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Intervista a Salvatore Borsellino: vent’anni dopo le stragi [VIDEO]

“Io mi aspetto una nuova stagione di stragi, succede sempre quando cambiano gli equilibri” Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso dalla mafia in via D’Amelio con tonnellate di tritolo, racconta i suoi timori e la sua rabbia ai microfoni di fanpage.it.
A cura di Alessio Viscardi
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salvatore borsellino

Sono passati vent'anni da quando l'autostrada di Capaci veniva sventrata da tonnellate di esplosivo che facevano strazio dei corpi del giudice Giovanni Falcone, sua moglie Franca Morvillo e degli uomini della scorta. Poco più di un mese dopo, un'autobomba piazzata in via D'Amelio a Palermo mieteva la vittima di Paolo Borsellino. La mafia aveva alzato il tiro, reclamava il rispetto di quei patti presi da una classe politica -quella della Prima Repubblica- ormai giunta sull'orlo del collasso. Il sistema stava per mutare e Cosa Nostra pretendeva prepotentemente di avere un posto d'onore nel nuovo assetto che si andava a delineare.

Strategia della tensione: molte, troppe le assonanze con il perioro attuale. Una sedicenne è morta nella strana esplosione di una strana bomba a Brindisi, nelle parole di Salvatore Borsellino -fratello del magistrato anti-mafia e animatore del movimento delle Agende Rosse- la rabbia, il rancore e la paura per le similitudini con quanto è già accaduto. "Io lo denuncio da cinque anni -dice ai nostri microfoni- Ogni vola che cambiano gli equilibri in Italia, ecco che piovono le bombe".

"Dobbiamo stringerci attorno ai magistrati come Antonio Ingroia – ammonisce Borsellino – Dobbiamo essere tutti ‘partiggiani della Costituzione' e non dobbiamo permettere che magistrati così vengano deferiti al Csm solo per aver espresso parole condivisibili". Quasi settant'anni, ma non li dimostra per l'energia che trasmette, il fratello di Paolo Borsellino incontra in un dibattito pubblico i pm anticamorra Catello Maresca e Giovanni Cunzo, magistrati perennemente minacciati di morte dal clan dei Casalesi.

"Tira una brutta aria" – su questo sono tutti d'accordo, ma c'è una nota di speranza: "I miei soldati -dice Borsellino- sono le mie Agende Rosse: ragazzi maginifici, la speranza per il futuro. L'agenda di Paolo, che gli fu sottratta appena morto e scomparsa in modo misterioso, conteneva la prova della trattativa tra Stato e Mafia. Quando lo dicevo io da solo, qualche anno fa, venivo stimmatizzato come un pazzo. Oggi, lo sanno tutti che una trattativa ci fu e che probabilmente è ancora in corso".

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