Il porno secondo Valentina Nappi, critiche a Sara Tommasi
L'appuntamento in sede era fissato per le 16, lei arriva con una mezz'oretta di ritardo, colpa del traffico perché da Pompei, si sa, non è mai facile trovare strada libera. Arriva con il suo fidanzato, non avessi organizzato personalmente l'intervista, li avrei scambiati per una coppia di turisti inglesi: lei vestitino fucsia, lui pantalone di cotone leggero e camicia a fantasia. Le presento la redazione, Valentina Nappi, pornostar 21enne, saluta tutti con gentilezza, quasi in maniera schiva, il tempo di una chiacchierata e di un po' d'acqua e cominciamo. Valentina fa il suo mestiere per lo stesso motivo per cui io faccio il mio e voi (se vi piace quello che fate) fate il vostro. Niente di più, niente di meno.
Il mondo del porno, apparentemente sdoganato, è ancora qualcosa che intimidisce, che mette paura, che è tinto di una velata ipocrisia agli occhi di chi lo guarda, di chi ne usufruisce, di chi lo critica. Eppure a guardare i numeri, da quelli del chiacchierato film di Sara Tommasi che ha venduto oltre 30.000 copie in una settimana alla classifica dei primi 50 siti più visitati del mondo (10 sono a luci rosse), non si direbbe sia così. Valentina ci racconta così la sua idea di porno, ne scrive tutti i giorni attraverso il suo blog In Punta di Capezzolo, lo mostra nei suoi spettacoli e nei suoi film. Il porno è musica, ci racconta, perché non ha narratività, non racconta altro che non sia, appunto, musica. Si bada dal farsi paragonare a Moana Pozzi, "lei non voleva fare porno, ci è arrivata per caso", elogia Rocco, "magari tutti i cinquantenni fossero come lui" e bacchetta Sara Tommasi, "bisogna saperlo fare il proprio mestiere".