Ogni italiano spende circa 1500 euro all'anno tra videolottery, slot machine, gratta e vinci, sale bingo e simili. Il settore del gioco d'azzardo legale fattura oltre 80 miliardi di euro all'anno. Sono 5mila le aziende coinvolte e oltre 120mila i lavoratori, per un giro d'affari che investe circa il 3,5% dell'intero Pil nazionale; mentre i giocatori "patologici e direttamente dipendenti" da gioco d'azzardo sono circa 900mila. Basterebbero tali dati a confermare l'incidenza del fenomeno sul tessuto economico – sociale del Paese, se non fosse che a tali cifre bisogna necessariamente aggiungere una quota non indifferente di nero / sommerso. Ne parlava Libera nel suo dossier "Azzardopoli 2.0", stimando: "Sono almeno 15 i liardi di fatturato illegale legato al gioco d'azzardo. Ben 49 clan che gestiscono «i giochi delle mafie» e fanno saltare il banco. Da Chivasso a Caltanissetta, passando per la via Emilia e la Capitale.I soliti noti seduti al «tavolo verde»: dai Casalesi di Bidognetti ai Mallardo, dai Santapaola ai Condello, dai Mancuso ai Cava, dai Lo Piccolo agli Schiavone. Le mafie sui giochi non vanno mai in tilt e di fatto si accreditano a essere il quattordicesimo concessionario «occulto» dei Monopoli di Stato".
Del resto, sul fatto che ci siano molti punti oscuri non sembrano esserci poi molti dubbi, anche soltanto considerando il livello di "rientro" per le casse dello Stato. Tecnicamente infatti la quota di vincita restituita ai giocatori dovrebbe essere del 75%, mentre circa l'11% entra direttamente nelle casse dello Stato. Inoltre, negli ultimi dieci anni i dati evidenziano un aumento di circa 60 miliardi di euro di raccolta complessiva, a fronte di soli 3,2 miliardi di nuove entrate erariali. Il paradosso è ben esemplificato dal grafico di Maurizio Fiasco, della Consulta Nazionale antiusura:
Molto marginale nel bilancio complessivo appare la quota riservata ai giochi a distanza. Stando ai dati raccolti da ministero e amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, infatti, la "spesa" (ovvero la differenza tra la raccolta e le somme restituite in vincite), da dividersi fra la quota statale e le varie concessionarie, è di soli 749 milioni di euro per l'anno 2012. Nello specifico:
In questo senso però quanto avvenuto successivamente ha quasi del paradossale. Infatti, a fronte dell'introduzione del poker cash game (una variante sostanzialmente diversa del poker online, ma potenzialmente in grado di generare una rake maggiore rispetto alle precedenti modalità, sit&go e MTT) e dello sdoganamento dei Casinò online, abbiamo assistito alla defiscalizzazione delle spese nel primo anno, che ha fatto sì che la quota riservata all'erario fosse nettamente più bassa. Il grafico relativo al raffronto 2010 – 2011 è incredibilmente significativo:
La questione dei costi per lo Stato, per quanto paradossale possa sembrare, è invece uno dei maggiori fattori di criticità. Tant'è vero che è da tempo oggetto di revisioni e provvedimenti di Governo e Parlamento. In sostanza, il modello attualmente imperante limita la sostenibilità dell'intero sistema al costante aumento delle entrate: solo se gli italiani giocano di più e aumentano la raccolta complessiva lo Stato riesce a rientrare. E si badi bene, senza impostare nemmeno il discorso sulla spesa per la prevenzione / cura delle ludopatie collegate al gioco d'azzardo (qui un nostro servizio sulla questione) su cui il Parlamento si è visto quasi costretto ad intervenire già nella scorsa legislatura. Con il "Testo unificato adottato dalle Commissioni riunite", infatti si è inteso introdurre "misure in materia di gioco d'azzardo, per la tutela, la cura e la riabilitazione dei soggetti affetti da ludopatia, per la protezione dei minori e dei soggetti vulnerabili, sul divieto della pubblicità, sul contrasto dell'evasione fiscale, del riciclaggio dei proventi di attività illecite e dell'infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione di giochi, scommesse e concorsi pronostici, anche mediante il rafforzamento della trasparenza dei flussi finanziari in tale settore e tramite più efficaci disposizioni organizzative e sanzionatorie".
Un testo essenziale, che segna comunque un punto d'arrivo sotto molti aspetti:
Ma che ci sia la necessità di un riordino complessivo della materia è chiaro anche all'esecutivo attualmente in carica, che nell'ambito della "legge delega recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita", ha messo nero su bianco le criticità legate al gioco d'azzardo (articolo 4). Una riserva che "trova il suo fondamento nell’esigenza di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica, di contrastare il crimine organizzato, di proteggere la pubblica fede contro il rischio di frodi e di salvaguardare i minori di età e i soggetti più deboli da una diffusione del gioco incontrollata, indiscriminata e senza regole". Il testo merita un'attenta considerazione proprio perché sembra voler intervenire sulle criticità evidenziate precedentemente. Nell'attesa di piena attuazione invece, aumenta (giustamente) la spesa per la cura delle ludopatie, il sistema continua a reggersi solo sul "lento dissanguamento" di migliaia di famiglie italiane, i controlli restano saltuari ed inefficaci e la malavita continua a spartirsi una torta da miliardi di euro.