nostre proposte. E c'è un Memorandum con la Tunisia che andrà avanti. Noi continuiamo, inoltre, a sostenere ciò che ha già funzionato con i governi Berlusconi, anche se oggi abbiamo a che fare con una immigrazione più massiccia, ossia gli accordi con i paesi di partenza".

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