L’elezione (e la lezione) di Tsipras
Alla fine ha rivinto: Tsipras con Syriza conferma dopo pochi mesi il risultato elettorale che già una volta l'ha visto guidare il governo greco. Sono passati pochi mesi ma politicamente è trascorsa un'era: lontani dai fasti del Tsipras che avrebbe dovuto "spaccare" l'Europa, il leader greco nel giro di qualche mese è stato additato come il colpevole del compromesso con l'austerità imposta dalla Merkel ed è diventato un amuleto non più utilizzabile dagli antieuropeisti di ogni specie. Il voto del popolo greco oggi chiarisce un quadro politico che è stato analizzato strumentalmente da molti e evidentemente capito da pochi. Al solito, qui da noi, la politica europea è il ring degli spot e della banalizzazione.
Il rischio che paga. Abituati al conservatorismo nostrano in molti hanno urlato alla "sconfitta politica" quando Tsipras ha deciso di tornare alle elezioni. E' cotto, dicevano, ha mostrato tutti i limiti di un programma di mera utopia e avrebbe dovuto essere la dimostrazione fisica di un'austerità che non ha alternative. Così mentre in Italia la democrazia parlamentare è la giustificazione insindacabile per ogni scelta di governo in Grecia un leader eletto (dal voto) decide di sondare nel giro di pochi mesi la volontà popolare con un referendum e poi con nuove elezioni. E vince. Dando forza ad una linea politica che non lascia spazio a fantasiose interpretazioni: la Grecia crede in un'Europa socialmente sostenibile (prima che economicamente) senza sottrarsi al prezzo da pagare per raggiungerla. L'accordo che Tsipras ha firmato con l'Europa (nonostante le accuse dell'ex ministro Varoufakis) è considerato un passo necessario. Tsipras ha rischiato ma oggi, in questa Europa politicamente convulsa, è il leader con l'investitura più solida. Chissà cosa ne pensa Renzi che continua a sventolare la possibilità del voto per ammaestrare il Parlamento.
La frantumazione a sinistra rischia di diventare un barzelletta. Unità Popolare (la formazione politica nata dai fuoriusciti di Syriza capeggiati dall'ex ministro Panagiotis Lafazanis) per ora si attesta addirittura sotto quel 3% che è soglia di sbarramento per entrare in Parlamento. La sinistra insomma scalda i cuori e vince ma scompare se gioca solo al dibattito interno. Probabilmente cercare di affondare Tsipras in questo tempo di turbocapitalismo non è sembrata una grande idea e così alla fine i cultori della "sinistra al cubo" finiscono per essere la testimonianza residuale di un piglio che interessa pochissimo. La lezione valga anche qui in Italia: si vince con un programma di governo di sinistra e non mostrando di avere una sinistra più lunga degli altri.
L'immigrazione non porta per forza alla paura. La Grecia è insieme all'Italia la nazione d'approdo del flusso migratorio verso l'Europa eppure non ha avuto bisogno di esibire i muscoli per tranquillizzare i propri cittadini: l'inerzia dell'Europa sull'immigrazione (sottolineata ripetutamente dal governo greco) non ha acuito la richiesta di politiche xenofobe o iperprotettive. Si può essere preoccupati senza essere razzisti, si può essere in crisi senza diventare insensibili alle crisi degli altri. Alba Dorata (la destra estrema in salsa greca) guadagna meno di un punto percentuale nel momento forse più favorevole per lucrare sullo "straniero".
Di Grecia, in Italia, ne capiamo poco. L'esultanza per la prima vittoria di Tsipras a gennaio qui da noi è servita più per qualche foto ricordo che per innescare davvero un processo politico. Tsipras è stato il feticcio da cui non la nostra "sinistra" non ha imparato nulla e ha dimostrato che il contatto diretto con la volontà popolare è l'unico percorso di costruzione di un progetto politico serio. Non ha perso troppo tempo nelle diatribe interne e non ha rivendicato il comando. Insomma: niente gufi e nessuna epurazione. Ha scelto il voto. E il voto ha scelto lui. Mentre da noi è stato "usato" a sinistra e a destra, Tsipras ha dimostrato una forza elettorale, mica di equilibri interni.
La sinistra c'è, l'Europa ne prenda atto. Esiste una visione sociale dell'Europa e delle sue economie che vuole essere alternativa all'austerity e alla finanza come bussola. Esiste anche una sinistra che si prende la responsabilità di evitare derive populistiche. Nonostante le pressioni (e l'indecente campagna mediatica) l'Europa non è riuscita a trasformare Tsipras in uno spettro da scacciare quanto prima. Qualcuno adesso scriverà che comunque Tsipras si è venduto alla Merkel per ottenere l'ultimo prestito (sì, lo scriveranno ancora) ma il leader di Syiriza non si è mai scostato di molto dalle proprie convinzioni senza nemmeno sottrarsi dalle proprie responsabilità.
"Ora vedremo cosa sa fare" ci diranno. Ma Tsipras ha già fatto qualcosa: ha attraversato il periodo più nero della sua Grecia nel momento più difficile dei suoi rapporti esterni ed interni. Dopo dieci mesi difficilmente un leader riesce ad attestarsi più o meno alle stesse percentuali iniziali a meno che non sia ritenuto credibile non solo nelle promesse ma anche nelle azioni. Forse sarebbe ora di cominciare a parlare di quelle. Di politica. Appunto.