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Intervista a Raffaele Cantone: la lotta alla corruzione in Italia e la tela di Penelope [VIDEO]

Sotto scorta per le minacce ricevute dai boss della camorra casalese, tra i fautori del processo Spartacus che portò alla condanna di Sandokan e degli altri vertici della malavita casertana, Raffaele Cantone dà alle stampe “Operazione Penelope”: un libro per tracciare come mafia e corruzione in Italia siano legate a doppio filo.
A cura di Alessio Viscardi
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Raffaele Cantone ha fatto processare e condannare Francesco Schiavone, detto Sandokan, e Francesco Bidognetti, detto Cicciotto ‘e Mezzanott – capi storici del clan dei Casalesi. Alla DDA di Napoli negli anni di fuoco della lotta alla camorra casertana, è oggi autore di tre saggi. L'ultimo, che esce in libreria in questi giorni, si intitola "Operazione Penelope" e traccia un quadro nuovo proponendo un nuovo punto di vista sulle mafie e sulla corruzione in Italia. Fanpage lo ha raggiunto durante una presentazione per parlare di lotta alla criminalità organizzata, malapolitica e malaffare.

Operazione Penelope, un titolo omerico per una realtà desolante? "Operazione Penelope è una raccolta di saggi sulla criminalità organizzata e la corruzione. Il filo conduttore è l'idea che queste storture del sistema italiano siano affrontate in modo inadeguato e non conclusivo. Il titolo si rifà alla tessitura delle omeriana tela di Penelope, che viene imbastita e disfatta costantemente, senza fine. Troppo spesso periodi di grande partecipazione alla lotta dei cancri dell'Italia sono seguiti dal generale disinteresse".

La camorra e la mafia come effetti della generale corruzione nel nostro Paese? "Sulla corruzione non faccio un discorso esclusivamente campano, l'idea che evidenzio è che dopo Tangentopoli non si è affrontato il problema nonostante condizioni sociali più favorevoli".

Anzi, si cerca di bloccare l'azione dei magistrati con disegni di legge sulla loro responsabilità civile? "Quello della responsabilità civile dei magistrati è un falso problema, perché già esiste e può essere meglio regolata. Mi sembra, però, che la legge approvata in una parte del Parlamento potrebbe diventare una pistola puntata contro i giudici e pm, soprattutto nei procedimenti più scomodi, senza nemmeno avere ricadute in termini di efficienza del sistema".

Lei sottolinea come la camorra sia cambiata nel tempo, dai boss di quartiere a imprenditori globalizzati. Come è successo? "La vera forza delle mafie sta nella capacità di coinvolgere pezzi importanti della borghesia e dell'economia. Decine di indagini dimostrano che la criminalità utilizza i sistemi economici, come nelle ultime inchieste sul riciclaggio di denaro sporco nelle pizzerie e ristoranti del centro di Napoli. La camorra non è solo quella che spara, anzi la camorra più pericolosa è quella che fa affari".

Dopo l'arresto di Zagaria lei dichiarò che il clan dei mazzoni e dei bufalari era finito. "Confermo che con l'arresto di Michele Zagaria sia finita un'epoca storica del clan dei Casalesi, ovvero quella composta da persone nate e cresciute alla corte del boss Bardellino. Oggi questo cambia e temo che ciò che sta accadendo in provincia di Caserta sia simile a quello che da vent'anni succede nella provincia di Napoli: il graduale ringiovanimento dei componenti dei clan, gli ultimi arresti ai danni dei Casalesi dimostrano come si sia abbassata di molto l'età degli affiliati".

Un clan che ha avuto un ruolo centrale nell'emergenza rifiuti in Campania. "Quello dei rifiuti è un settore particolarmente inquinato, in cui le mafie hanno dimostrato di saper entrare sia in modo illegale, ma anche di gestire il ciclo legale di smaltimento. Ovviamente, l'emergenza rifiuti non è risolta, ma cova sotto la cenere. Interventi tampone come trasportare all'estero i rifiuti di Napoli lasciano il tempo che trovano".

Come si può combattere il malaffare in Italia? "C'è molto da fare, soprattutto sul piano della cultura e della prevenzione. La criminalità organizzata non può essere vinta soltanto sul piano della repressione".

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