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I vergognosi commenti antiabortisti sulla morte della ragazza di Napoli

Gabriella aveva vent’anni, sogni, speranze e una vita davanti. Ma per qualcuno il solo fatto che la sua morte sia legata a un aborto basta a giustificarla o a renderla meno grave.
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Ho preso soltanto qualcuno degli agghiaccianti commenti trovati in Rete sulla morte della giovane Gabriella Cipolletta, 20 anni, entrata all'ospedale Cardarelli di Napoli per aborto volontario e uscita cadavere. Quello che mi ha più colpito (non sono riuscito a recuperare la schermata, persa nel mare magnum dei social network) è «Una vita per una vita». Mi sembra di essere piombato nel bel mezzo di una selva di zotici oltranzisti – e attenzione, non parlo degli antiabortisti, l'opinione contraria è legittima – qui parlo proprio di qualcuno che non batte ciglio dinanzi alla morte di una ragazza, una ragazza con sogni, speranze, paure, con una vita intera davanti. E guarda a quelle parole, «aborto volontario» come a una dichiarazione di colpevolezza, come a un occhio per occhio, come a un inevitabile, biblico epilogo.

Francamente sono sconfortato. Si dice spesso in questi casi: «Ma cosa t'aspetti, è il web, c'è di tutto». Eh no. C'è di tutto ma la mano che corre davanti al pensiero e vomita esternazioni simili è la stessa che mette una X sulla scheda elettorale, che opera scelte per la propria famiglia, per il proprio gruppo sociale, per la propria città. Sono italiani, esattamente come noi. Sono fra di noi, si confondono, bevono succo d'arancia ora. E sono forse anche simpatici. Poi scorrono una notizia, l'aborto, la morte di Gabriella di vent'anni. Se l'è meritata. E pagando il caffè premono invio.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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