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Nel Mediterraneo muoiono 20 migranti al giorno, nell’indifferenza generale

Secondo l’Oim dall’inizio dell’anno i decessi tra coloro che cercavano di raggiungere l’Europa via mare hanno raggiunto quota tremila. La rotta più pericolosa è quella tra l’Africa del Nord e l’Italia: in quel tratto ci sono state 2.549 morti.
A cura di Redazione
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Immagini di repertorio

a cura di Claudia Torrisi e Adriano Biondi

Sabato scorso quarantuno cadaveri sono stati ritrovati su una spiaggia di Sabrata, nell'ovest della Libia. Con ogni probabilità si trattava di migranti in viaggio verso l'Italia, morti annegati circa cinque o sei giorni fa. Secondo l'Organizzazione internazionale delle migrazioni – Oim, dall'inizio dell'anno i decessi tra coloro che cercavano di raggiungere l'Europa via mare hanno raggiunto quota tremila. I numeri rilasciati dall'organizzazione venerdì scorso parlano di 2.977. Un dato che esclude il recupero di diversi cadaveri negli ultimi giorni. Questo è il terzo anno consecutivo in cui il numero delle morti supera la soglia tremila, anche se nel 2016 si è arrivati molto prima a questa quota. Il progetto dell'Oim "Missing migrants" ha mostrato come quest'anno quasi 2.500 decessi si siano verificati negli ultimi quattro mesi, con una media di venti morti al giorno. La rotta più pericolosa per l'organizzazione resta quella tra l'Africa del Nord e l'Italia: in quel tratto dall'inizio del 2016 ci sono state 2.549 morti.

Il dato complessivo degli arrivi in Europa, da tutte le rotte, sembra essere in linea con quello dello scorso anno, seppur con un andamento nettamente diverso per quel che riguarda i singoli mesi:

 

Il 20 marzo 2016 è entrato "a regime" l'accordo fra l'Unione Europea e la Turchia. Nei fatti, la rotta balcanica è stata "chiusa" e con il passare dei giorni i profughi hanno cominciato ad abbandonarla. Il grande flusso registrato negli ultimi mesi del 2015 e nei primi del 2016 si è arrestato praticamente di colpo, come evidenziato dal grafico in cui abbiamo inserito gli arrivi nei Paesi nelle singole giornate:

 

La situazione attuale, nei suddetti Paesi, è la seguente (dati UNHCR):

Immagine

Per l'Italia, come era facilmente prevedibile, le cose non sono cambiate "in meglio".

Nonostante sia la più mortifera, quella tra la Libia e il nostro paese è la rotta che meno ha conosciuto una diminuzione di pressione. Anzi: i dati di Frontex dicono che a giugno il numero dei migranti giunti in Italia è aumentato del 24% rispetto al mese precedente. Per Unhcr, al 21 luglio sono arrivati nel nostro paese via mare 88.009 persone. Si tratta per lo più di nigeriani – che rappresentano il 17% di coloro che si mettono in viaggio nel Mediterraneo centrale – eritrei, sudanesi. Nonostante i numeri siano comunque alti, le cifre sono ben al di sotto della media mensile registrata all'inizio dell'anno e del 2015. A giugno i migranti arrivati sulla rotta del mar Egeo sono stati circa 1.450, in calo del 95% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. In tutto sono giunti in Grecia dall'inizio dell'anno 159.317 persone.

Questi dati sono sicuramente influenzati dall'accordo tra Ue e Turchia di marzo, e la conseguente "chiusura" della rotta balcanica e il ripristino dei controlli alle frontiere. Oltre a una ripresa della pericolosa via del Mediterraneo centrale e a una relativa diminuzione di pressione su quella che passa dalle isole greche, però, questi provvedimenti non hanno di certo contribuito a superare la grave situazione umanitaria. Come denuncia Medici senza frontiere, ci sono centinaia di persone vulnerabili "bloccate in Serbia, Macedonia e Bulgaria mentre cercano di raggiungere le proprie destinazioni finali attraverso rotte pericolose nelle mani dei trafficanti o sono intrappolate in zone di transito al confine tra Serbia e Ungheria". Tra l'altro, le équipe di Msf in Serbia hanno osservato "un peggioramento della situazione umanitaria e medica, direttamente legato alle restrizioni imposte alle frontiere a migliaia di migranti e richiedenti asilo". Simon Burroughs, capo missione Msf in Serbia ha detto che negli ultimi mesi "un numero crescente di nostri pazienti riferisce di casi di violenza e abusi e mostra traumi fisici direttamente associati alla violenza. Molti di questi casi sono presumibilmente causati dalle autorità ungheresi". Su un totale di 510 visite di supporto psicologico fatte da aprile in poi, le squadre di Msf hanno trattato 188 sopravvissuti a eventi traumatici come violenze e torture, incarcerazioni, rapimenti, violenze sessuali subite dai trafficanti, dalla polizia o all’interno della comunità. La percentuale di visite per questo genere di traumi è più che raddoppiata da marzo, quando c'erano meno restrizioni. "Siamo molto preoccupati che le nuove misure recentemente adottate dalle autorità ungheresi portino a un aumento della violenza contro i migranti, che sempre più vengono trattati come criminali" ha spiegato Burroughs.

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