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Draghi presenta libro di Cazzullo: “Ue faccia di più in Medioriente. Sconfitta Expo? Non credo a complotti”

“Non so perché abbiamo avuto solo 17 voti, ma una cosa che mi è venuta in mente subito è che noi abbiamo già avuto un’Expo pochi anni fa a Milano, quindi forse questo ha influito. Non credo ci sia un complotto”. Lo ha detto l’ex premier, Mario Draghi, presentando il libro di Aldo Cazzullo ‘Quando eravamo i padroni del mondo’.
A cura di Annalisa Cangemi
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L'ex presidente del Consiglio Mario Draghi ha presentato oggi il libro di Aldo Cazzullo ‘Quando eravamo i padroni del Mondo'. Nel luogo scelto per la presentazione, la chiesa Sant'ignazio di Loyola a Roma, si sono dati appuntamento diversi personaggi famosi, da Urbano Cairo a Giampiero Mughini, passando per politici come Carlo Calenda e Lorenzo Guerini.

"Sono un po' di parte perché nato e cresciuto a Roma e sono stato un alunno dell'Istituto Massimo. Il libro mi è piaciuto molto, ci sono tanti ritratti che Cazzullo fa con il piglio del giornalista", ha detto l'ex premier Mario Draghi. "Il libro è ricco di suggestioni e si è tentati di estrarre delle lezioni per l'oggi. Ma certe volte – ha aggiunto – se noi cerchiamo legittimazione nella storia questo può essere molto pericoloso". 

Quello dell'impero romano "è un modello di società ‘aperta', fatto di immigrazione, integrazione, assimilazione, di grande mobilità delle persone" ma non "dovremmo prendere esempio" da questo modello per "cercare legittimazione per un modello che abbiamo in mente", ha sottolineato ancora l'ex inquilino di Palazzo Chigi, ricordando che "tutti i potenti hanno cercato legittimazione nell'Impero romano". Ma, ha ammonitom "non ci si deve rivolgere alla Storia come un aiuto" anche perché quello di costruzione dell'identità dell'Impero Romano "è un processo di apertura che prende molti secoli".

Citando un verso di Eugenio Montale, – ‘La storia non è magistra di nulla se ci riguarda' – Draghi ha spiegato che "cercare la legittimazione nella storia è un esercizio pericoloso" anche perché si ragiona "su un contesto storico diverso, anteriore alla formazione dello stato moderno che si definisce anche attraverso l'esclusione degli altri". L'ex presidente della Bce ha ricordato che quello di una ‘apertura' "è stata una necessità per un impero come quello romano: il problema di gestire i popoli conquistati risale all'impero e i romani capiscono che bisogna investire nella periferia, tant'è che alcune opere realizzate alla periferia sono più grandi di quanto costruito a Roma". 

Per quanto riguarda il conflitto mediorientale ha detto che "L’Europa dovrà fare qualcosa di più di quello che sta facendo, molto di più che semplicemente mettere molto denaro. Dovrà avere un ruolo, non credo militare perché siamo deboli e non credibili, ma certamente umanitario. Questo prolungamento della tregua nessuno se lo aspettava. La cosa più importante è che li va portata la pace, e in questo l’Europa può avere un ruolo, e anche l’Italia ha acquistato credibilità". Quindi ha osservato come la situazione a Gaza presenti "una sorpresa dopo l'altra, come quella di oggi con il prolungamento della tregua".

"In questo momento c'è paralisi decisionale, è un momento critico e dobbiamo sperare che alla fine ci tengano uniti i valori fondanti. La cosa più importante è capire che non riusciamo a gestire le sfide sovranazionali da soli. Occorre cominciare a pensare a un'integrazione politica europea, cominciare a pensare che siamo italiani ma siamo anche europei", ha sottolineato Draghi.

"Non siamo riusciti ad avere l'Expo a Roma, ma non conosco l'intera storia: non so perché abbiamo preso solo 17 voti e non so cosa direbbe Cesare", ha detto ancora, aggiungendo però di non credere a "complotti universali". D'altronde, ha ricordato "tutto il mondo vuole l'Expo e in fondo noi l'abbiamo appena avuto" con Milano nel 2015.

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