Ci hanno insegnato che la politica, quella che premia, non è altro che un furbesco carezzare il sentimento popolare sempre intenti a lusingarlo. Abbiamo schiere di politici (e di classe dirigente) che calcolano ogni parola e ogni gesto con un'orizzonte che arriva al massimo a sera, per sfangarla ancora un po', per navigare a vista qualche ora e puntare al massimo alla prossima elezione. Ci dicono, del resto, che dobbiamo piacere e che per scalare le vette del gradimento il sentiero più sicuro e rapido sia quello del dire ciò che si vogliono sentire dire, di fare ciò che tutti vorrebbero che si facesse, così come lo vorrebbe la maggioranza, non contraddire il senso comune e non spingersi troppo più in là di quel che si dice in giro.
Giusi Nicolini invece ha osato. Ha osato nel campo delle paure più recondite di questo tempo in cui verrebbe voglia di chiudersi in una stanza e credere davvero che la cura, l'accoglienza, la paura, il terrore del terrorismo, l'umanità che costa fatica e briciole di cuore sia davvero roba da governanti e carte bollate. Giusi Nicolini invece si è messa la giacca per superare il vento e il dolore ed è andata fino alla banchina dove il Mediterraneo vomita il percolato a forma di persone e si è inzuppata i piedi in mezzo al sale del mare. Controvento, in direzione opposta della marea.
Qualcuno se l'è presa perché non c'è nulla di più terrificante di scorgere qualcuno che sta facendo ciò che noi non abbiamo il coraggio di fare; non c'è nulla che ti faccia sentire così piccolo come la visione di qualcuno che è dove dovresti esserci anche tu. Giusi è scesa negli inferi di un'epoca. E sorrideva, anche. Sfacciata.
In giro si odono i gridolini di goduria di quelli che se la sono levata di mezzo, Giusi, ora che non è stata rieletta sindaca di Lampedusa, sconfitta da un candidato dello stesso partito che la celebra nelle feste di gala e poi non si cura della sua quotidianità. Ha perso, Giusi Nicolini, e tutto intorno è un'esplosione di "l'avevano detto", "giusto così", "non se ne può più" e "basta con i negri". Gli inumani (che siano xenofobi o spaventati) sono di natura vigliacchetti che diventano bardotti appena sentono l'odore del sangue e della sconfitta: celebrano le sconfitte degli altri convincendosi che siano vittorie proprie.
E invece la tua storia, Giusi, di sicuro non finisce in mezzo alla risacca. È sempre qui.