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In Italia 9 milioni di persone sono in stato di sofferenza occupazionale

L’allarme arriva dai risultati di un’indagine Ires-Cgil: tra disoccupati, scoraggiati, precari e “forze di lavoro potenziali”, dal periodo pre-crisi ad oggi l’area del disagio occupazionale è aumentata di circa tre milioni di persone. La situazione più critica è a Sud.
A cura di Biagio Chiariello
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Il peso della crisi economica sul lavoro si fa sentire. Secondo i calcoli dell'Ires-Cgil il problema occupazionale riguarda ormai quasi nove milioni di persone. Nel IV trimestre del 2012 erano infatti 8 milioni e 750mila gli individui che nel nostro Paese versavano nell’area della sofferenza e del disagio occupazionale, si trovavano ovvero a essere disoccupati, cassa integrati, precari o posti in part-time involontario, scoraggiati. Dall'elaborazione dell'Istituto di Ricerche Economiche e Sociali, realizzata sulla base dei dati Istat, emerge che negli ultimi 12 mesi l'area della difficoltà è cresciuta del 10,3% ( 818.000 persone in più), e in sei anni l’aumento stimato è stato addirittura del 47,4% (2,8 milioni di persone). Il documento evidenzia anche come l’incidenza della disoccupazione di lunga durata (oltre 12 mesi) raggiunge il 54,8% del totale.

+70% di "sofferenza occupazionale" rispetto al 2007 – L'area della sofferenza occupazionale (disoccupati e cassa integrati) arriva a quota 4 milioni 570 mila persone. L'aumento rispetto al periodo pre crisi (ultimo trimestre 2007) è di 1,9 milioni di persone (+70,1%). L'area del disagio (precari e part time involontario) pari nell'ultimo trimestre 2012 a 4 milioni e 175 mila unità cresce del 4,2% (+168.000 unità) e del 28,6% rispetto allo stesso trimestre di cinque anni fa (+927.000 persone). Si è riaperta la discussione sulle norme che regolano il lavoro in ingresso – dice il presidente dell'associazione Bruno Trentin, Fulvio Fammoni – sostenendo la tesi che maggiore flessibilità porterebbe a più assunzioni ma i dati ufficiali lo smentiscono. Il problema non è, come alcuni sostengono, di troppi vincoli, ma nel fatto, incontrovertibile, che manca lavoro e che occorre un piano straordinario per il lavoro".

La maggior parte delle "difficoltà" arriva dal Meridione e dai giovani- Il tasso di disoccupazione aumenta a Nord, Centro e Sud, ma la situazione più critica è nel Meridione d'Italia, dove si attesta al 18.3% (dal 14,9% di un anno prima). Aumenta anche la percentuale di lavoratori stranieri  (15.4%), così come quella relativa ai giovani (15-24 anni con tassi che al Sud superano il 46% per gli uomini e il 56,1% per le donne e la disoccupazione di lunga durata (raggiunge ormai il 54.8% del totale a fronte del 50,6% nel quarto trimestre 2011). Il "dramma della disoccupazione giovanile" viene sottolineato nel rapporto: "L’aumento tendenziale è particolarmente accentuato per le donne del Centro e gli uomini del Nord, il che conferma il carattere pervasivo della crisi in atto, ma è comunque sempre nel Mezzogiorno che il tasso di disoccupazione giovanile raggiunge i valori più elevati (46.7 per gli uomini e 56.1 per le donne)".

Non solo disoccupazione: "le forze lavorative potenziali" – Il rapporto Ires-Cgil sottolinea come il problema della difficoltà-sofferenza occupazione, non si limiti al tasso di disoccupazione. "La crisi economica moltiplica le posizioni “border line”, di quanti si collocano in prossimità del mercato senza prendervi parte attiva. Una misura della consistenza di queste risorse è il numero di persone di 15-64 anni che non cercano lavoro ma sono disponibili oppure lo cercano ma non sono immediatamente disponibili  a lavorare (“forza lavoro potenziale”). Si tratta di un insieme eterogeneo di grandi dimensioni: rapportato alla  forza di lavoro, permette di stimare quanto questa potrebbe crescere – in una determinata fase del ciclo  economico – se le risorse umane potenziali si attivassero, il che verosimilmente potrebbe accadere, almeno  in parte, se il mercato e il sistema di welfare funzionassero meglio". Le ‘forze lavoro potenziali' hanno raggiunto nell'ultimo trimestre 2012 i 3 milioni 229.000 persone (il 12,5% in rapporto alla forza), "un primato europeo", sottolinea la Cgil.

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