Mentre la prima pagina è monopolizzata dal ritorno in grande stile (si fa per dire) di Silvio Berlusconi, continua il lavoro ai fianchi del Presidente del Consiglio Mario Monti. Il punto è che per una serie di ragioni sono in molti a ritenere che il Paese non possa fare a meno del professore, anche e soprattutto dopo il 2013. In primo luogo, non è un mistero che Monti sia il punto di riferimento delle istituzioni europee, che già in passato si sono spese per la sua nomina a Palazzo Chigi e che considerano la sua reggenza una garanzia di solidità e stabilità. Anche in considerazione di quello che lo stesso Monti ha definito il "percorso di guerra" che attende l'Italia nei prossimi anni.
Ovviamente un eventuale Monti bis è prospettiva graditissima all'area centrista, con Casini e Fini che avrebbero modo di rilanciare e ricostruire intorno ad un esecutivo di "responsabilità nazionale" quel progetto articolato che appare ormai irrinunciabile per tanta parte dell'elettorato moderato. Una sorta di nuova Balena Bianca in salsa tecnica, insomma.
Ma l'idea di un Governo tecnico nella sostanza, ma legittimato dal consenso popolare e sostenuto da una coalizione quanto più ampia possibile, in fondo non dispiace nemmeno al Popolo della Libertà, come si può intuire anche da un aspetto particolare della discussione sulla legge elettorale. Berlusconi, infatti, sembra ben disposto all'ipotesi di approvare una legge in cui non sia necessario inserire sulla scheda elettorale il nome del candidato alla Presidenza del Consiglio, ovviamente in uno scenario "di tipo proporzionale con preferenze". Una eventualità che potrebbe essere propedeutica ad una grosse koalition post voto con Monti alla guida di un esecutivo composto dai tecnici e dalle "colombe" di Pdl – Pd – Udc.
Ma il professore gode di estimatori anche all'interno del Partito Democratico, la cui situazione è certamente più complessa e meno facilmente leggibile. Accanto a chi condividerebbe la road map per riportare il Professore a Palazzo Chigi (gli stessi che si spendono per il proporzionale, tanto per capirci), c'è invece il fronte più ampio di chi considera l'appuntamento del 2013 un'occasione unica e forse irripetibile. Anche, anzi oseremmo dire soprattutto, con questa legge elettorale che garantirebbe comunque la maggioranza dei seggi ad una coalizione PD – UDC – SEL (resta tutta da valutare la situazione dell'Italia dei Valori, solo in parte rafforzata dall'asse con Vendola). Certo è che il segretario Bersani si è speso molto per la cancellazione del Porcellum, che la base elettorale democratica considera (a ragione) una legge vergognosa e irrispettosa dei cittadini: così non lo affascina l'idea di sostenere la campagna interna per le primarie con "il peso della colpa" di non aver affossato la porcata di Calderoli.
Infine c'è il piano B: Monti al Quirinale e Governo di garanzia. Uno sviluppo da non scartare, anche tenendo conto della volontà di Monti di "continuare a fare il senatore a vita" (che non è una preclusione verso un ruolo istituzionale) e della necessità di garantire una buona dose di continuità all'operato del Governo dei tecnici. Il mandato di Napolitano infatti scadrà il 15 maggio 2013 e sono in molti a pensare che il professore incarni tutte le caratteristiche per rappresentare il Paese negli anni a venire. Insomma, solo speculazioni, ma una cosa è certa: di Monti sentiremo ancora parlare, in ogni caso.