Per Amazon si erano scatenati tutti, ve lo ricordate? Quando il colosso americano entrò in "guerra" con la casa editrice Hachette del gruppo Lagardère intervenirono più di tremila scrittori e anche qui in Italia si alzarono le voci di protesta. In verità successe anche a febbraio di quest'anno, quando l'affare ‘Mondazzoli' (l'acquisizione del gruppo RCS libri da parte di Mondadori conclusa con successo ieri) era solo un'ipotesi scesero in campo circa cinquanta scrittori, capeggiati da Umberto Eco e provenienti perlopiù dalla casa editrice Bompiani (ma non solo), con un appello in cui si evidenziava l'inopportunità di un nuovo colosso editoriale che dominerebbe il 40% del mercato nazionale (non esiste situazione simile in Europa) e ovviamente avrebbe avuto (e probabilmente avrà) uno sconsiderato potere contrattuale sia con gli autori che con le librerie. Qui in Italia un appello contro le concentrazioni di potere (e di soldi) in fondo non si è mai negato a nessuno.
Varrebbe la pena anche ricordare le centinaia di manifestazioni contro Silvio Berlusconi nelle sue diverse forme imprenditoriali (dalle televisioni a tutto il resto) che negli ultimi anni hanno visto "girotondare" anche gli intellettuali più seriosi, tutti uniti contro il nemico, tutti con la posa di chi è sempre pronto ad immolarsi per il bene comune. C'è stato un tempo in cui davvero sembrava che gli intellettuali, in questo Paese, facessero quello che ci si aspetta esattamente da loro: metterci la faccia, partecipare al proprio presente e sfidare la convenienza per proteggere le idee.
Fino a qualche mese fa. Poi qualcosa si è rotto. Forse sarà stato il clima di pacificazione politica nazionale, vuoi che magari la crisi abbia infeltrito il coraggio anche gli impavidi o vuoi più semplicemente che la cultura popolare ha coniato l'antipatica figura del "gufo" come simbolo dei "signor no" ma improvvisamente, proprio di colpo, è scesa quiete. La cautela remissiva che dovrebbe essere di chi ha ormai vinto o irrimediabilmente perso ha inondato il panorama delle menti illuminate del Paese e tutto si è fatto più molle, pigro, verrebbe da dire quasi pavido. Sulla questione delle migrazioni l'unico intellettuale pervenuto fin da subito e ad alta voce fu quel Gino Strada che sugli "intellettuali" inorridisce solo a sentirne la parola; scrittori, operatori culturali e simili non pervenuti. Qualcuno disse che il "vento" contro gli immigrati ormai era montato e non valeva la pena provare a fermarlo, "non è mica razzismo, è che gli italiani sono stanchi" è stato il concetto (espresso con le più diverse infiorettature) anche dai frequentatori abituali del pensiero "alto".
Poi fu il momento di Erri De Luca e del movimento No Tav. Troppo rumorosi, troppo violenti (nelle descrizioni ovviamente perché l'intellettuale à la page qui da noi discetta basandosi sulle notizie più che sui fatti) per meritare un appoggio e troppo "famoso" e "commerciale" il compagno De Luca, ci dicevano, "si sta facendo pubblicità con il movimento della valle" hanno bisbigliato in molti senza rendersi conto che poi sarebbero gli stessi che hanno difeso Saviano contro le accuse di "pubblicità con la camorra". Ma gli intellettuali italiani degli ultimi anni, si sa, amano sottolineare le sbavature degli altri e si perdono i propri cortocircuiti, evidentemente. Guardandoli sembrava chiaro che fossero "frenati" nelle rivolte a rischio di impopolarità o nella discesa in campo al fianco dei colleghi. Sembrerebbe invidia, sembrerebbe, ma sicuramente la mia è una lettura banale.
Ora, con l'affare Mondadori e l'ombra del sempre gustoso Berlusconi, gli appelli e le raccolte firme sono in malinconico calo. Pochi parlano. Pochi scrivono. Tutti in attesa: gli intellettuali in fila come degli scout che difendono ognuno la propria porzione di rancio. Se si prova a ricordare che Umberto Eco (e non solo) è ancora isso contro quella che definisce una "mostruosità" dell'editoria loro, gli scrittori, ti dicono (sottovoce, ovviamente, privatamente) che lui ha le spalle grosse per poterselo permettere. Dicono così: come se il coraggio fosse un vezzo da coltivare solo in tranquillità, come se gli ideali vadano difesi stando attenti a non spettinarsi.
Sono un autore Rizzoli e credo che il ruolo di chi scrive sia anche quello di osservare, ossessivamente se serve, e sono convinto che il nostro lavoro sia un privilegio che ha delle responsabilità. Mi piacerebbe, mi sarebbe piaciuto pensare che in un Paese in cui gli scrittori per vendere qualche copia in più sono pronti a quasi tutto, un passaggio epocale come quello che sta avvenendo in questi giorni meriterebbe un confronto continuo, un dialogo altisonante e deciso e piuttosto del silenzio anche qualche panzana scritta in maiuscolo. Ho il dubbio (anzi no: il terrore) che ormai si battagli sui valori se è utile, conveniente, lontano dai propri privatissimi e più vicini interessi oppure semplicemente per combattere le battaglie già vinte. Sono un cittadino che legge lenzuolate sul niente in prima pagina e ora sente una strana puzza di silenzio sull'affare ‘Mondazzoli'. Solo io? O forse sono complottasti. Mi sa. Oppure no: un gufo. Volevano insegnarci a volare ed erano solo civette.