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I Briatori che vorrebbero insegnarci la cultura

Tu, caro Briatore, ormai sei finito per diventare anche tu un logoro brand di te stesso; hai deciso di metterti in scia con chi professa l’arte scambiandola per marketing e la cultura come divertissement. Non è colpa tua. Sei stato il padre del superficialismo e ora ne sei diventato figlio. Sei miope sui bisogni e affamato nel comprarsi le fragilità.
A cura di Giulio Cavalli
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Caro Flavio Briatore,

che oggi ci vorresti insegnare come cellofanare la bellezza, i musei e il paesaggio in una confezione take away per pigri ricconi tutti decibel e bollicine. L'intervista a Repubblica in cui annunci faraonico l'apertura del tuo nuovo locale Twiga a Otranto è il misero condensato di un Paese condannato a essere svenduto come parco dei vostri (poco) parchi divertimenti piuttosto che portatore sano della propria storia. Non stupisce la superficialità della lezioncina che tenti goffamente di impartire dall'alto del tuo snobismo così patetico ma poiché le parole sono importanti conviene fermarsi un secondo a rileggerle.

Dici «ci sono persone che spendono 10-20mila euro al giorno quando sono in vacanza – dice Briatore nel corso dell'incontro ‘Prospettive a Mezzogiorno' a Otranto – ma a questi turisti non bastano cascine e masserie, prati e scogliere: vogliono hotel extralusso, porti per i loro yacht e tanto divertimento» ma qui, caro Briatore, sbagli subito bersaglio. La clientela a cui tu aneli non ha nulla a che vedere con il turismo: è turista chi viaggia per visitare un luogo ed immergersene mentre tu parli di bulimici consumatori d'arrembaggio. L'ecosistema che sviluppa il tuo modello di locale (dai vari Billionaire fino alla tua discoteca extralusso imbullonata in mezzo al Kenya) sono la brodaglia di esibizionisti, paparazzi, potentuncoli e starlette del sottobosco politichese. Non c'entrano prati, scogliere e nemmeno cascine e masserie: il tuo progetto è una riserva naturale che per egoismo imprenditoriale potrebbe stare benissimo in un angolo qualsiasi del mappamondo, tra il cemento o il mare, con il primario bisogno di non avere interferenze dal resto del mondo tutto intorno.

Il turismo esclusivo, del resto, non è nient'altro che l'abuso privatistico di un brand. Il tuo Twiga di Marina di Pietrasanta (tanto per prenderne uno a caso) grazie a dio non ha nulla da condividere con la città tutta intorno: è uno zoo, una riserva chiusa, un bunker di divertimento turbospinto che di Pietrasanta ha solo il domicilio fiscale. Per voi è il parterre, quello che vi sta intorno.

Dici: «masserie e casette, villaggi turistici, hotel a due e tre stelle, tutta roba che va bene per chi vuole spendere poco ma non porterà qui chi ha molto denaro.» E poi aggiungi «servono alberghi di lusso sul mare» con la faciloneria di chi è convinto di poter sopravvivere mangiandosi i suoi soldi.

Vedi, caro Briatore, io non so esattamente quando sia successo che ti sia stata assegnata la palma d'oro dell'imprenditore credibile. Non so sinceramente nemmeno come sia potuto succedere che in questo strano Paese ci sia sia presto dimenticati della tua condanna per bische clandestine e gioco d'azzardo (salvata dalla tua fuga e poi una provvidenziale amnistia), di come tu abbia potuto continuare a godere di fama di brillante direttore sportivo nonostante ti sia inventato un incidente per provare a vincere un mondiale di Formula 1 (eppure proprio per quell'incidente di Piquet jr la Renault ti ha cacciato a pedate nel sedere) e non so nemmeno perché non si parli più del tuo lussuoso yacht che ti è costato una condanna per frode fiscale e la sua confisca. Non riesco bene a capire perché dovresti insegnarci proprio tu, con un passato così ombroso, l'etica degli investimenti.

Però comprendo perfettamente che la colpa non sia solo tua. Tu, caro Briatore, ormai sei finito per diventare anche tu un logoro brand di te stesso; hai deciso di metterti in scia con chi professa l'arte scambiandola per marketing e la cultura come divertissement. Non è colpa tua. Sei stato il padre del superficialismo e ora ne sei diventato figlio. Sei miope sui bisogni e affamato nel comprarsi le fragilità. Non è colpa tua. Non solo tua. Sei ingranaggio di questo tempo che, per fortuna, dalle masserie, dalle spiagge e dagli albergherai continuano a combattere. Ma non so davvero se ormai avrai occasione di impararlo.

Buona fortuna. A noi, soprattutto. Con voi pirati in giro.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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