Il video shock dei No Tav sulle violenze in Val di Susa
Un dossier con tanto di video e foto presentato ieri, nel corso di una conferenza stampa, dai No Tav per far luce sui fatti del 3 luglio scorso a Chiomonte, in Val di Susa, durante la manifestazione nella quale si contarono oltre 400 feriti tra attivisti e forze dell'ordine. E' questa la risposta del movimento agli arresti di 25 militanti (con detenzione in carcere e/o domiciliare, nonché ad altre restrizioni della libertà personale) dello scorso 26 gennaio. «Gravi violenze, abusi, percosse, lesioni, brutalità» da parte di carabinieri, agenti della mobile e della Digos, con una serie di immagini a comprovare le accuse. E poi un filmato di oltre 5 minuti che «dimostra che i crimini di cui sono responsabili i numerosi agenti delle FF.OO. sono più gravi di quelli ascritti ai manifestanti», ma anche utile a «dimostrare che la procura della repubblica di Torino ha indagato a senso unico»
La documentazione è stata già messa a disposizione di tutte le procure italiane. Nel corso della conferenza stampa presieduta dai leader dei No Tav, Alberto Perino e Lele Rizzo, si è parlato di «premeditazione nel comportamento delle forze dell'ordine». La giornata del 3 luglio era cominciata con un corteo pacifico di migliaia di persone in Val Susa, per poi concludersi con una serie di scontri innescati dal tentativo dei manifestanti di bloccare i lavori nel cantiere della Maddalena già precedentemente sgomberato. I No Tav hanno analizzato l'operato degli agenti, confrontandolo con i documenti già nelle mani degli inquirenti. Ed emerge «che le accuse rivolte ai No Tav partono tutte dopo le 13,30. Dal materiale che abbiamo raccolto però risulta che le forze dell'ordine sono uscite alle 12,30 dall'area archeologica e sono andate a prelevare i dimostranti nel bosco».
L'ipotesi dei No Tav è quella della premeditazione da parte delle forze dell'ordine. Lo dimostra il fatto che molti indossassero accessori insoliti (come caschi e occhiali da sole), ma anche armi improprie (bastoni, grossi rami e sassi) e alcuni avessero rimosso le mostrine per «non rendersi riconoscibili da successive eventuali immagini-riprese all’atto del compimento di azioni illegali». Perrino spiega, dunque, che quella dei manifestanti è stata «una reazione a questi gravi fatti», a questo «clamoroso doppiopesismo». Per questo «E’ arrivato il momento che altre magistrature, non piemontesi, inizino a mettere il naso in queste faccende tutte torinesi, il movimento agevolerà questa azione» concludono i No Tav.
La risposta del procuratore capo Giancarlo Caselli non si è fatta attendere. Il magistrato polemicamente contestato dai No Tav dopo la convalida degli arresti di gennaio, ha detto che i manifestanti «sbagliano, la magistratura lo ha detto ripetutamente e lo ribadisce: indaga su tutto». Il magistrato ieri era stato contestato da una ventina di militanti del movimento a Palazzo Marino, a Milano, dove era stato invitato nell'ambito dell'incontro "La legalità difficile" .