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Il decreto liberalizzazioni e le mezze misure del Governo

Nel corso delle settimane il Governo ha cambiato più volte la bozza del provvedimento su concorrenza e deregulation pressato dalle richieste delle associazioni di categoria e dalle lobby. Il risultato finale è un decreto fatto di molti compromessi e qualche marcia indietro.
A cura di Antonio Palma
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Nel corso delle settimane il Governo ha cambiato più volte la bozza di provvedimento su concorrenza e deregulation pressato dalle richieste delle associazioni di categoria e dalle lobby. Il risultato finale è un decreto fatto di molti compromessi e qualche marcia indietro.

Il pacchetto liberalizzazioni è stato varato e ora il Governo, soddisfatto del lavoro svolto, si concentra sulla fase tre, quella della semplificazione normativa e burocratica. Le proteste delle categorie coinvolte proseguono senza sosta e scioperi nazionali sono previsti fino a marzo. Ma davvero Monti e i suoi Ministri hanno realizzato un decreto senza guardare in faccia a nessuno? Se lo sono chiesti anche alla Fondazione Consumo Sostenibile, dove hanno provato a confrontare le varie bozze preparate dal Governo nel corso del loro lavoro, al testo finale del decreto liberalizzazioni che sarà oggetto di esame in Parlamento.

La cosa evidente è che a differenza di ciò che molti credono e dichiarano in queste ore, il provvedimento varato dal Consiglio dei Ministri è pur sempre un compromesso con le varie categorie che a più riprese hanno fatto richieste e pressioni affinché alcune norme fossero modificate. Come ricorda il Presidente della Fondazione Consumo Sostenibile, Paolo Landi, quello del Governo "resta un provvedimento importante che non ha precedenti nella storia e che quindi deve essere sostenuto in modo determinato", ma i passi indietro durante la fase di lavoro sono evidenti. Misure meno drastiche che in definitiva la Fondazione valuta molto penalizzanti per i consumatori che, a fronte dell'aumento di tasse, avrebbero potuto salvare una parte del potere di acquisto proprio a seguito della maggiore concorrenza sul mercato.

Uno dei passi indietro più evidenti è stato quello sulla possibilità di vendita dei farmaci di fascia C anche al di fuori delle farmacie, che è stato completamente escluso dal provvedimento sulle liberalizzazioni per venire incontro alle richieste di Federfarma, ma che ha finito per scontentare sia i possessori di farmacie che quelli delle parafarmacie. Il provvedimento sui farmaci di fascia C era stato già promesso durante la stesura della fase uno della manovra alla fine di dicembre, e poi rimandato di volta in volta fino alla penultima stesura, dove era previsto come forma di sanzione per quelle aree che non avessero attuato in tempo la messa in concorso dei nuovi siti per le nuove farmacie. Come rivelano dalla Fondazione il solo aumento del numero di farmacie porterà a ben poca concorrenza rispetto a quanto era stato previsto in precedenza.

Un altro dei grandi compromessi del Governo è quello sulle assicurazioni, che ad oggi sono uno dei campi più a rischio per la mancanza di concorrenza e la presenza di cartelli. Abolito l'agente plurimandatario, che avrebbe potuto essere un elemento essenziale per fare gli interessi anche del consumatore, a fronte dell'introduzione dell'obbligo per le compagnie di presentare più offerte, che si rivela molto generico. Così come generico è il vantaggio che le compagnie dovranno offrire a chi accetta di installare sul proprio mezzo un dispositivo come la scatola nera. Provvedimenti molto simili a quelli attuati per le banche che ora avranno l'obbligo di presentare più offerte assicurative per i mutui, mentre è stata fatta marcia indietro sulla cancellazione dell'obbligatorietà della polizza.

Lo stesso discorso vale per i distributori di carburante, la norma per le cancellazioni degli orari obbligati per i self service, infatti, è stata spostata ai soli impianti fuori dai centri abitati, con un'evidente riduzione dell'efficacia del provvedimento. Nella stessa direzione anche i provvedimenti sulle autostrade, limitati alle nuove concessioni, e quelli relativi alla Class action che ritornano a lasciare spazio all'interpretazione. Insomma quelli del Governo spesso sembrano provvedimenti che "sanno più di impegno" che di misure concrete ed efficaci nell'immediato, anche a fronte di una mancanza di sanzioni già previste che ne riducono ulteriormente l'impatto.

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