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La denuncia: “Dal prossimo anno classi pollaio con oltre 30 alunni”

La denuncia dell’Anief: “Abituiamoci alle classi pollaio: da settembre ci saranno 34 mila alunni in più. I docenti sempre di meno”.
A cura di Redazione
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La denuncia dell'Anief parte dai dati ufficiali forniti dal ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca: dal prossimo anno scolastico gli studenti aumentano di 25.546 unità alle superiori e di 9.216 alla primaria, con un leggero calo (-785) nella scuola secondaria di primo grado. A ciò si aggiungono i 30mila aumenti dello scorso anno e il persistente blocco degli organici, con la constatazione della soppressione di oltre 100mila cattedre nel corso degli ultimi 6 anni. Per l'associazione professionale sindacale si tratta di un controsenso enorme, che non tiene conto degli effetti collaterali: "Da 1.137.619 unità di personale si è passati a poco più di un milione. E la gran parte di questi posti persi, almeno 100 mila, appartengono al corpo docente. […] Che abbinato a quello sull’innalzamento del numero minimo di alunni per istituto (a ridosso di 1.000), prodotto un anno prima, con la Legge 111/2011, dal prossimo settembre andrà a determinare sempre più classi con un numero di discenti oltre misura: oltre 28 allievi in media per quelle iniziali. Che non di rado diventano raggruppamenti di 30 e più alunni. Non rispettando, in questo modo, le misure in vigore che, soprattutto in presenza di spazi ridotti, impongono precisi vincoli per non ledere il diritto allo studio. E superando i limiti previsti dalle norme sulla sicurezza e dalla prevenzione degli infortuni".

Una situazione insostenibile, cui si aggiunge anche la cancellazione di migliaia di figure dirigenziali che fa sì che ogni preside si trovi a gestire non solo la propria scuola, ma anche altre 4 – 5 sedi scolastiche. Non è un caso, così che ci sia un fiorire di ricorsi al Tar, anche in relazione di un vuoto legislativo evidente: "Il legislatore si è permesso di far cadere l’autonomia delle scuole d’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, accorpandole in mega-istituti senza capo né coda, rette da dirigenze in perenne affanno. Bypassando, tra l’altro, la competenza esclusiva delle Regioni, le quali conoscono molto meglio, come indicato chiaramente dalla Corte Costituzionale, le esigenze dei loro territori".

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