Il bilancio del Pd: in rosso di 7 milioni, anche se prende 29 milioni di finanziamento pubblico
Il 4 giugno scorso la direzione nazionale del Partito Democratico ha approvato la relazione del Tesoriere Misiani sul rendiconto di bilancio chiuso al 31 dicembre 2012. Una relazione diffusa in anteprima da L'Espresso, che mostra come il rendiconto dell'esercizio 2012 presenti un disavanzo di euro 7.321.844, al netto di ammortamenti, svalutazioni ed accantonamenti per un importo di euro 1.788.483. Ad una prima occhiata saltano subito all'occhio le voci in entrata che arrivano alla cifra di 37.509.616 euro, così suddivise: 7.833.300 come contributo per il rimborso delle spese elettorali della Camera; 8.551.382 rimborso spese elettorali del Senato; 6.835.358 rimborso spese del Parlamento Europeo; 6.014.018 rimborso spese Consigli regionali; 4.836.518 contributi da parlamentari; 3.420.040 contributi da persone fisiche.
Per quanto concerne le spese, la cifra totale è di poco superiore ai 45 milioni di euro, con voci in uscita significative per: spese elettorali, di propaganda e comunicazione politica (circa 9 milioni di euro); consulenze e collaboratori (2 milioni di euro); viaggi e trasferte (1,5 milioni); costi per il personale dipendente (12 milioni di euro); sostegno a strutture ed associazioni (oltre 10 milioni di euro).
C'è poi spazio per l'elenco dei parlamentari che hanno scelto di destinare una cifra al Partito (quasi tutti "donano" tra i 15mila e i 18mila euro), nonché per un dettagliato elenco delle iniziative rilevanti in cui sono stati spesi i soldi del finanziamento pubblico: conferenze, assemblee, manifestazioni e addirittura un sit in davanti Montecitorio (?). Tra le spese spiccano anche i quasi 2 milioni di spese postali e gli oltre 700mila euro di utenze, mentre per gli "incassi" delle primarie si rimanda alla coalizione "Italia Bene Comune" e si segnalano in appositi paragrafi le attività svolte durante la Festa Nazionale del Pd ed i "rapporti" con le società di cui il partito è azionista al 100%.
Nella relazione finale, inoltre, Misiani spiega che "il disavanzo è legato al dimezzamento dei rimborsi elettorali, intervenuto ad esercizio in corso per effetto della legge del 6 luglio 2012" (che ha causato minori introiti per circa 28 milioni di euro), che ha reso vano il piano di rientro delle spese avviato nel 2012 dal partito, "con riduzioni e razionalizzazioni dei costi che hanno comunque portato ad una rilevante diminuzione degli oneri della gestione caratteristica, ridottisi di 14.571.092". Ma Misiani, in chiusura va anche oltre e si spinge ad ipotizzare l'evoluzione "prevedibile della gestione", spiegando che l'esercizio del 2013 è "caratterizzato dagli impegni di spesa per le elezioni politiche 2013, ridimensionati ma pur sempre rilevanti". Dunque, nonostante "l'azione di forte contenimento e razionalizzazione dei costi per i servizi, le forniture e le sedi", malgrado il "contenimento delle spese per viaggi e trasferte", il "blocco degli straordinari e la ricollocazione esterna di parte dei dipendenti", dal momento che l'intera gestione sarà condizionata dall'approvazione del ddl di abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, si "renderà necessario un radicale ripensamento organizzativo della struttura del Pd nazionale, che andrà ridimensionata in rapporto ad una quantità e composizione dei ricavi nettamente differente rispetto alla situazione attuale".